I dimenticati, è un libro che Ettore Mo, inviato speciale del Corriere delle Sera, scrive nel 2003 ed è pubblicato dalla Rizzoli. Sono diciannove racconti, dal mondo globalizzato, in con cui Ettore Mo tenta di far luce su "coloro che vivono nei sotterranei della storia". I primi due racconti, quelli che interessano l'Africa, riguardano la Nigeria e il Mali.Nel sud-est della Nigeria, nella regione di Taraba, Mo si imbatte in interi villaggi condannati alla cecità dalla oncocercosi.
L'immagine della ragazzina che accompagna un'intero gruppo familiare di ciechi resta senz'altro nell'immaginario del lettore. Mo osserva questo luogo del pianeta, che a tutti consiglia di tenersi alla larga, come fosse - credo a ragione - un girone dantesco dell'Inferno. L'oncocercosi, conosciuta come cecità dei fiumi (River Blindness per gli anglofoni) è una malattia infettiva causata da un nematode (della famiglia dei vermi) chiamato Onchocerca volvulos. Il parassita è trasmesso agli uomini attraverso un moscerino della famiglia dei Simulidae (le cui larve si sviluppano solo in acqua corrente - ecco la relazione con i fiumi). Il moscerino funge da vettore e inocula nell'ospite (uomo) le larve del parassita che inizia a migrare nel sottocute, sia accresce e si moltiplica. I vermi maturano in circa 1-3 mesi, giungundo da adulti a misurarare tra i 3 e i 70 centrimetri e ad incistarsi in noduli (oncocermoni). A quel punto le femmine mature formano delle microfilarie (fino a 1000 al giorno) che si diffondono nell'organismo. Perchè la malattia possa dare i primi segni occorrono tra i 7 mesi e i 3 anni. Le manifestazioni sono di tipo dermatologico. Uno delle complicanze è appunto la cecità quando le microfilarie invadono il nervo ottico.
Il trattamento farmacologico avviene con farmaci capaci di uccidere le microfilarie, mentre è molto più difficile uccidere il parassita maturo.Ecco comunque il sito dell'Organizzazione Mondiale della Sanità sull'oncocercosi e sui programmi di prevenzione atto.
Oggi la cecità dei fiumi è presente solo in 30 paesi africani (oltre che allo Yemen e alcuni sporadici casi in Sud America) dove si registrano la quasi totalità dei casi. Uno studio del 2008 porta a stimare oltre 18 milioni i malati, mentre sono 300 mila gli africani che non vedranno più la luce.
Il secondo reportage di Ettore Mo è in Mali tra le minere di sale di Taudenni. Un luogo dove il tempo sembra essersi fermato. Nel mezzo del deserto gli uomini (nel passato era stato tentato di far giungere le famiglie nelle vicinanze delle miniere) estraggono a mano le lastre di sale, lavorando dall'alba a quando il sole lo permette e soprattutto fino a quando il loro contratto lo permette (mediamente devono estrarre da 4 a 8 lastre al giorno, ognuna di circa 40 chili, per circa 80 euro al mese). A trasportare poi verso Timbuctu (circa 800 chilometri di deserto) il sale ci pensano ancora i cammelli e i carovanieri che attraversano il deserto così come avviene da oltre 5 secoli.
Ettore Mo, piemontese, è uno straordinario cronista e inviato di guerra. Ha sempre pensato che un buon cronista deve essere nei posti dove avvengono gli eventi. Una volta ebbe a dire "quando hai avuto modo di essere testimone dei grandi eventi non riesci più a farne a meno". E' stato in Iran alla caduta dello Scià, poi in Afghanistan, paese del quale diventa un grande esperto e nel quale tesse un rapporto di profonda amicizia con un uomo straordinario come Ahmad Massoud, ucciso due giorni prima dell'attacco alle torri gemelle. Chiude la sua carriera nella guerra dell'ex-Jugoslavia. I suoi reportages dal mondo oltre ad aver permesso di comprendere aspetti spesso più nascosti della politica estera sono diventati libri che hanno accompagnato la nostra conoscenza su luoghi e persone spesso dimenticate.
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