Le mutilazioni genitali femminili (MGF o FGM) hanno una storia antica, già Erodoto nel V sec. a.c. raccontava di queste pratiche diffuse tra Ittiti, Egizi, Etiopici e Fenici. Oggi sono praticate quasi esclusivamente nel continente africano, dove in ben 28 stati vengono eseguite su bambine dai 0 ai 15 anni. Fuori dall'Africa, in alcune comunità di paesi della penisola araba e del sud-est asiatico, vengono ancora praticate.
Secondo alcune fonti dell'Organizzazione Mondiale della Sanità, si stima che tra i 100 e i 140 milioni di donne siano state sottoposte a mutilazioni genitali e che circa 3 milioni di bambine, dai 0 ai 15 anni, siano a rischio ogni anno (vi posto il link del Rapporto dell'OMS).
Stime di varie fonti dicono che, tra le donne di 15-49 anni, hanno subito mutilazioni sessuali il 97,9% in Somalia, il 95,8% in Egitto, il 95,6% in Guinea, il 94% in Sierra Leone, il 93,1% in Gibuti, il 91,6% in Mali, il 90% in nel Nord Sudan, l'88,7% in Eritrea, il 78,3% in Gambia, il 74,3% in Etiopia.
Incidenza molto più bassa in Uganda 0,6%, in Cameroon 1,4%, in Niger 2,2%, in Ghana 3,8% e in Togo 5,8%.
L'OMS classifica, dal 1995 (con modifiche adottate nel 2007), le mutilazioni genitali in quattro tipi: la clitoridectomia (parziale o totale rimozione del clitoride), l'escissione (parziale o totale rimozione delle piccole labbra con o senza escissione delle grandi labbra), l'infibulazione (chiusura dell'orifizio vaginale attraverso la cucitura delle piccole o/e delle grandi labbra, lasciando un piccolo foro per il passaggio dell'urina e del sangue mestruale, con o senza clitoridectomia) e altre pratiche pericolose sui genitali femminili senza una ragione medica (piercing, incisioni, cauterizzazione, allungamenti).
Nella stragande maggioranza dei casi le mutilazioni vengono effettuate con strumenti rudimentali (lamette, pietre appuntite, pezzi di vetro, filo da cucito), da personale non qualificato (spesso levatrici tradizionali), in situazioni per nulla asettiche (non pulite, per capirci) e senza anestesia.
I rischi sanitari sono notevoli e i traumi, non solo fisici, restano per sempre.
Stime di varie fonti dicono che, tra le donne di 15-49 anni, hanno subito mutilazioni sessuali il 97,9% in Somalia, il 95,8% in Egitto, il 95,6% in Guinea, il 94% in Sierra Leone, il 93,1% in Gibuti, il 91,6% in Mali, il 90% in nel Nord Sudan, l'88,7% in Eritrea, il 78,3% in Gambia, il 74,3% in Etiopia.
Incidenza molto più bassa in Uganda 0,6%, in Cameroon 1,4%, in Niger 2,2%, in Ghana 3,8% e in Togo 5,8%.
L'OMS classifica, dal 1995 (con modifiche adottate nel 2007), le mutilazioni genitali in quattro tipi: la clitoridectomia (parziale o totale rimozione del clitoride), l'escissione (parziale o totale rimozione delle piccole labbra con o senza escissione delle grandi labbra), l'infibulazione (chiusura dell'orifizio vaginale attraverso la cucitura delle piccole o/e delle grandi labbra, lasciando un piccolo foro per il passaggio dell'urina e del sangue mestruale, con o senza clitoridectomia) e altre pratiche pericolose sui genitali femminili senza una ragione medica (piercing, incisioni, cauterizzazione, allungamenti).
Nella stragande maggioranza dei casi le mutilazioni vengono effettuate con strumenti rudimentali (lamette, pietre appuntite, pezzi di vetro, filo da cucito), da personale non qualificato (spesso levatrici tradizionali), in situazioni per nulla asettiche (non pulite, per capirci) e senza anestesia.
I rischi sanitari sono notevoli e i traumi, non solo fisici, restano per sempre.
