La FAO (Food and Agriculture Organization) ha lanciato in questi giorni l'allarme sui prezzi degli alimentari, mai così cari dal 1990.
I prezzi alimentari sono saliti a gennaio 2011 del 3,4% rispetto a dicembre 2010 toccando il livello più alto mai raggiunto dal 1990, cioè da quando attraverso il Food Prix Index (Indice dei prezzi alimentari) la FAO monitorizza i prezzi delle derrate alimentari.
La situazione preoccupa gli economisti della FAO soprattutto per le ricadute che questi rialzi - e la previsione che i rincari continueranno nei prossimi mesi - hanno nei paesi a basso reddito, i quali potrebbero trovare difficoltà ad importare prodotti alimentari.
I prezzi hanno superato quelli dell'estate del 2008, quando a causa della crisi economica mondiale, si ebbero violenze e rivolte soprattutto in Africa (in particolare in Egitto) e nel Sud Est Asiatico, dove le famiglie povere spendono già una parte consistente del loro reddito per il cibo (alcune famiglie arrivano a spendere già l'80% del loro reddito in alimenti),
In questo momento di grandi tensioni nel mondo arabo, il prezzo degli alimenti contribuisce a creare tensioni e insofferenza nelle popolazioni più deboli. Inoltre, come già segnalato nel post sulla povertà, quando nel 2008 aumentarono i prezzi degli alimenti una delle ricadute fu l'aumento della mortalità, soprattutto infantile, per povertà. Si teme infatti che i denutriti del nostro pianeta risupereranno la quota di un miliardo.
A queste preoccupazioni, questa volta, si aggiungono anche quella sulla tenuta sociale di molti Paesi in difficoltà e quella sull'inflazione a livello mondiale.
Ma quali sono le cause degli aumenti? Gli analisti sostengono tesi a volte differenti, ma tutte concordano che tre cause concorrono (con un peso diverso) all'impennata dei prezzi: cattivo andamento dei raccolti (siccità, inondazioni, allagamenti), aumento del costo del petrolio e speculazioni finanziarie.
Su tutte le cause vi sono ovviamente dei possibili correttivi, come ad esempio non dimenticare nelle politiche di sviluppo il ruolo dell'agricoltura e dei miliardi di contadini che vivono nel mondo o il controllo attento dei prezzi dei fertilizzanti e dei derivati del petrolio. La cosa sconcertante è l'aspetto speculativo, capace, attraverso sofisticati meccanismi finanziari o mediante l'accaparramento di stock di alimenti, di generare profitti enormi anche a costo di affamare o uccidere milioni di individui.
Certo è necessario ricordare che sfamare quasi 8 miliardi di persone non è facile e sarà sempre meno facile.
I prezzi alimentari sono saliti a gennaio 2011 del 3,4% rispetto a dicembre 2010 toccando il livello più alto mai raggiunto dal 1990, cioè da quando attraverso il Food Prix Index (Indice dei prezzi alimentari) la FAO monitorizza i prezzi delle derrate alimentari.
La situazione preoccupa gli economisti della FAO soprattutto per le ricadute che questi rialzi - e la previsione che i rincari continueranno nei prossimi mesi - hanno nei paesi a basso reddito, i quali potrebbero trovare difficoltà ad importare prodotti alimentari.
I prezzi hanno superato quelli dell'estate del 2008, quando a causa della crisi economica mondiale, si ebbero violenze e rivolte soprattutto in Africa (in particolare in Egitto) e nel Sud Est Asiatico, dove le famiglie povere spendono già una parte consistente del loro reddito per il cibo (alcune famiglie arrivano a spendere già l'80% del loro reddito in alimenti),
In questo momento di grandi tensioni nel mondo arabo, il prezzo degli alimenti contribuisce a creare tensioni e insofferenza nelle popolazioni più deboli. Inoltre, come già segnalato nel post sulla povertà, quando nel 2008 aumentarono i prezzi degli alimenti una delle ricadute fu l'aumento della mortalità, soprattutto infantile, per povertà. Si teme infatti che i denutriti del nostro pianeta risupereranno la quota di un miliardo.
A queste preoccupazioni, questa volta, si aggiungono anche quella sulla tenuta sociale di molti Paesi in difficoltà e quella sull'inflazione a livello mondiale.
Ma quali sono le cause degli aumenti? Gli analisti sostengono tesi a volte differenti, ma tutte concordano che tre cause concorrono (con un peso diverso) all'impennata dei prezzi: cattivo andamento dei raccolti (siccità, inondazioni, allagamenti), aumento del costo del petrolio e speculazioni finanziarie.
Su tutte le cause vi sono ovviamente dei possibili correttivi, come ad esempio non dimenticare nelle politiche di sviluppo il ruolo dell'agricoltura e dei miliardi di contadini che vivono nel mondo o il controllo attento dei prezzi dei fertilizzanti e dei derivati del petrolio. La cosa sconcertante è l'aspetto speculativo, capace, attraverso sofisticati meccanismi finanziari o mediante l'accaparramento di stock di alimenti, di generare profitti enormi anche a costo di affamare o uccidere milioni di individui.
Certo è necessario ricordare che sfamare quasi 8 miliardi di persone non è facile e sarà sempre meno facile.
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