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lunedì 28 febbraio 2011

Carbone pubblico in Sudafrica

E' stata presentata la società mineraria pubblica sudafricana African Exploration Mining and Finance Corporation alla presenza del presidente Jacob Zuma. La società - interamente statale - è stata voluta "per assicurare un maggior coinvolgimento dello Stato in un settore vitale per l'economia sudafricana" questo a seguito dei black-out avvenuti nel 2008 a causa della scarsità di carbone. Il presidente Zuma nel suo discorso alla cerimonia di lancio della società (il cui progetto di fondazione risale alla fine del 2007) ha tenuto a precisare che "il ruolo dello stato non può ridursi solo a quello di regolatore".
La AEMCF ha ottenuto per ora 27 concessioni dal Diperatimento delle Risorse Minerarie: 13 esclusivamente per il carbone, 3 per carbone e uranio e altre 9 per altre risorse quali cromo, oro, ferro, manganese, litio e diamanti.
Da subito la nuova società sfrutterà i giacimenti carboniferi di Vlakfontein, nella provincia di Mpumalanga dove la produzione è stimata di 840 mila tonnellate annue.
Il Sudafrica con 140,9 milioni di tonnellate all'anno è il 7° produttore (estrattore) di carbone al mondo, e l'unico paese africano (a parte piccoli giacimenti in Zimbabawe) in cui si estrae carbone.
Nel 2009 delle 3408 milioni di tonnellate di carbone estratto nel mondo, al primo posto vi era la Cina (1552,9 mt), poi gli Stati Uniti (539,9 mt), Australia (228 mt), India (211,5 mt), Indonesia (155,3 mt), Russia (140,7 mt) e appunto Sudafrica.
In molti Paesi Europei l'estrazione del carbone ha subito una drastica riduzione negli ultimi decenni sia per questioni legate alla sicurezza del lavoro nelle miniere sia ad una cresciuta sensibilità verso l'inquinamento prodotto dal carbone. Di contro in altri paesi, come appunto il Sudafrica, la produzione cresce di anno in anno.
Sempre nel 2009 il Sudafrica rappresentava anche il 5° consumatore al mondo di carbone con 99,4 milioni di tonnellate. Anche questa classifica era capeggiata dalla Cina (1537,4 mt), seguita da Stati Uniti (498 mt), India (245,8 mt), Sudafrica, Russia (82,9 mt), Germania (71 mt), Corea del Sud (68,6 mt), Polonia (53,9 mt) e Australia (50,8 mt).

Nel 2010 il 40% della produzione mondiale di energia è stata ricavata dal carbone. In alcuni paesi come ad esempio la Polonia, Australia e il Sudafrica il carbone assicura il 93% dell'energia, in Cina il 78% e in Israele il 71%. In Italia siamo intorno al 17,5%.
Questo nononstante il carbone ( ovvero la sua combustione) sia una delle più inquinanti fonti di energia che si conoscano.


Come si evince da questo articolo del Mining Weekly Online la compagnia mineraria statale punta in alto, come ad esempio essere per il 2020 tra le prime 5 aziende minerarie e entrare nel mercato estrattivo del petrolio e di altri minerali, in particolare dell'uranio. Inoltre l'azienda punta per il 2013 ad incrementare la produzione di petrolio sintetico da carbone.

Indubbiamente una nuova importante sfida per il privato (a cui storicamente, anche grazie alla diffusa corruzione e agli interessi privati della classe dirigente, è stato affidata, in tutta l'Africa, il compito di sfruttare il ricco sottosuolo) e forse, ci auguriamo, uno stimolo ad altri paesi per operare allo stesso modo. E' ovvio che questo auspicio è diretto non tanto alla questione carbone (controversa per le sue ripercussioni ambientali) bensì alla gestione pubblica (e quindi all'utilizzo pubblico) delle risorse del sottosuolo

Libri: La Nera di .......

La Nera di....., raccolta di racconti - per l'esattezza tredici - del senegalese Ousmane Sembène, fu pubblicato nel 1962 a Parigi con il titolo Voltaique. In Italia è stato tradotto da Sellerio nel 1991. La Nera di è l'ultimo di questi racconti che sono in rigido ordine cronologico di composizione.
La sua narrativa - come egli stesso ha avuto modo di dire - "riparte dalla coscienza dei vinti", ovvero dalla "consapevolezza che l'anticolonialismo altro non è che mettere la storia alla rovescia". Nel suo stile di scrittura emerge chiaramente il tentativo, ben riuscito, di ricostruire un narrare scritto a partire dalla cultura orale. I suoi sono "racconti dal basso", in cui nella descrizione dei particolari, emerge il suo sguardo cinematografico, dove spesso il narratore si nasconde dietro ad una macchina da presa.


Nel 1966 lo stesso Sembène dirigerà un omonimo film , che viene considerato il primo film di finzione girato da un africano.

Ousmane Sembenè, scrittore, regista, produttore, attore e critico era nato in Senegal a Ziguinchor, in Casamance, nel 1923 da una famiglia di pescatori. E' morto a Dakar il 9 giugno 2007.
E' considerato uno dei più grandi autori e cineasti africani. Autodidatta, svolge vari lavori come meccanico e muratore. Si appassiona al cinema. Partecipa alla guerra come artigliere e successivamente a Dakar lavora come ferroviere dove si iscrive al sindacato mettendosi a capo delle rivolte salariali. Nel 1948 si trasferisce in Francia dove lavora come operaio alla Citroen e successivamente al porto di Marsiglia. Si iscrive al Partito Comunista Francese e si appassiona alla letteratura africana e alla negritudine. Nel 1956 vengono pubblicati i suoi primi romanzi, viaggia e incontra intellettuali come Sartre, Eluard e Casaire. Nel 1960 torna in Senegal e nel 1961 ottiene di ricevere formazione in cinematografia in URSS. Si stabilirà poi, a partire dagli anni '70, definitivamente in Senegal continuando a scrivere e a dirigere film, convinto della necessità di modificare quell'immagine stereotipata che "gli altri" hanno dell'Africa. L'ultimo suo lavoro cinematografico è Moolaadè del 2004 che affronta i temi delle mutilazioni genitali femminili.


