Ieri, 16 ottobre era il Word Food Day, voluto dalla FAO (che oggi celebrerà la giornata a Roma - vedi programma) e quest'anno intitolato "Food Price - from crisis to stability".
La FAO dal 1990 monitorizza - con un indice chiamato indice dei prezzi alimentari (Food Prix Index)- i prezzi delle derrate alimentari nel mondo (sono 55 "gli articoli" monitorati tra materie prime e prodotti alimentari). Nel febbraio scorso la Fao aveva lanciato un allarme sui prezzi degli alimenti mai così alti dal 1990 (Sancara ne aveva parlato in questo post). Gli economisti, a volte divisi sulle cause di questi aumenti, sono giunti ad una conclusione concordata: è finita l'epoca dei cibi a basso costo. Ora è chiaro che questa affermazione contiene in sè un dramma enorme. Solo nel biennio 2010-2011 si stima che siano stati circa 70 milioni di individui che nel mondo hanno raggiunto la fascia (già molto affollata) dell'estrema povertà. Altri milioni di individui sono destinati alla stessa sorte nei prossimi anni. Del resto guardando lo storico dell'indice dei prezzi appare evidente che qualcosa è cambiato, purtroppo per sempre. Quella che tutti chiamano "crisi" altro non è che una logica conseguenza di quello che accade nel sistema mondo e delle sottovalutazioni che sono state protagoniste del passato.
Le cause degli aumenti dei prezzi stanno in almeno 5 fattori, che sommano la loro incidenza, creando una miscela esplosiva, eccoli:
- aumento della domanda di materie prime alimentari da parte dei paesi emergenti (Cina, India, Russia e Brasile in testa). Tradotto in linguaggio semplice significa che sono aumente il numero di persone che non si accontentano più di una ciotola di riso.
- condizioni climatiche che incidono sulla quantità e sulla qualità dei prodotti alimentari (siccità, alluvioni, incendi).
- fattore speculativo - i mercati si sa sono cinici e spietati. A loro non interessa il fattore umano (spesso chi opera non conosce nemmeno le conseguenze delle sue azioni, ma vede solo il profitto che da esse deriva). Nel 2010 le operazioni finanziarie su materie prime alimentari (attraverso gli strumenti derivati) sono cresciute del 15% rispetto all'anno prima. Secondo alcuni studiosi da essi deriva il 50% degli aumenti dei prezzi.
- prezzo del petrolio che incide sui costi di produzione delle materie prime alimentari.
- riduzione dei terreni agricoli per l'aumento della prodzione di biocarburanti.
Gli effetti degli aumenti dei prezzi sono molteplici e si differenziano a secondo dell'area geografica e della ricchezza dei paesi. Il primo effetto dell'aumento delle materie prime agricole e l'aumento dei prezzi degli alimenti (la stima è che in Europa sarà intorno al 18-20% nel 2011). Stando in Europa l'effetto conseguente sarà l'aumento dell'inflazione (con tutte le conseguenze economiche derivate: aumento dei tassi d'interesse e rallentamento dei consumi). Fuori dall'Europa, nei paesi meno poveri, aumenteranno le tensioni sociali dovute agli incrementi dei prezzi alimentari, mentre nei paesi molto poveri la conseguenza devastante sarà quella della fame e della morte.
Di contro, da parte dei paesi ricchi che non dispongono di terreni fertili, aumenterà la richiesta di "comprare o prendere in prestito terreni" in altri paesi, soprattutto quelli poveri, utilizzando quella pratica conosciuta come land grabbing.
Vi è la necessità di assumere quanto prima delle decisioni capaci di contribuire alla soluzione degli effetti conseguenti all'aumento dei prezzi alimentari.
In primo luogo la lotta alle speculazioni finanziarie, attraverso un sistema di regole che consenta una limitazione dei mercati nel contesto della produzione alimentare. E' impensabile continuare a tollerare che alcuni possano arricchirsi sulla vita (soprattutto sulla morte) di altri individui. Così come è indipensabile rilanciare una nuova "rivoluzione verde" per il rilancio su scala globale dell'agricoltura, perchè da questo rilancio dipende la capacità di sfamare il nostro pianeta nel futuro. Un rilancio che oltre ad investimenti agricoli, mirati e puntuali, preveda anche un sistema globale di riserve alimentari per far fronte a quei fattori non facilmente prevedibili o evitabili. Infine - come più volte abbiamo sottolineato - serve una lotta parallela alla questione del land grabbing prima che sia troppo tardi.
Vi è la necessità di far pressione sugli organismi internazionali perchè - nell'interesse dell'umanità intera - si assumano decisioni coraggiose e urgenti atte a scongiurare l'aggravarsi di una "crisi" (che qualcuno ha definito lo tsunami silenzioso) che ha già ucciso troppi innocenti.
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