Giovanni Porzio, giornalista milanese, già inviato speciale (di guerra) del settimanale "Panorama", incontra nelle sue scorribande africane (Ex Zaire, Ruanda, Burundi, Gibuti, Algeria, Somalia, Sud Sudan, Etiopia, Kenya) i personaggi che rappresentano, sotto molti aspetti, l'Africa: missionari, guerriglieri, mercenari, prostitute, cercatori di diamanti, medici, statisti, guaritori, contrabbandieri e giornalisti.
Sono storie, reportages di viaggi, che, preceduti da un breve introduzione storica, non trovano posto nelle pagine dei giornali e che descrivono la spietata bellezza e la misera, spesso mista a desolazione, dell' Africa. Edito da Feltrinelli Traveller nel 2001, è un libro che non si dimentica per la sua capacità di raccontare lotta alla sopravvivenza di una parte del mondo.
Cuore Nero è senz'altro un modo per conoscere ed approfondire alcune delle questioni, che ancor oggi, sono "calde" in Africa.
Porzio non risparmia descrizioni - sempre con gli occhi non solo di chi guarda, ma anche di cerca di capire - a volte crude e intese che lasciano attoniti ed increduli.
Le prime trenta pagine di Cuore Nero sono in realtà un saggio breve sull'Africa di oggi, la natura dei suoi mali e delle sue bellezze, da leggere per comprendere.
L'unico racconto sul Sudan si chiama "In cammino", una fuga dalla guerra da cui in realtà non si può fuggire, ma vi è un passaggio in cui Porzio si sofferma sul rapporto tra l'etnia dinka e le vacche, ve lo riporto perchè a mio avviso è una stupenda descrizione, di un rapporto con l'animale che non ha eguali nemmeno in India, dove la vacca è sacra:
"L'esistenza del popolo dinka dipendeva dalle vacche. Il latte, il formaggio, il sangue vivo succhiato dal collo degli animali erano il loro principale nutrimento. Lo sterco fresco veniva usato come intonaco nelle capanne, quello secco come combustibile per cucinare, quello semiasciutto per accendere i falò che sprigionavono un fumo denso e acre, utile ad allontanare le zanzare anofele. Anche la cenere era preziosa: per pulirsi i denti, decorare il corpo, difendersi dalle punture degli insetti. Con l'urina si lavavano il viso e si tingevano i capelli, facevano cagliare il latte, conciavano le pelli.
Le vacche bianche dalle corna ricurve erano l'orgoglio e la ricchezza dei dinka, accudite e venerate come doni divini. Di ognuna conoscevano il carattere e le abitudini, la discendenza e il nome. A ciascuna dedicavano poesie e canzoni. Tori e giovenche popolavano le fiabe, la mitologia, i racconti degli anziani e nei dialetti locali esistevano parole per descrivere ogni singola parte del corpo dell'animale, l'età, il peso, le sfumature di colore del mantello, l'inclinazione e le dimensioni delle corna, la generosità delle mammelle. Il bestiame era il prezzo del matrimonio: i giovani portavano in dote fino a 150 capi per una sposa giovane e bella. Senza vacche, diceva un antico proverbio, niente moglie, senza moglie niente figli; e senza figli la tribù muore"
Anche questa è l'Africa e Porzio ci regala un fantastico angolo di vista, con il cuore nero.
Sono storie, reportages di viaggi, che, preceduti da un breve introduzione storica, non trovano posto nelle pagine dei giornali e che descrivono la spietata bellezza e la misera, spesso mista a desolazione, dell' Africa. Edito da Feltrinelli Traveller nel 2001, è un libro che non si dimentica per la sua capacità di raccontare lotta alla sopravvivenza di una parte del mondo.
Cuore Nero è senz'altro un modo per conoscere ed approfondire alcune delle questioni, che ancor oggi, sono "calde" in Africa.
Porzio non risparmia descrizioni - sempre con gli occhi non solo di chi guarda, ma anche di cerca di capire - a volte crude e intese che lasciano attoniti ed increduli.
Le prime trenta pagine di Cuore Nero sono in realtà un saggio breve sull'Africa di oggi, la natura dei suoi mali e delle sue bellezze, da leggere per comprendere.
L'unico racconto sul Sudan si chiama "In cammino", una fuga dalla guerra da cui in realtà non si può fuggire, ma vi è un passaggio in cui Porzio si sofferma sul rapporto tra l'etnia dinka e le vacche, ve lo riporto perchè a mio avviso è una stupenda descrizione, di un rapporto con l'animale che non ha eguali nemmeno in India, dove la vacca è sacra:
"L'esistenza del popolo dinka dipendeva dalle vacche. Il latte, il formaggio, il sangue vivo succhiato dal collo degli animali erano il loro principale nutrimento. Lo sterco fresco veniva usato come intonaco nelle capanne, quello secco come combustibile per cucinare, quello semiasciutto per accendere i falò che sprigionavono un fumo denso e acre, utile ad allontanare le zanzare anofele. Anche la cenere era preziosa: per pulirsi i denti, decorare il corpo, difendersi dalle punture degli insetti. Con l'urina si lavavano il viso e si tingevano i capelli, facevano cagliare il latte, conciavano le pelli.
Le vacche bianche dalle corna ricurve erano l'orgoglio e la ricchezza dei dinka, accudite e venerate come doni divini. Di ognuna conoscevano il carattere e le abitudini, la discendenza e il nome. A ciascuna dedicavano poesie e canzoni. Tori e giovenche popolavano le fiabe, la mitologia, i racconti degli anziani e nei dialetti locali esistevano parole per descrivere ogni singola parte del corpo dell'animale, l'età, il peso, le sfumature di colore del mantello, l'inclinazione e le dimensioni delle corna, la generosità delle mammelle. Il bestiame era il prezzo del matrimonio: i giovani portavano in dote fino a 150 capi per una sposa giovane e bella. Senza vacche, diceva un antico proverbio, niente moglie, senza moglie niente figli; e senza figli la tribù muore"
Anche questa è l'Africa e Porzio ci regala un fantastico angolo di vista, con il cuore nero.
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