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venerdì 25 febbraio 2011

Presentato "The State of The World's Children 2011" dedicato all'adolescenza

L'UNICEF ha presentato il rapporto sui giovani (The State of The World's Children 2011), in particolare si è deciso di dedicarlo quest'anno agli adolescenti con il sottotitolo "Adolescence: An Age of Oppotunity".
La fascia di età 10-19 anni è rappresentata nel mondo da circa 1,2 miliardi di persone. Essi sono il 18% della popolazione mondiale. Di questi 9 su 10 vivono in paesi in via di sviluppo, in particolare 665 milioni in Asia (250 mila tra India e Cina), 290 milioni in Africa e Medio Oriente, 108 milioni in Latino-America, 60 milioni negli ex Paesi sovietici e 118 milioni nei paesi industrializzati.
Nei Paesi industrializzati gli adolescenti rappresentano il 12% della popolazione, in Africa Sub-Sahariana essi sono il 20%. Inoltre in tutti i Paesi in via di Sviluppo, grazie alla riduzione - lenta, ma continua - della mortalità infantile gli adolescenti continueranno a crescere nel futuro.
Nell'introduzione del rapporto si ricorda quello che accadde lo scorso anno a Bonn durante una conferenza sul clima delle Nazione Unite. Mentre si parlava dei cambiamenti climatici e degli effetti di essi avranno nel 2050, una ragazzina intervenne chiedendo ai delegati "Quanti anni avrete voi nel 2050?". Nell'imbarazzo generale i più dovettero ammettere che nel 2050 la loro età si sarebbe avvicinata al secolo!
Ecco in questo semplice racconto risiede l'imperativo di lavorare - in termini di coinvolgimento, partecipazione e opportunità - con questa generazione di ragazzi e ragazze, i quali saranno i protagonisti del futuro dei loro paesi e dell'intera umanità.





Vi è una generazione - che pian piano sta per diventare una massa che preme per essere ascoltata. Al tempo stesso è anche una generazione fragile - basti guardare nel rapporto i dati riguardanti la salute (in particolare anemia e hiv), le mutilazioni genitali, le violenze, lo sfruttamento - che abbisogna di politiche di protezione (gli Obiettivi di Sviluppo del Millennio sono chiari in questa direzione) e di investimenti per il futuro. Non dimentichiamo che è anche una "generazione tecnologica" ovunque: nella grandi città americane o europee così come nelle capitali africane e dell'est asiatico.
Sebbene la questione generazionale, e in particolare quella del coinvolgimento nelle scelte per il futuro e delle opportunità, tocchi gli adolescenti di tutto il mondo, nei paesi in via di sviluppo appare decisamente più drammatica.
Troppo spesso nel Nord del mondo si ha un'immagine del sud del mondo, e dell'Africa in particolare, legata ancora a vecchi e superati ricordi coloniali. Non ci stancheremo mai di ripetere che in Africa - ed è questa la magia - convivono popolazioni che vivono ad uno stato non molto dissimile da quello dei primi uomini sulla terra (i boscimani, ad esempio) e centri di ricerca, università e tecnologie che nulla hanno da invidiare al resto del pianeta.




giovedì 24 febbraio 2011

Parco Nazionale di Garamba

Il Parco Nazionale di Garamba è stato istituito nel 1938 è uno dei più antichi parchi africani. Il Parco occupa un territorio di 4920 km quadrati della Repubblica Democratica del Congo al confine con il Sudan. E' stato inserito nel 1980 tra i Patrimoni dell'Umanità dell'UNESCO poichè ospitava gli ultimi esemplari dei rinoceronti bianchi del nord (ceratotherium simum cottoni - una delle due sottospecie di rinoceronti bianchi), oggi ritenuti estinti in libertà
La storia di questi rinoceronti è esemplare. Nel 1985 l'International Union for Conservation of Nature (IUCN) stimò la popolazione dei rinoceronti a soli 15 esemplari. Negli anni '70 erano stati segnalati 490 rinoceronti, mentre erano addirittura 2230 nel 1960. L'Unesco decretò il parco come sito in pericolo è un grande e positivo sforzo fu prodotto grazie alla collaborazione tra governo zairese, Unesco, WWF e IUCN. Nel 1992 il Parco (e i rinoceronti) furono dichiarati salvi.
Alla fine del 1991, a seguito dell'inasprirsi della guerra civile nel Sud Sudan, nell'area del parco di rifugiarono i profughi e le milizie, che nel 1993 arrivarono ad essere oltre 50.000 persone. Con le armi automatiche vennero uccisi molti animali per sfamarsi, tra cui alcuni rinoceronti. Nel 1996 l'UNESCO decretò nuovamente in pericolo il Parco e i rinoceronti (status che permane ancora oggi). Negli ultimi 10 anni sono arrivati anche i miliziani dell'Esercito del Signore (LRA) che hanno trovato nel Parco rifugio, mettendo a dura prova i rangers. Nel 2004 erano meno che 10 i rinoceronti, quando solo 18 mesi prima ne erano stati contati 32.
Dal 2006 quando furono visti per l'ultima volta 4 rinoceronti nel parco (un maschio isolato e un maschio con due femmine) non vi sono stati più avvistamenti. Si pensa che l'animale sia estinto in libertà.
Restano nel mondo solo 8 esemplari in cattività: 2 nel San Diego Wild Animal Park negli Stati Uniti e 2 nel Dvur Kralove Zoo nella Repubblica Ceca. Altri 4 animali sono stati trasferiti dallo Zoo della Repubblica Ceca al Ol Pejeta Convervation Area in Kenya il 20 dicembre 2009 nel tentativo estremo di conservare la specie (che in cattività non riesce a riprodursi). L'evoluzione di questo ultimo tentativo può essere seguito dal sito Northen White Rhino Last Chance.

L'uomo è riuscito a sterminare un'altra specie animale dopo millenni di permanenza in questo pianeta.

Naturalmente il Parco Nazionale di Garamba offre moltissime specie animali, tra cui elefanti, leoni, bufali e ippopotami nel suo grande habitat. Tra le altre cose fin dal 1960 vi è un programma di addestramento dell'elefante.
Il link sul Garamba National Park all'interno dell'Africa Parks Network offre tutte le informazioni sul Parco, sulle sue attività, sulla possibilità di visitarlo o di lavorarci come volontari.

