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mercoledì 2 febbraio 2011

El Baradei e l'Egitto

La rivoluzione iniziata nei giorni scorsi in Egitto che ha fatto seguito a quella che ha già prodotto la caduta di Ben Alì in Tunisia, ha fatto emergere, a capo dell'opposizione, un uomo che negli ultimi 15 anni ha fortemente inciso nella storia politica del medio-oriente - e non solo - : Mohammad El Baradei.
El Baradei - nato in Egitto nel 1942 - dopo aver studiato in Egitto e negli Stati Uniti - è stato un diplomatico per anni ambasciatore egiziano alle Nazioni Unite. Dal 1997 al 2009 è stato Direttore dell'Agenzia Internazionale per l'Energia Atomica (AIEA), e per il lavoro svolto nell'Agenzia, ha ricevuto, nel 2005, il Premio Nobel per la Pace.
Non è legato ad un partito politico egiziano, sebbene abbia fondato un proprio movimento. Allo scoppio della rivolta nelle piazze egiziane è immediatamente emerso (riconosciuto da tutti, compresi i Fratelli Mussulmani) come leader e interlocutore (anche per gli altri paesi arabi) del "movimento rivoluzionario".
I motivi che spingono fortemente gli egiziani a fidarsi di un uomo, sicuramente dal grande curriculum diplomatico, da sempre oppositore di Mubarak, ma certamente non nuovo nello scenario politico, si possono riassumere in due date: 2002 e 2009.
Nel 2002 El Baradei, incaricato per conto dell'Agenzia di verificare il "presunto" possesso di armi di distruzione di massa di Saddam Hussein in Iraq tentò in tutti i modi di convincere - anche con posizioni molto dure - gli americani e gli inglesi che non vi erano prove evidenti delle accuse che erano mosse nei confronti del dittatore iracheno. Non fu ascoltato (del resto era chiaro allora, ma lo è stato ancora di più dopo, che le armi erano solo il pretesto di una strategia già decisa) è successe quello che tutti conosciamo e che ancora oggi assistiamo in Iraq.
Nel 2009 El Baradei - incaricato sempre per conto dell'Agenzia - di seguire e verificare il programma atomico iraniano, ha tentato di convincere il mondo che non "vi erano prove evidenti" che l'Iran stesse perseguendo lo scopo di costruire una bomba atomica. Anche in questo caso ha dovuto alzare la voce e infine sbattere la porta dell'Agenzia.
E' chiaro che il popolo egiziano (e anche una gran parte del mondo arabo) vede di buon occhio chi non si è prestato al gioco delle grandi potenze e che ha saputo dire di no agli americani.
Allo stesso modo gli egiziani, così come i tunisini, diffidano di chi (le cancellerie europee e americane) fino a ieri ha difeso, fatto affari e protetto i regimi al governo e che oggi sembra disposto a salire sul carro del popolo che vince.
Certo è che la figura di El Baradei - nonostante le sue dichiarazioni di non voler posti di governo, ma di essere al servizio della gente - sembra essere indispensabile in una - auspicabile - transizione democratica. Forse questo è il vero punto a favore della rivolta egiziana. Altrove, a partire dalla Tunisia, non sembra emergere per ora una figura di riferimento chiara e credibile.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Mohammad El Baradei potrebbe essere una valida alternativa all'attuale governo.

E' vicino alla Fratellanza Mussulmana, quindi se divenisse Presidente sarebbe sorretto da questa corrente politica islamica moderata che attualmente influenza il governo turco.

Il problema e' che non e' ben visto da Israele e dagli Stati Uniti.

Quest'ultimi terrorizzati che il popolo egiziano prenda il potere stanno cercano di convogliare la rivoluzione su tranquille sponde appoggiano l'attuale vice presidente per attuare un piano di transizione a Mubarak dove l'esercito prenda "provvisoriamente" il controllo del paese preparando libere elezioni.

Questa sarebbe la soluzione peggiore e la realizzazione del piano contro rivoluzionario di Washington e Tel Aviv.

Per ora la popolazione continua a restare in piazza ma, come in tutte le rivoluzioni, il popolo non puo' manifestare in eterno.

Tutto dipendera' dalla prossima settimana. Se il popolo trovera' un leader valido e prendera' il potere grazie agli attuali rapporti di forza a lui favorevoli, l'Egitto completera' la sua rivoluzione. Altrimenti la controrivoluizione americana imporra' la sua legge.

I Fratelli Mussulmani sono la chiave del destino del paese.

Se accettano di prendere la leadership del movimento rivoluzionario nulla sara' piu' come prima.

Fulvio Beltrami

06 Febbraio 2011

Kampala Uganda

Della Valle Gianfranco ha detto...

Grazie Fulvio del tuo contributo. Come sempre preciso e nel tema. Credo che tu abbia perfettamente ragione non si può prescindere dai Fratelli Mussulmani, i quali, piaccia o no, oggi sono la possibile chiave del futuro dell'Egitto. Certo è inpensabile che siano loro a guidare questa fase di transizione. Sarebbero non accettati dai partner locali e internazionali (Stati Uniti e Israele in testa). El Baradei potrebbe essere un legame possibile tra le parti in gioco.
Intanto - ti segnalo che in Italia l'Egitto stà già sparendo dai giornali!!!

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