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venerdì 5 novembre 2010

Presentato il Rapporto 2010 sullo Sviluppo Umano


Nei giorni scorsi è stato presentato l' Human Development Report (HDR) 2010 ( Rapporto sullo Sviluppo Umano) redatto, oramai da 20 anni, a cura dell'UNDP (United Nations Development Programme).
L'indice di sviluppo umano è un indicatore macroeconomico, ideato nel 1990 dall'economista pakistano Mahbub ul-Haq (morto nel 1998) e introdotto, negli anni '90, dalle Nazioni Unite, che supera e amplia la concezione storica dello sviluppo basata esclusivamente sulla crescita del prodotto interno lordo (PIL o in inglese GDP, Gross Domestic Product). Infatti l'indice di sviluppo tiene conto dei diritti umani, del rispetto dell'ambiente, dei servizi sanitari, dell'accesso all' istruzione, dell'aspettativa di vita, del reddito pro capite e di altri parametri socio-economici.
Da anni è diffusa la sensazione che il PIL non sia assolutamente lo strumento adatto per misurare
lo sviluppo di un paese. Esso tratta tutte le transazioni come positive. Il PIL infatti considera la produzione totale di beni e servizi all'interno di un paese, senza alcuna distizione tra attività che favoriscono il benesssere e quelle che lo diminuiscono. Nella pratica il PIL, ad esempio , aumenta al crescere della produzione di missili o di cereali allo stesso modo o se si produce qualcosa che inquina l'ambiente e che è eco-compatibile. Già nel 1968 Robert Kennedy, prima di essere assassinato durante la campagna elettorale per le primarie democratiche, ebbe modo di criticare il PIL affermando" non possiamo misurare lo spirito nazionale sulla base dell'Indice di Dow Jones nè dei successi del paese sulla base del Prodotto Interno Lordo..... (esso) misura tutto, eccetto ciò che rende la vita degna di essere vissuta".

Dal rapporto UNDP presentato emerge che il mondo intero migliora, ma le differenze, tra i paesi, restano enormi.
Nella lista dei 169 paesi del mondo di cui si hanno dati, sono 42 quelli inclusi nella lista dei paesi "very high human development" (a sviluppo umano molto elevato). Tale classifica è capeggiata dalla Norvegia, seguita da Australia, Nuova Zelanda, Stati Uniti, Irlanda, Liechtenstein, Olanda, Canada, Svezia e Germania. Il Giappone (primo paese asiatico) è all'11°posto, la Francia al 14°, la Spagna al 20°, l'Italia al 23°, il Regno Unito al 26°, l'Estonia (primo paese dell'ex URSS) al 34°.
Dal 43° posto all'85° posto, vi sono i paesi definiti "High Human Development" (ad alto sviluppo umano), tra di essi il Cile al 45° (primo paese sud-americano), la Libia 53° (primo paese africano), la Russia al 65°, le Maurizio al 72°, il Brasile al 73°, la Tunisia all' 81° e l'Algeria all'84°.
Dall'86° posto al 127° posto vi sono i paesi definiti "Medium Human Development" (a medio sviluppo umano), tra cui la Cina all'89°, il Gabon al 93° (primo paese dell'Africa sub-sahariana) , il Botswana al 98°, l'Egitto al 101°, la Namibia al 105°, il Sudafrica al 110°.
Dal 128° posto al 169° posto vi sono i paesi definiti "Low Human Development" (a basso sviluppo umano). Di questi ben 35 paesi sono africani (si aggiungono Bangladesh, Myanmar, Yemen, Haiti, Nepal, Afghanistan e Papua Nuova Guinea).
Le ultime posizioni sono occupate nell'ordine da Mali, Burkina Faso, Liberia, Ciad, Guinea Bissau, Mozambico, Burundi, Niger, Repubblica Democratrica del Congo e a chiudere lo Zimbabwe. Somalia e Eritrea non sono incluse per scarsità di dati.

I paesi che negli ultimi 40 anni hanno avuto un maggiore indice di sviluppo (cioè che hanno positivamente migliorato la qualità della vita dei loro cittadini) sono l'Oman, la Cina, il Nepal, l'Indonesia, l'Arabia Saudita, il Laos, la Tunisia, la Corea del Sud, l'Algeria e il Marocco.

Il rapporto fotografa la situazione mondiale con occhi - pur nei limiti dei numeri - sempre più attenti agli uomni e alle donne che vivono nel pianeta, dove l'importanza della crescita economica ha senso solo se è in grado di produrre un reale cambiamento positivo nella durata della vita, nelle condizioni di salute, nell'istruzione e nella "produttività" della vita stessa.

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