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mercoledì 23 febbraio 2011

3-4 luglio 1976, operazione Thunderbolt ad Entebbe

Entebbe è il principale aereoporto internazionale dell'Uganda. Si trova a circa 35 km dalla capitale Kampala. Quello che accadde la notte tra il 3 e il 4 luglio del 1976, iniziò quasi una settimana prima, quando alle 12.30 del 27 giugno, un Airbus A300 dell'Air France, in partenza da Atene, proveniente da Tel Aviv e con destinazione Parigi, fu dirottato. A bordo c'erano 248 passeggeri (198 partiti da Tel Aviv e 58 imbarcati ad Atene) e 12 membri dell'equipaggio. Tra i passeggeri anche i 4 dirottatori: due palestinesi del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina e due tedeschi (Wilfried Bose e Brigitte Kuhlmann, con passaporti falsi sudamericani) della Revolutionare Zellen (Cella Rivoluzionaria, un'ala della Rote Armee Fraktion -RUF), tutti imbarcati ad Atene. Dopo aver fatto scalo a Bengasi in Libia (dove in cambio del rifornimento fu rilasciata una donna) l'aereo atterrò ad Entebbe il 28 giugno alle ore 3.15. La destinazione ugandese fu scelta perchè il comando si aspettava l'appoggio, che di fatto ottenne, del dittatore Idi Amin Dada.
Ad Entebbe almeno altri 2 terroristi si aggiunsero al commando.
I dirottatori chiedevano il rilascio di 53 prigionieri (40 palestinesi detenuti in Israele e altri 13 detenuti tra Kenya, Svizzera, Francia e Germania) pena l'inizio dell'eliminazione dei prigionieri a partire dalle ore 14.00 del 1 luglio. Scesi dall'aereo furono accolti nel vecchio terminal passeggeri e divisi tra ebrei e non ebrei. Questa scelta creò qualche problema tra i palestinesi e i tedeschi ai quali la questione ricordava vecchi e drammatici precedenti. I non ebrei furono poi rilasciati (resteranno 103 persone, secondo altre fonti 98) ad eccezione del capitano del volo, Michael Bacos, che otterrà di rimanere con i passeggeri che aveva preso in consegna a Tel Aviv. Anche Amin Dada arrivò nel pomeriggio nel terminal comunicando che la responsabilità di quanto sarebbe successo era da addebbitarsi esclusivamente ad Israele.
Mentre il governo di Israele, guidato da Yitzhak Rabin, trattava con i terroristi per postporre l'ultimatum al 4 luglio (cosa che ottenne) i servizi segreti ed i militari pianificano il blitz. Il fatto che il terminal aereoportuale fosse stato costruito da una ditta israeliana facilitò l'addestramento e la simulazione dell'operazione.
Il 3 luglio, da Israele partirono quattro Hercules C-130 e due Boing 707 (uno che atterrò a Nairobi dove il governo keniano appoggiò logisticamente l'operazione) in quanto attrezzato come ospedale mobile l'altro utilizzato in volo come supporto per le comunicazioni. Tra le altre cose gli Hercules trasportavano una Mercedes (appositamente riverniciata in nero) e un Land Rover poichè nel piano il corteo che si avvicinava al terminal di Entebbe, sorvegliato da militari ugandesi, doveva simulare l'arrivo del Presidente Amin Dada.
Alle ore 23.01 del 3 luglio gli Hercules atterrarono ad Entebbe, volando bassi e senza assistenza di volo. A bordo oltre 100 militari e diversi uomini dei servizi segreti. Furono subito scaricate le auto (si racconta che solo due giorni prima Amin Dada aveva sostituito la sua Mercedes nera con una bianca, ma solo poche persone ne erano a conoscenza). In 53 minuti (2 in meno del previsto) l'assalto fu concluso. Gli Israeliani giunti al terminal passeggeri urlarono in ebraico di stare giù agli ostaggi e spararono su tutto quello che si muoveva. Un ostaggio, Jean Jacques Maimoni fu ucciso perchè probabilmente non aveva capito l'ordine, altri due Pasko Cohen e Ida Borochovitch restarono uccisi nella sparatoria, mentre 10 furono i feriti. Tutti i sei terroristi caddero al suolo.
I passeggeri furono trasportati agli Hercules C-130, mentre il commando israeliano distruggeva 11 Mig ugandesi di fabbricazione russa (allo scopo di proteggersi la fuga) vi fu uno scontro a fuoco con i militari ugandesi. A perdere la vita fu il tenente colonnello Yoni Netanyahu (fratello minore dell'attuale Primo Ministro Israeliano). Alle 0.31 del 4 luglio l'ultimo C-130 decollò dal suolo ugandese.
Complessivamente nello scontro morirono 45 militari ugandesi (sebbene il numero esatto non sia così certo, altre fonti parlano di 12, altre ancora di 20).
Un'altra passeggera, Dora Bloch, che si trovava all'ospedale di Kampala per cure, fu uccisa per ordine di Amin Dada, portando a 4 le vittime complessive tra gli ostaggi.

L'azione, che viene ricordata come una delle più "riuscite" operazioni antiterrorismo della storia, ebbe alcuni risvolti postumi. Il primo fu che Israele dimostrò, con una prova muscolare, ai Palestinesi, e al mondo intero, che non avrebbe più tollerato azioni contro il suo popolo. La comunità internazionale, nonostante i tentativi ugandesi di richiamare la violazione della propria sovranità, non provò nemmeno a condannare "l'invasione" territoriale israeliana.
Infine, la credibilità internazionale (quel poco che ne rimaneva) di Idi Amin Dada fu definitivamente affossata e da quell'estate del 1976 iniziò la fase discendente del suo potere, che lo porterà ad essere spodestato nell'aprile 1979.



Posto la prima parte di un documentario che raccoglie interviste ai protagonisti, documenti e immagini. Tutte le parti si trovano tranquillamente su YouTube.

Sui fatti di Entebbe sono stati girati alcuni film, tra cui La lunga notte di Entebbe (1976, Marvin Chomsky) con Kirk Douglas, I leoni di Guerra (1977, di Irvin Kershner) e La notte dei falchi (1977, di Menahem Golan).


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martedì 22 febbraio 2011

Ancora Libia

Purtroppo non è possibile ignorare quello che sta accadendo il Libia. Nonostante Sancara non sia un blog di cronaca e sia più orientato all'Africa nera, quello che accade nella sponda opposta del Mar Mediterraneo non può lasciarci indifferenti.
Il regime di Gheddafi, come era prevedibile, sta mettendo in atto una sanguinosa repressione, che lo stesso ambasciatore libico alle Nazioni Unite, non ha esitato a chiamare genocidio.
Purtroppo qualcuno - in assoluta malafede - pare accorgersi solo oggi che leader libico abbia un profondo disprezzo per gli oppositori e per chiunque non sia disposto a baciargli la mano. Sono passati solo pochi mesi dall'ultima visita trionfale ( e provocatoria) di Gheddafi in Italia, ma il comportamento del leader libico non è certo una novità.

Le relazioni economiche tra Italia e Libia sono storiche e molto articolate. Sui molteplici interessi italiani in Libia, si rimando a questa completa analisi nel blog di Lanfranco Palazzolo. La LIbia di contro possiede importati quote azionarie nel mercato italiano: il 7,2% di Unicredit (primo gruppo creditizio europeo, libico è il vicepresidente del gruppo), il 2% di Finmeccanica (aereonautica e difesa), il 14,8% della Retelit (telecomunicazioni), il 7,5% della Juventus , il 21,7% della Olcese , il 2 % dell'Eni e una quota appena sotto il 2% (soglia per partecipazioni rilevanti) di Fiat (nel 1976 la Libia entrò con il 9,7%, salvando la fabbrica di automobili italiana). Due sono le grandi imprese italiane di costruzioni impegnate in Libia: la Impregilo (attraverso la partecipata Impregilo Lidco) e la Ansaldo (vedi questo post sulgli effetti nella borsa di ieri).
Inoltre l'Italia è attaccata al tubo (gasdotto) del gas libico, che nelle ultime ore ha smesso di pompare il prezioso carburante.
Del resto siamo l'unico paese europeo che deve alla Libia quasi la metà del petrolio importato.