Non vi sono ragioni igienico-sanitarie per giustificare le mutilazioni sessuali femminili. Molti studi hanno affrontato la questione, evidenziando una complessità di motivazioni alla base dell'uso di queste pratiche. Ragioni che affondano nelle tradizioni, nella religione e nell' architettura della società. Eradicare una barbaria che trova le sue radici sulla pressione sociale (la comunità gioca un ruolo essenziale), su falsi canoni estetici (secondo alcune culture si eliminano le parti maschili), su presunte credenze religiose (in nessun testo sacro si parla di tale pratica), su tradizioni ataviche e che coinvolge, indifferentemente, uomini e donne (non è vero che siano solo gli uomini a volere tali pratiche) è complesso e richiede uno sforzo importante da parte della comunità internazionale e dei governi.
Thomas Sankara, tra i primi a condannare l'infibulazione, aveva tentato in tutti i modi di lottare un fenomeno fortemente radicato nel Burkina Faso trovando ostacolo nei capi villaggi e anche in molte donne.
Recentemente la questione delle mutilazioni genitali femminile ha interessato anche l'Italia attraverso le comunità straniere immigrate, che non intendono abbandonare tale pratica.
E' bene essere chiari. La lotta contro le mutilazioni sessuali femminili deve essere chiara, senza giustificazione alcuna e portare alla completa eliminazione di tale pratica perchè priva di giustificazioni e lesiva dell'integrità fisica e psichica della donna.
Tra le molte campagne internazionali di lotta contro le mutilazioni genitali femminili vi segnalo quella di Emma Bonino Stop FGM! lanciata nel 2001, quella dell'Organizzazione non Governativa No Peace Without Justice, quella di Amnesty International, quella del'UNICEF, del Ministero delle Pari Opportunità, del Parlamento Europeo.
Ovviamente sono molto attive anche le organizzazioni non governative in Africa, i gruppi di donne in vari Paesi africani. Così come è vero che molti governi si sono attivati con leggi proibitive (l'Egitto ad esempio ha proibito le mutilazioni genitali femminili definitivamente nel 2008).
Thomas Sankara, tra i primi a condannare l'infibulazione, aveva tentato in tutti i modi di lottare un fenomeno fortemente radicato nel Burkina Faso trovando ostacolo nei capi villaggi e anche in molte donne.
Recentemente la questione delle mutilazioni genitali femminile ha interessato anche l'Italia attraverso le comunità straniere immigrate, che non intendono abbandonare tale pratica.
E' bene essere chiari. La lotta contro le mutilazioni sessuali femminili deve essere chiara, senza giustificazione alcuna e portare alla completa eliminazione di tale pratica perchè priva di giustificazioni e lesiva dell'integrità fisica e psichica della donna.
Tra le molte campagne internazionali di lotta contro le mutilazioni genitali femminili vi segnalo quella di Emma Bonino Stop FGM! lanciata nel 2001, quella dell'Organizzazione non Governativa No Peace Without Justice, quella di Amnesty International, quella del'UNICEF, del Ministero delle Pari Opportunità, del Parlamento Europeo.
Ovviamente sono molto attive anche le organizzazioni non governative in Africa, i gruppi di donne in vari Paesi africani. Così come è vero che molti governi si sono attivati con leggi proibitive (l'Egitto ad esempio ha proibito le mutilazioni genitali femminili definitivamente nel 2008).
Riporto di seguito un'annotazione di qualche anno addietro.
