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martedì 24 aprile 2012

Sudan e Sud Sudan ancora ai ferri corti

Come molti avevano previsto, la tensione tra il Sudan e il Sud Sudan, divenuto stato indipendente nel luglio scorso, cresce di ora in ora e la situazione è oramai molto vicina alla guerra franca. Le Nazioni Unite e la comunità internazionale sono intervenuti nei giorni scorsi chiedendo ai governi il rispetto dei civili, la cessazione delle ostilità e la ripresa dei negoziati. Il Segretario Generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon ha affermato che "la popolazione sudanese non ha bisogno di un'altra guerra". Il pensiero è naturalmente agli oltre due decenni di guerra tra il il Sud Sudan e il governo centrale (1983-2005), che ha prodotto oltre 2 milioni di morti (altri 500 mila sono stati i morti della prima guerra civile sudanese, 1955-1972). 

Mappa tratta da Limes
Il motivo dell'ostilità tra i due paesi si chiama petrolio. Il Sudan (inteso come paese prima della divisione) estraeva 241 mila barili di petrolio al giorno nel 2002 che sono diventati quasi 600 mila nel 2011. 
Molto del petrolio - comprese le riserve certe - si trova nel Sud Sudan (o in territori contesi lungo i 1800 chilometri di confine) - il 75% secondo le ultime stime - e necessita di passare per il Sudan (attraverso gli oleodotti) verso il Mar Rosso.
Il petrolio rappresenta il 98% delle entrate del Sud Sudan.

Negli ultimi tempi le tensioni sono cresciute ed entrambi i paesi si palleggiano, giocando con il fuoco, le responsabilità su chi ha iniziato per prima. Nella rete si possono trovare tutte le possibili combinazioni sulle cronache belliche di questi ultimi tempi. La diatriba si complica con aspetti religiosi, il Sudan a maggioranza islamico e il Sud Sudan a maggioranza cristiana e ancor di più con le interferenze (e gli interessi) internazionali.

Le ingerenze internazionali sono sicuramente il punto più complicato della situazione sudanese. Il Sudan, guidato da Omar El Bashir a seguito di un golpe dal 1989, ha alle spalle i paesi islamici del golfo (Iran in testa) oltre alla Cina che controlla il 70% del petrolio, in cambio di ingenti investimenti e armi. El Bashir è accusato, sin dal 2008, dal Tribunale Penale Internazionale di crimini contro l'umanità per i fatti avvenuti nel Darfur, sebbene Unione Africane e Lega Araba non riconoscono tale incriminazione. Da sempre è ritenuto dagli Stati Uniti un complice del terrorismo islamico, per aver ospitato Osama Bin Laden.
Il Sud Sudan, guidato da Salva Kiir Mayardit (che è subentrato allo storico leader della SPLA John Garang, a seguito della morte, avvenuta nel 2005, in uno strano incidente in elicottero), ha alle spalle Stati Uniti e Israele. Gli Stati Uniti hanno avviato una lunga "sponsorizzazione" del nuovo Stato, che ha coinvolto attori famosi e organizzazioni, secondo i più "maligni" per installare in Sud Sudan la più grande base militare e di controllo dell'Africa. Inoltre gli Stati Uniti sono accusati di aver supportato militarmente la SPLA anche quando "arruolava forzatamente" bambini soldato. Israele, che sin dalle origini ha sovvenzionato (spesso in armi) i "ribelli del Sud", in chiave prima "anti-palestinese" (il Sudan ospitava basi del terrorismo palestinese) e successivamente in chiave puramente anti-islamica. 

Infine, non vanno trascurate le ingerenze delle potenze locali (Egitto a nord ed Etiopia a sud) nonchè le dinamiche che si stanno sviluppando in tutto il Medio-Oriente e in particolare attorno alla crescente tensione tra Israele e Iran. Il Sudan, per le sue risorse e per la sua posizione, rischia di diventare un centro strategico della nuova geopolitica afro-medio orientale.

Le tensioni tra i due paesi, ed una sempre più probabile "terza guerra", rendono l'area ancora più incandescente. Del resto i due paesi sono intimamente legati e l'uno senza l'altro non può sopravvivere. Il Sud Sudan ha il petrolio (ma non ha infrastrutture e sbocco al mare), il Sudan ha meno petrolio, ma oleodotti e soprattutto un grande porto (Porto Sudan) nel mar Rosso per trasportare l'oro nero.


Rifugiati, dal sito NGO New Africa
La scomparsa del leader storico della SPLA John Garang - che era un convinto assertore della Federazione Sudanese (due nazioni autonome all'interno di un'unico Stato) - ha fatto prevalere l'ala indipendentista e militarista. Su questo tema vi rimando a questa interessante analisi di Fulvio Beltrami, dello scorso anno, e che forse aiuta a comprendere le questioni del presente.


Nel mezzo, come sempre (e in questi luoghi oramai da oltre mezzo secolo), vi è la popolazione civile. Perennemente in fuga e ai limiti della sopravvivenza. Generazioni intere nate e morte in guerra, costrette a morire di fame, in balia degli interessi di altri. Popolazioni che hanno l'unica colpa, quella di vivere in una terra che "galleggia" sul petrolio.

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