Oggi non è possibile calcolare il numero dei morti in Libia. Quello che è intollerabile è il silenzio colpevole delle diplomazie occidentali che fino ad ieri non hanno esitato a fare accordi con il dittatore il quale, come ha sempre fatto dall'inizio del suo potere nel 1969, non ha esitato a ricattare e minacciare i suoi alleati (vedi anche le ultime provacazioni sui clandestini o quando chiedeva ingenti quantità di denaro all'Unione Europea per bloccare il flusso degli immigrati).

Certo quello che sta accadendo in tutto il Nord Africa e più in generale nel mondo arabo è sufficiente per declarare il fallimento della politica estera dei paesi che affacciano sul Mediterraneo, che dopo aver sorretto per decenni queste cleptocrazie dittatoriali, non sono state nemmeno capaci di prevederne e accompagnarne la fine.

domenica 20 febbraio 2011

Libri: Africa. Biografia di un continente

L'opera di John Reader, "Africa. Biografia di un continente" scritta nel 1997 e pubblicata in Italia da Mondadori nel 2001 è un appassionato contributo alla conoscenza - intima e vissuta - del continente nero.
E' un libro che, nonostante un intenso rigore metodologico nel narrare in seicento pagine la storia del continente dai primi fossili trovati ad oggi, si legge come un romanzo.
John Reader, fotografo e scrittore londinese, ha vissuto e viaggiato a lungo in Africa a partire dagli anni '50, trovandosi come lui stesso ha modo di raccontare - ad esserci - in alcuni momenti chiave che hanno caratterizzato la storia moderna dell'Africa: dalla guerra del Biafra ai funerali i Kwame Nkrumah, dall'avvento di Idi Amin ai festeggiamenti dell'80° anno di Hailè Salassiè. Ha conosciuto uomini come Kenyatta, Nyerere, Mobutu e Biko.
Da questa straordinaria esperienza ne esce una testimonianza meravigliosa, che accompagnata da una indubbia capacità narrativa e dalla ricerca scrupolosa delle fonti originali, consentono a Reader di partire dalla semplice e documentata affermazione "i progenitori dell'umanità si sono evoluti in Africa"
e attraverso un percorso che avviandosi dalla struttura geomorfologica dell'Africa (e delle sue risorse) conduce il lettore negli antichi regni africani, alle prime esplorazioni nel continente, all'avvento del colonialismo, alle lotte per l'indipendenza, agli anni dei sogni e degli incubi, per chiudersi con l'avvento di Mandela in Sudafrica nel 1994, "speranza di tutta l'umanità e del continente in particolare".
Dalla lettura emerge un viaggio affascinante nell'anima dell'Africa, che incuriosisce, appassiona e contribuisce a mantenere inalterato e semmai a farlo crescere quell'alone di mistero che da sempre accompagna l'immagine dell'Africa.
Quando scrissi del libro "La civiltà africana" di Basil Davidson, ricordo che Daniele Mezzana, ricercatore e autore del blog Immagine dell'Africa, commentò il mio post con "un libro che tutti dovrebbero leggere prima di recarsi in Africa anche solo per un viaggio". Ecco, credo che dopo aver letto Davidson, tutti dovrebbero leggere Reader.


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venerdì 18 febbraio 2011

In Libia un'altra storia

Dal 17 dicembre 2010, quando scoppiò la "rivolta" in Tunisia ad oggi sono passati solo due mesi e sono accadute molte cose. Un'area, quella del Nord Africa e del Medio Oriente, si è letteralmente infiammata grazie alla tenacia di migliaia di cittadini, molti dei quali giovanissimi, che hanno saputo, in particolare in Egitto, tenere duro anche a fronte agli inevitabili colpi di coda dei regimi. Dopo la caduta di Ben Alì in Tunisia, vi è stata quella di Mubarak in Egitto. La cronaca di queste ore ci dice che entrambi sono in fin di vita, la qual cosa, oltre ad essere "una strana casualità", offre spunto a qualche maligna interpretazione su come i militari siano riusciti a convincere i dittatori a farsi da parte. Perchè l'elemento che accomuna questi regimi è la presenza "nella stanza dei bottoni" dell'esercito.
La protesta si è accesa anche altrove, in Algeria, in Marocco, in Yemen, in Giordania, in Siria e in modo - per ora - decisamente più serio in Bahrein e Libia.
Gli esiti della rivoluzione egiziana hanno avuto anche "il merito" di placare gli animi nel Sudan (che a seguito del plebiscito referendario del 9 gennaio scorso, si appresta a verder nascere il 54° stato dell'Africa) dove è venuto a mancare l'alleato Egitto nella lotta contro il Sud del paese. A tal fine vi segnalo una puntuale analisi di Fulvio Beltrami, attento conoscitore di quell'angolo del pianeta, proprio su questo tema.
In Libia, come era previdibile, la situazione si sta rivelando molto più complessa che altrove e rischia di degenerare in modo drammatico. Sono infatti, solo nella giornata di ieri, 24 i morti e un centinaio i feriti. In Libia Gheddafi è al potere dal 1969 - terzo più longevo capo di stato al mondo-, ha superato complesse situazioni internazionali, è stato a lungo tempo isolato dal resto del pianeta e possiede una leva (quella degli idrocarburi, e del gas in particolare) capace di mettere in ginocchio mezza Europa, Italia in testa.
Inoltre - grazie prima all'isolamento, poi alle complicità internazionali- ha da sempre represso in modo sistematico qualsiasi opposizione. Basti ricordare che nel 1996, sotto gli sguardi silenti del mondo intero, sterminò nel carcere di Abu Salim 1270 prigionieri politici.
In Libia inoltre l'accesso ad internet (e quindi a tutti quegli strumenti che hanno caratterizzato e dato forza fin d'ora le rivolte del nord Africa) è tra i più bassi nel mondo, assestandosi intorno al 5% della popolazione.
Infine, Gheddafi molto più di Ben Alì e Mubarak, è ancora in grado di mobilitare una fetta discreta della popolazione in suo appoggio.
I prossimi giorni saranno decisivi.