Ricordo ancora molto intensamente quella giornata piovosa sul finire di settembre del 1992. La stagione delle piogge era ancora nel pieno e quella mattina l'acqua non dava tregua. Da pochi mesi ero giunto in Gambia e mi aggiravo tra i corridoi del Bansang Hospital cercando un luogo dove istituire un nuovo Record Office. Di fronte al reparto di pediatria tre delle infermiere discutevano animatamente, con toni inusualmente aggressivi e seri, con due donne vestite di magnifici colori. Mi avvicinai e Maimuna, una delle infermiere, mi venne incontro raccontandomi, non senza trasporto emotivo, di una bambina, di poco più di quattro anni, giunta in ospedale in fin di vita a seguito di una escissione (taglio delle grandi e piccole labbra) praticata con mezzi improvvisati e in modo esagerato. La bimba aveva perso molto sangue, la ferita era infetta e erano state compromesse anche le vie urinarie. Stavano urlando alla madre e alla nonna della piccola la loro rabbia e richiamandole alle loro respnsabilità. In particolare Fatou, la responsabile del reparto dall'aspetto molto mascolino, urlando in serer, sembrava proprio fuori di sè. Mi dissero che continuava ad urlare alla mamma che era una stupida (credo che fosse una grave offesa nella loro lingua). Maimuna mi costrinse - nonostante le mie perplessità - ad andare a vedere lo scempio fatto alla bambina. Quella mattina feci la mia prima donazione di sangue. Restai scioccato, allora devo ammettere le mie conoscenze sul fenomeno delle mutilazioni genitali femminili erano molto vaghe e imprecise, non tanto per le ferite viste (credo di aver visto cose anche peggiori) ma, per gli occhi di paura e di disperazione di quella bimba che mi tornavano in mente in ogni momento. La sera rividi Maimuna ad una festa, mi raccontò, con le lacrime agli occhi, della lotta che stava conducendo all'interno della sua famiglia (e solo in parte con suo marito), per evitare che alla sua bimba nata da poco più di due anni, fosse fatto quello che era stato fatto a lei quando era piccola.
A Maimuna, Fatou e le altre donne d'Africa è affidata l'eliminazione di questa orrenda pratica. Devono essere sostenute.
4 commenti:
Buona sera! Ho avuto modo dileggere il Vs articolo e non posso esimermi dal prestare un commento.
Specificate che, in Eritrea, la mutilazione genitale femminile viene praticata al 78,3% dei soggetti. Per esperienza diretta, posso assicurare l'inesattezza del 78,1% di quella asserzione.
1)Tale pratica è vietata per Legge con l'arresto e pena pecuniaria di oltre 2.000 Nakfa (=5 mensilità medie di un operaio).
2)L'evoluzione culturale ha contribuito ulteriormente all'abbandono di tale pratica.
3) Quando veniva praticata, in percentuale molto
bassa, comunque, riguardava esclusivamente le etnie dei bassopiani, prevalentemente di fede mussulmana.
Molto cordialmente
waltercastaldo@yahoo.it
La ringrazio per il suo intervento.
Dissento però in parte dalle sue affermazioni. Nel rapporto che cito, datato 2008, - fonte Organizzazione Mondiale delle Sanità (quindi non mie personali) - l'Eritrea viene indicata (pagina 29) con un'incidenza dell'88,7% da uno studio datato 2002 (il mio dato è più recente, frutto però di quella elaborazione). Stiamo parlando però di donne tra i 15 e i 49 anni, quindi -poichè la stragande maggioranza delle MGF avvengono nei primi anni di vita, parliamo di cose avvenute tra i 10-30 anni prima.
Solo dal 2007 (legge 158/2007) il governo Eritreo, molto attivo da allora - ha proibito, come lei ben ricorda, le mutilazioni genitali. Quando la legge fu approvata le autorità Eritree stimavano vicino al 90% il numero delle donne , sopra i 15 anni, che avevano subito mutilazioni genitali. Come vede i dati coincidono.
Che l'Eritrea sia un paese culturalmente in grande crescita e che riuscirà a eliminare quanto prima tale barbaria, non ho dubbi.
Cordialmente
Gianfranco Della Valle, Sancara
Auguriamoci PER SEMPRE che questa orrenda cosa finisca. E' davvero sconvolgente che una madre porti sua figlia a farsi mutilare. Ci starà tutta la tradizione che si vuole, ma dovrebbe scattare qualcosa dentro che ti fa sentire quanto è profondamente sbagliato tagliare pezzi di corpi senza motivo. Davvero aghiacciante.
Hai ragione, agghiacciante. Bisogna anche riconoscere che, grazie al lavoro di tante donne africane (e non solo) qualcosa si muove verso la fine. Continuiamo a parlarne e a segnalare i progressi. Ciao e grazie Gianfranco, Sancara
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