Avevo segnalato nel post precedente (Land Grabbing, l'Africa in vendita) del summit in corso presso la FAO a Roma nei giorni scorsi. Si trattava della 36° Sessione del Comitato Sicurezza Alimentare (sigla inglese CFS), ovvero l'organismo, istituito nel 1979, incaricato di guidare la governance globale sul cibo per la lotta alla fame e che, recentemente (2009), è stato riformato per darne maggiore incisività.
Il fatto stesso che, una volta conclusi i lavori, la notizia sembra essere quella che per la prima volta sono state assunte delle decisioni, la dice lunga sul livello di "fiducia" e di efficienza che sia ha di questi organismi.
La questione che pare più importante è che questa volta a trattare vi erano anche le organizzazioni dei piccoli contadini, dei pescatori e degli artigiani. Al summit erano presenti molte organizzazioni di contadini africani. Un confronto che si vuole mantenere permanente e delinea un timida inversione di tendenza.Questa volta però pare che qualcosina si sia mosso e che la semplice bocciatura delle proposte delle Banca Mondiale sull'acquisto delle terre da parte dei grandi investitori (Land Grabbing), ritenuta sbagliata e inadeguata, sia già una decisione importante.
Il Comitato ha anche deciso di far avviare ai governi un negoziato (da concludersi entro un anno) con la partecipazione delle organizzazioni sociali per scrivere le nuove regole che tengano conto del diritto di "chi la terra la sta usando per produrre cibo".
Certo è mancato il coraggio - perchè questo serviva e questo chiedevano in molti - di stabilire una moratoria sull'acquisto di terre, in attesa di scrivere le nuove regole.
Per la cronaca il Comitato ha preso alcune blande decisioni sulla questione della volatilità dei prezzi (che ha dato origine a delle vere e proprio rivolte sull'aumento del prezzo del pane) e una importante sull'inserimento della Palestina nel gruppo dei 22 paesi s"ottoposti ad insicurezza alimentare a causa di crisi che si protaggono da tempo", modo elegante per dire paesi in guerra da anni (ingiustamente, la Palestina non era mai stata inserita in questa lista).
E' unanime la convinzione che per alimentare il futuro (ovvero produrre la quantità di cibo sufficiente a sfamare tutti i 9 miliardi di individui previsti nel 2050) vi è la necessità di una vera e propria "rivoluzione agricola" che tenga conto dell'equilibrio necessario tra l'uso di fertilizzanti e pesticidi, l'utilizzo delle risorse idriche e la sostenibilità ambientale. E' altrettanto evidente che solo un partenariato forte tra governi, istituti di ricerca, associazioni di agricoltori, Nazioni Unite, società civile e settore privato può avere l'ambizione di giungere al risultato. Non a caso è stato coniato lo slogan "Uniti contro la fame". (vedi il mio post sulla fame nel mondo)
Sul sito www.1billionhungry.org è possibile firmare una petizione (che chiede ai governi di fare della lotta alla fame una priorità) e seguire l'evoluzione della vicenda.
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