Gheddafi nonostante tutto (e quello che ha fatto in questi 41 anni potrebbe bastare a renderlo persona non gradita in gran parte del mondo) resta un "alleato" e "amico" del nostro Paese. Tutti ricordiamo come, solo alcuni mesi fa, fu accolto con tutti gli onori dal nostro governo. Del resto la cosa che è apparsa chiara in questi giorni di rivolte, che gli alleati che contano, fiutando che le cose stanno cambiando, non esitano a saltare sul carro del vincitore.
Un giorno - forse ancora lontano - bisognerà riscrivere la storia di questi ultimi decenni e fare chiarezza di come il "Nord del mondo" ha barattato i diritti umani nel mondo arabo (con un tributo pesantissimo in termini di vite umane), in cambio del proprio tornaconto, economico o strategico.


giovedì 17 febbraio 2011

Popoli d'Africa: Boscimani

I Boscimani (Bushman, in inglese) o San, sono ritenuti il gruppo etnico più antico dell'Africa, assieme ai pigmei dell'Africa centrale. Studi recenti suggeriscono che essi abitano il sud dell'Africa almeno da 22 mila anni (sono stati trovati anche scheletri compatibili con questo popolo di oltre 100 mila anni). Gli antropologi sostengono che essi costituiscono uno dei più antichi rami dell'evoluzione dell'uomo moderno. Per dirla in altre parole i boscimani sono la più realistica rappresentazione vivente di come era l'uomo migliaia di anni fa.
Oggi sono un gruppo di circa 90 mila individui che vivono nel grande deserto del Kalahari in Botswana (55 mila), in Namibia (27 mila) e in Sud Africa (10 mila).
Parlano una lingua della famiglia Khoisan e sono strettamente correlati con i Khoi Khoi (ottentotti) con cui costituiscono il gruppo etnico chiamato Khoisan. Sono piccoli di statura, tra i 150 e i 160 centimetri.
Sono un popolo nomade, dedito alla caccia (in particolare antilopi) e alla raccolta di quello che la terra offre (frutti, radici, bacche). Questa loro caratteristica - cacciare allo stesso modo gli animali allevati come quelli liberi - li ha costretti, una volta venuti a contatto con le popolazioni di allevatori bantu e con gli ottentotti a rifugiarsi verso sud. Successivamente, una volta a contatto con i coloni boeri, per lo stesso motivo, sono stati costretti a rifugiarsi nel Kalahari, una delle terre più povere. Sempre trattati in malomodo.
Solo grazie alla loro straordinaria conoscenza di un ambiente ostile come quello del deserto (raccontato in modo a mio avviso emozionante da Wilbur Smith in La spiaggia infuocata) essi sono in grado di sopravvivere. Per la caccia usano frecce avvelenate con una specie di euforbia (Euphorbia damarana).
La cultura dei boscimani è oggi quasi completamente scomparsa. Sono spesso costretti a lasciare i loro territori per spostarsi in villaggi situati in zone non idonee alla caccia o alla raccolta. In Sudafrica essi sono stati assorbiti nel gruppo dei coloured. In Namibia oggi, oltre ad essere discriminati, svolgono i lavori più umili spesso per conto dei bianchi. In Botswana, dove sono più numerosi, assieme alla difficoltà di relazione con gli altri abitanti, i San rischiano di compromettere definitavemte lo loro esistenza. Infatti essi vivono nel territorio del Central Kalahari Game Reserve, dove negli anni '80 sono stati scoperti importanti giacimenti di diamanti (sono state già fatte concessioni alla Gem Diamonds per lo sfruttamento).
Da allora il governo del Botswana ha iniziato una vera e propria opera di distruzione del loro territorio, allo scopo di trasferirli altrove, promettendo un non richiesto inserimento nella "civiltà". Nel 1997 furono effettuati i primi sfratti forzati. Nel 2002 e nel 2005 vi furono operazioni ancora più aggressive con la chiusura delle fonti d'acqua e la distruzione delle riserve idriche. Nonostante i boscimani nel dicembre 2006 abbiano vinto una causa contro il governo (vedi la scheda di Survival sui Boscimani e sulla loro lotta) le cose non sono cambiate e mentre il governo sfrattava dal Game Reserve i leggittimi abitanti, autorizzava la costruzione di un lussuoso resort turistico. Recentemente, esattamente il 27 gennaio 2011 i boscimani hanno segnato un'importante vittoria, poichè la Corte Suprema ha riconosciuto il loro diritto all'acqua (leggete su questo tema l'interessantissimo articolo di Laura Pavesi sul sito Il Cambiamento).

Quest'opera di soppressione (che di fatto è una scientifica pulizia etnica) di un'intera popolazione indifesa è un atto barbaro, non solo nei confronti di quel gruppo di persone, ma verso l'intera umanità. Si stanno in questo modo tranciando di netto i legami con un pezzo importante del passato remoto dell'uomo, di cui un giorno forse ci pentiremo.

Si può sostenere la campagna a favore dei Boscimani: sul sito Survival International vi sono tutte le informazioni. Aiutate a diffondere.


Vi segnalo il sito della lotta dei boscimani per la loro terra, I Want 2 go home

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mercoledì 16 febbraio 2011

6 marzo 1957, il Ghana diventa indipendente

"Il Ghana, il vostro Paese amatissimo è libero per sempre.... Tutto il mondo ci sta a guardare", con queste parole Kwame Nkurumah - per tutti Osagyelo - salutava l'indipendenza del suo Paese, il primo dell'Africa nera ad ottenerla. Quella sera ad Accra c'erano Martin Luther King, Richard Nixon (allora vice presidente degli Stati Uniti), Habib Bourguiba , Harold MacMillan (da poco divenuto Primo Ministro del Regno Unito) e la diplomazia di mezzo mondo.

Il realtà il cammino verso l'indipendenza della Costa d'Oro, iniziato nel 1947 con la nascita UGCC (United Gold Coast Convention) si concluderà definitivamente nel 1960 con la proclamazione della Repubblica (dal 1957 al 1960 sarà un rappresentante della Regina d'Inghilterra a essere, formalmente Capo dello Stato).
Kwame Nkurumah, il cui vero nome era Francis Nwia-Kofi Nkeumah, l'artefice della lotta all'indipendenza che si era formato negli Stati Uniti ed in Inghilterra, fu arrestato assieme ad altri dirigenti del UGCC nel 1948 accusato di aver scatenato tumulti e disordini nel paese (in quell'occasione vi furono oltre 30 morti). Nel 1949, in giugno, Nkurumah ruppe con l'UGCC, ritenuto troppo conservatore, e diede vita al CPP (Convention People Party) che vide subito la partecipazione dei movimenti giovanili, dei lavoratori del cacao (la principèale risorsa del paese), dei sindacati e delle donne, che egli tra i primi aveva invitato a partecipare lla vita politica. Nel 1950, a seguito di un grande sciopero generale, Nkurumah fu di nuovo arrestato e condannato a tre anni di reclusione. Nel 1951, nonostante il CPP, avesse criticato la Costituzione varata da poco (che dava troppo spazio nell'assemblea legislativa alle elites tradizionali), partecipò alle prime elezioni ottenendo un successo fenomenale. Infatti ben 34 dei 38 seggi furono conquistati dal CPP e Nkurumah, nonchè ancora detenuto, ottenne un successo personale straordinario. Nkurumah fu rilasciato e nominato a capo del governo. Riuscì ad emandare la Costituzione e nel 1952 fu nominato Primo Ministro riuscendo a far approvare, nel 1953, una risoluzione di indipendenza all'interno del Commonwealth britannico. Nel 1954 nuove elezioni decretarono ancora un successo per il CPP. In poco tempo Nkurumah riuscì a unificare la colonia della Costa d'Oro (che era stata proclamata tale nel 1874), la regione Asante (protettorato dal 1902) e il Togo britannico (che nel 1956 votò un referendum di adesione al Ghana). Dopo una breve mediazione, il 7 febbraio 1957 il Ghana Indipendence Act fu firmato dalla Regina e il 6 marzo 1957 appunto il Ghana fu il primo Paese dell'Africa nera ad ottenere l'indipendenza. la bandiera del Ghana riportava i colori panafricani con al centro una stella nera (vedi post sulle bandiere africane).
Pochi anni dopo, il 27 aprile 1960 i ghanesi votarano al referendum sulla Repubblica, appovandola con oltre l'88% dei voti. Il 1 giugno 1960 Kwame Nkurumah, a 51 anni, divenne presidente della Repubblica.

