
Gregory viene scelto perchè conosce la lingua Xhosa (da piccolo aveva giocato con bambini di colore) e quindi capace di capire i dialoghi tra i detenuti neri e di censurarne la posta. Un uomo quindi perfettamente allineato alla pratica dell'aparthaid che discriminava pesantemente i neri in Sudafrica.
Attraverso la conoscenza con Mandela, avverrà una sorta di conversione in Gregory che lo porterà in qualche modo a sostenere le ragioni della lotta contro la segregazione razziale che ha caretterizzato la vita e la prigionia di Nelson Mandela.
Tratto da una storia vera (Gregory ha scritto una autobiografia - egli è deceduto nel 2003) e grazie al contributo della moglie di Gregory ne esce un film sicuramente corretto dal punto di vista del contenuto e del messaggio pacificatore che intende proporre.
Da un punto di vista cinematografico il film è stato criticato per la sua eccessiva retorica e per essere troppo "televisivo" e poco convincente, mentre i biografi di Mandela sostengono che Gregory faceva il doppio gioco avvicinandosi a Mandela, dimostrandosi amico, e carpirne segreti e i contatti da riferire al governo per la repressione delle rivolte dei neri in Sudafrica (cosa che nel film si capisce fino ad un certo punto).
Il film è interamente girato in Sudafrica.
E' film comunque da vedere per le emozioni che riesce a trasmettere e per la storia di un personaggio, Nelson Mandela, che resta uno dei grandi uomini, per le sue idee e per la sua lotta, del XX secolo in Africa e nel mondo.
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