Kwame Nkurumah fu uno dei "padri" del panafricanismo (in realtà è più corretta la definizione di Pier Maria Mazzola fu "l'apostolo più acclamato" del panafricanismo). Infatti nell'aprile 1958 Nkurumah convocò a Accra la prima conferenza panafricana sul suolo africano. Furono presenti gli otto paesi allora indipendenti (Egitto, Etiopia, Liberia, Libia, Marocco, Sudan, Tunisia e Ghana). Poi, nel dicembre 1958 convocò anche i rappresentanti dei popoli africani in lotta per l'indipendenza, tra cui il congolese Patrice Lumumba.
Con il passare degli anni Nkrumah accentrò sempre più i suoi poteri. Oltre alla carica di Presidente si accollò quella di Primo Ministro, Ministro della Difesa, Ministro degli Esteri e dal 1961 la guida di quello, che grazie ad un referendum votato a maggioranza bulgara, fu il partito unico al potere. Nel 1964 si fece anche proclamare presidente a vita. Oramai i suoi orizzonti erano più vasti del suo Paese, si narra che i suoi interlocutori facevano fatica a parlare con lui del Ghana, i suoi pensieri erano per l'Africa. Il 24 febbraio 1966, mentre era in Oriente (tra Cina e Vietnam) venne destituito dai militari. Si rifugiò in Guinea accolto da Sekou Tourè. Morì, malato di cancro, il 27 aprile 1972 a Bucarest.




Vi segnalo il sito sulla vita, le idee e i documenti di Kwame Nkrumah.

Inoltre vi segnalo anche il sito della figlia Samia (www.samiankrumah.org), che dal 2008 è membro del Parlamento del Ghana. Samia dal 1998 al 2008 ha vissuto in Italia, a Roma, dove oltre a tante altre cose, si è sposata ed ha avuto un figlio.

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lunedì 14 febbraio 2011

Qal'a dei Banu Hammad (la cittadella degli Hammadidi)

La cittadella degli Hammadidi è un sito archeologico tra le montagne algerine (ad oltre 1000 metri di altitudine) che contiene le rovine della capitale degli Hammadidi (chiamata Qal'a dei Banu Hammad), costruita nel 1007 da Hammad e demolita nel 1152. Dal 1980 il sito è Patrimonio dell'Umanità Unesco.
Gli Hammadidi sono stati una dinastia berbera, che ha governato dal 1008 al 1152 un'area che oggi potrebbe essere sovrapposta all'odierna Algeria. A partire dal 1090 gli hammadidi furono minacciati dall'avanzata dei Banu Hilal, una tribù araba che attraverso l'Egitto si era spinta lungo tutto il nord-africa. Nel 1090 infatti gli Hammanidi spostarono la loro capitale a Bejaia, che in breve tempo divenne una delle più prosperose città del medioevo nel Mediterraneo. Nel 1152 la città di Qal'a dei Banu Hammad fu distrutta dagli Amohadi.
Tra le rovine un palazzo e una moschea.

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domenica 13 febbraio 2011

Cinema: The Constant Gardner - La cospirazione

The Constant Gardner - La cospirazione è un film del 2005 diretto dal regista brasiliano Fernando Mairellas (divenuto famoso nel 2002 con City of Gold). La storia è tratta dal romanzo del britannico John Le Carrè Il giardiniere tenace.
Il film si ispira liberamente alla realtà, ovvero ad un causa legale contro la multinazionale del farmaco Pzifer (per capirci quella che commercializza il Viagra) che nel 1996 sperimentò, illegalmente, un antibiotico su dei bambini Nigeriani affetti da meningite. Alcuni morirono.

Nel film - interpretato da Ralph Finnes e Rachel Weisz - si racconta della moglie medico di un funzionario dell'Alto Commissariato Britannico, appassionato giardiniere, che viene assassinata in Kenya. Tutti cercano di giustificare l'omicidio di Tessa come un fatto passionale, ma Justin Quayle inizia ad indagare e arriva alla conclusione che la morte della moglie sia legata ad una illegale sperimentazione di un farmaco per la turbercolosi che Tessa aveva scoperto e denunciato. Justin verrà rcihiamato in Europa, ma oramai sicuro della verità, riuscirà a tornare in Africa, dove sarà ucciso, nel deserto, dagli stessi killer di sua moglie. Durante i funerali, quando oramai la verità sembra essere perduta, l'avvocato leggerà una lettera di un diplomatico corrotto che rivela delle sperimentazioni illegali e della pericolosità della donna.
Il film, è girato in Kenya (in particolare sul Lago Turkana) e in Sudan.

Un film di denuncia, sull' estremo cinismo delle multinazionali del farmaco e della dilagante corruzione che porta a difendere veri e propri crimini. Ma, allo stesso tempo, è anche l'ennesima denuncia sull'assenza di difesa da parte delle popolazioni povere del mondo, utilizzate in questo caso come incosapevoli cavie.



Per la cronaca il farmaco in questione - quello delle storia vera, non del film - è un antibiotico commericalizzato con il nome Trovan, che dopo i fatti del 1996 in Nigeria, fu introdotto, nel 1998, nel mercato (come farmaco per adulti) e subito dopo, nel 1999, sospeso e poi ritirato in Europa per la sua pericolosità. Solo negli Stati Uniti e in Canada è ancora utilizzato seppu con grandi limitazioni.


Sulla questione Nigeria-Pfizer, vi segnalo questo articolo del quotidiano indiano The Hindu, che cita recenti rivelazioni di Wikileaks. Vi posto anche il testo dei capi d'accusa al processo del 2007.

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sabato 12 febbraio 2011

Il popolo detronizza Mubarak. E ora?

Qualsiasi persona di buon senso non può che inchinarsi di fronte alla tenacia, alla forza e alla determinazione dei manifestanti egiziani. Sono stati capaci, di tenere dritta la barra del loro intento - costringere alle dimissioni Mubarak e il suo governo - anche nei momenti più difficili come quando il regime ha provato a mostrare i muscoli o a giocare d'astuzia con cambiamenti di facciata o promesse per il futuro che avevano più lo scopo di prendere tempo che di incidere sulla vita reale del paese.

Da oggi comincia un'altra storia.

Certo una storia che, come tutte quelle ancora da scrivere, è densa di incognite. Perchè vi è un'intera generazione di uomini e donne egiziane (ma la questione potrebbe essere estesa a molti paesi limitrofi) che è stata trattenuta nelle sue ambizioni, nelle sue speranze e che da oggi si immagina un futuro diverso, che non necessariamente rispetterà le legittime aspettative. Perchè l'Egitto ha una posizione startegica in uno scacchiere, come quello Medio-Orientale, che da un secolo non trova pace. Perchè dal 1979 in poi, l'Egitto ha rispettato un accordo di pace firmato con Israele, che di fatto ha interrotto le guerre (ne erano state fatte ben quattro) tra paesi arabi e Israele. Perchè paesi come l'Iran o la Siria o gruppi come gli Hezbollah cercheranno di spingere l'Egitto a denunciare il trattato con Israele, con ovvie conseguenze di destabilizzazione dell'intera area, piace molto a chi ama muoversi nel caos. Perchè il confine tra l'islamismo moderato e l'estremismo islamico è spesso labile ed è stato usato, dai governi e dagli alleati, come spauracchio per limitare la libertà ed ottenere in cambio gli aiuti internazionali. Perchè da decenni le opposizioni politiche sono state represse, isolate e messe all'angolo.

Ma, oggi si possono guadare i fatti e i fatti ci dicono alcune semplici cose.

Il popolo della protesta - giovani e donne (fatto non secondario) - ha saputo tenere lontano ogni tipo di strumentalizzazione della protesta (da qualsiasi parte essa proveniva). Per ora è altrettanto vero che questo tentativo di appropiarsi della rivoluzione non vi è stata, in particolare da parte dei partiti politici, dei Fratelli Mussulmani e dell'esercito.
L'esercito, che non dimentichiamo guida il paese dal 1952 (anno della rivoluzione dei Liberi Ufficiali) prima con Naguib, poi con Nasser, poi ancora con Sadat e infine con Mubarak, tutti provenienti dalle file dell'esercito, ha avuto e continua ad avere un atteggiamento di garanzia (in altre circostanze la repressione sarebbe stata affidata direttamente a loro, con conseguenze ben più drammatiche) e ha "convinto" Mubarak a lasciare. Inoltre la dichiarazione odierna in merito al rispetto di tutti gli accordi siglati dall'Egitto, compreso quello con Israele, è un monito per chiunque si appresti a governare l'Egitto.
I Fratelli Mussulmani - che dall'avvento di Mubarak vivono nella semi-illegalità - ancora oggi si sono dichiarati non interessati al potere. Vi è da dire che il movimento oggi è molto diverso, sia da quello ai tempi della sua nascita (1928), sia da quello dai tempi della sua messa al bando (1979). Durante la permenanza dei "rivoltosi" per le strade, l'organizzazione del Fratelli Mussulmani (che continua ad essere forte e in mano ai professionisti e notabili della capitale egiziana) ha fornito assistenza con pasti caldi, tende, coperte e generi di prima necessità.
Vi è infine un'altra cosa inedita. La posizione dell'amministrazione americana, che contrariamente alle altre volte, non ha difeso il fido alleato, bensì almeno ufficialmente ha salutato, quasi strizzando l'occhio, le richieste del popolo egiziano, perfino quando è emerso tra i leader della rivolta un'uomo come Al Baradei, che certo non aveva usato parole morbide verso gli americani.

Il mondo è cambiato. Per decenni si sono protetti regimi che hanno affamato intere popolazioni, si sono favoriti, quasi sempre da dietro le quinte, complotti e assassini in ogni parte del mondo, che hanno generato guerre sanguinose. Si sono permessi suprusi di ogni genere, si sono armati Paesi contro altri, si sono cambiate alleanze e strategie. Si sono inventati nemici e pericoli di ogni tipo. Si è nascosta la verità a favore di una realtà di comodo. Forse oggi è il momento di verificare se un'altro mondo è possibile.


venerdì 11 febbraio 2011

Popoli d'Africa: Zulu

Gli Zulu sono circa 11 milioni di persone che vivono in Sudafrica, in particolare nella provincia di Kwa-Zulu-Natal. Parlano lo isiZulu, una lingua bantu.
Essi appartengono all'ampia nazione Ngoni, che comprende anche gli Swazi e i Ndebele.
Discendono da popoli emigrati dal bacino del Congo verso sud intorno al XVI secolo e che vennero in contatto con l'etnia San che già abitava l'area e da cui acquisirono tradizioni e abitudini.
Essi credono in un Dio creatore chiamato Nkulunkulu, il quale non ha contatti diretti con gli uomini e non interviene nelle questioni quotidiane.
Durante il XVII e il XVIII secolo gli Zulu costituirono un importante regno che svolse un ruolo di primo piano nella storia del Sudafrica.
Il Regno Zulu ebbe origine grazie all'opera di Shaka (nato nel 1787) e figlio illeggittimo del capo zulu (che allora era più semplicemente un sottoclan).
Fu un Impero che nel XIX secolo diede filo da torcere ai colonizzatori. Infatti a partire dal 1838 l'imperatore Dingana (fratellastro di Shaka, che aveva ucciso nel 1828) si scontrò con i boeri e, successivamente, gli Zulu si scontrarono con gli inglesi. Il 22 gennaio 1879 infatti a Isandlwana gli inglesi furono sconfitti dagli zulu. Passarono solo pochi mesi prima che gli inglesi dividessero l'Impero Zulu e lo annientassero, nel 1887. Alla proclamazione dell'indipendenza nel Sudafrica gli Zulu - nonostante ancora oggi siano il gruppo etnico più numeroso - furono sempre meno riconosciuti e a seguito delle leggi segregazioniste considerati cittadini "inferiori". Fu infatti costituito il bantustan (una sorta di riserva) chiamato Kwazulu dove, stando alle leggi, avrebbero dovuto risiedere tutti gli zulu del Sudafrica.
Dopo la fine dell'apartheid in Sudafrica, fu creata la provincia del KwaZulu-Natal (accorpando l'homeland KwaZulu e la provincia del Natal), dove vivono gran parte degli Zulu. In quell'area si è sviluppata anche l'ala indipendentista Zulu, guidata dal partito Inkatha Freedom Party il cui leader, Mangosuthu Buthalezi, pur presente nel Parlamento Sudafricano, ha rifiutato cariche di governo continuando, sempre con meno successo, a perseguire la causa indipendentista.

Gli Zulu sono abili artigiani, i loro lavori con perle colorate e i cesti di vimini sono molto apprezzati. Sono inoltre abili danzatori (le loro danze rievocano gli antichi splendori di guerriglieri) e posseggono una cultura musicale ampia e complessa. Le musiche tradizionali zulu sono conosciute nel mondo grazie ad uno storico gruppo nato nel 1960 - i Ladysmith Black Mambazo - e al lavoro di quello che è stato definito "lo zulu bianco", ovvero Johhny Clegg.

Oggi sono divisi a metà, tra quelli che vivono nelle città (spesso nei sobborghi) e quelli che abitano le zone rurali e che sono molto più legati alle tradizioni.

Vi segnalo la pagina sulla lingua Zulu dal sito Omniglot.

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giovedì 10 febbraio 2011

La noce di cola, un omaggio sempre gradito

La noci di cola, sono il frutto di diversi specie (si annoverano in natura circa 125 specie differenti) di piante della sotto famiglia della Cola appartenente alla famiglia delle Sterculiaceae. In particolare la Cola acuminata, coltivata in Africa tropicale, produce un seme, lungo circa 15 centimetri, al cui interno vi sono 4-6 sezioni che sono chiamata "noci di cola". Le noci di cola - che contengono caffeina e teobromina- sono molto usate in Africa. Masticate per il loro potere eccitante ed energetico, sono di fatto diventate, in Africa occidentale, un simbolo di amicizia e spesso di rispetto. Infatti le noci di cola sono un regalo che si porta al capo villaggio, ma anche un presente di benvenuto per un invitato. Si masticano durante le cerimonie e i riti o per siglare un accordo avvenuto o una riconciliazione.
Sono in qualche modo l'equivalente - sia per l'azione stimolante (logicamente con gradi diversi) sia per quella simbolica - delle foglie di coca nelle Ande, il matè in Argentina, il caffè nei paesi arabi o il te' in oriente.
Il sapore della noce di cola è prima amarognolo, per poi trasformarsi in dolciastro. Le noci hanno anche un blando potere afrodisiaco.
La noce di cola è utilizzata per la produzione di bibite, sebbene spesso l'aroma è ottenuto attraverso l'utilizzo di sostanze chimiche. Sembra che la noce di cola sia entrata nella formulazione segreta con cui, nel 1885 il farmacista di Atlanta John Pemberton, diede avvio alla più fortunata, imitata e remunerativa bevanda del mondo.

Ricordo che non vi era visita ad un villaggio senza una manciata di noci di cola che venivano generosamente offerte al capo del villaggio. Perfino quando con la clinica MCH ci si recava nei più remoti villaggi, dalle tasche degli infermieri e delle ostetriche uscivano regolarmente "kola nuts" da donare, in segno di rispetto. In fin dei conti, sebbene per lavoro, ci recava in casa d'altri.

A proposito di simboli dell'Africa, vi rimando anche ad un post sul baobab.

martedì 8 febbraio 2011

30 ottobre 1974, The Rumble of Jungle a Kinshasa

Alle 5 del mattino del 30 ottobre 1974, due pugili della categoria dei pesi massimi, Muhammad Ali (meglio conosciuto con il suo nome prima della conversione all'islam, avvenuta nel 1964, Cassius Clay) e George Foreman si affrontarono sul ring dello Stade Tate Rafhael (stadio costruito nel 1952 e chiamato fino al 1967 Stade Roi Baudoin, poi dal 1967 Stade du 20 mai e dalla caduta di Mobutu, nel 1997, reintitolato al suo costruttore) di Kinshasa nello Zaire (oggi Repubblica Democratica del Congo). L'incontro è considerato unanimamente uno dei match più importanti della storia del pugilato.
L'incontro fu il primo organizzato da Don King - uno dei più famosi manager del pugilato - che grazie agli accordi (e quindi ai soldi) fatti con il Presidente dello Zaire Mobutu Sese Seko riuscì a spazzare la concorrenza garantendo una borsa di 10 milioni di dollari (5 milioni per ogni pugile).
Mobutu - che utilizzò soldi degli zairesi - voleva rilanciare l'immagine del suo paese nel mondo. Infatti contemporanemente all'incontro di pugilato fu organizzato un grande concerto - Zaire 74 - con star del calibro di B.B. King e James Brown oltre che gli africani Manu Dibango e Miriam Makeba. Purtroppo, un infortunio capitato a Foreman durante gli allenamenti, fece slittare l'incontro di un mese, mentre non fu possibile annullare il concerto che si tenne senza l'aspettato pubblico straniero, al punto che Mobutu, preoccupato della scarsa affluenza di pubblico, decise di renderlo gratuito. La massiccia affluenza di pubblico fece comunque diventare il concerto un evento musicale straordinario.
Mohammed Alì, era dato da tutti per sfavorito. Foreman era considerato il pugile più forte mai esistito. I due pugili passarono l'estate ad allenarsi in Zaire per abituarsi al clima. Alì seppe guadagnare i favori del pubblico che, nonostante entrambi i pugili fossero di colore, si schierò in modo unanime con Mohammed Ali, incitandolo al grido Ali bomaye! (Ali uccidilo).
L'incontro si svolse alle 5 del mattino locale per permettere agli americani di vederlo comodamente dal divano di casa alla sera, sgranocchiando i pop corn.
All'ottava ripresa Foreman schiantò sotto i colpi possenti di Mohammed Alì.



Sull'incontro - che continua ad essere mostrato come uno dei più straordinari della storia della boxe - è stato scritto molto. Perfino una canzone, scritta nel 1975 dal cantante inglese Johnny Wakelin: "In Zaire". Inoltre è stato girato da Leon Gast nel 1996 il film-documentario Quando eravamo re (When We Where Kings), vincitore del premio Oscar nel 1997 come miglior documentario.

Ricordo quella notte, avevo 10 anni, e con mio padre mettemmo la sveglia per guardare quell'incontro (credo di ricordare che in Italia fossero le 4, ma forse la mia memoria mi inganna), trasmesso in mondovisione. Cassius Clay - perchè noi l'abbiamo sempre chiamato così - era l'idolo di mio padre e di tantissimi italiani. Era forza, resistenza, coraggio e classe. Ma ancora più era il simbolo del riscatto degli uomini di colore e dei diritti civili, che aveva assunto un ruolo ancora più marcato quando, nel 1967, si era rifiutato di andare a combattere in Vietnam (gli valse 3 anni di squalifica) affermando "non ho nulla contro i Vietcong, loro non mi hanno mai chiamato negro".


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