Lo scorso luglio, The Fund for Peace, organizzazione indipendente americana nata nel 1957, ha stilato l'annuale classifica Failed State Index. Una classifica di 177 stati del mondo che tiene conto di 12 indicatori sociali, economici e poltici (dopo aver analizzato milioni di documenti ufficiali) e che ha lo scopo di favorire le azioni e lo studio di poltiche capaci di prevenire e ridurre i conflitti che generano le guerre. La questione degli stati in via di fallimento è molto seria, poichè stando agli analisti (si veda il post di Sancara del 2010 su questo tema: Stati in via di fallimento: il trionfo dell'Africa) i paesi "falliti" o vicini ad esserlo (ovvero con strutture statali inesistenti e incapaci di controllare il proprio territorio) rappresentano un rischio e una minaccia internazionale di enorme portata. Essi sono infatti focolai di ogni forma di illegalità quali il terrorismo, i traffici illeciti di droghe e armi, oltre che di uomini e profughi, e rappresentano un rischio anche per la diffusione di gravi malattie.
Del resto è difficile non essere d'accordo sul fatto che, in assenza di istituzioni credibili e capaci di essere punto di riferimento per i cittadini e per la "comunità" internazionale, gli Stati sono in preda alla "legge del più forte". Non a caso da anni in testa a questa speciale classifica vi sono paesi come la Somalia (da oltre 20 anni senza un goevrno) e la Repubblica Democratica del Congo (in cui intere zone, ricche di materie prime, sono sotto il controllo di bande e personaggi loschi di ogni specie).
Somalia, foto Jeffrey Gettleman |
La classifica del 2012 vede 33 stati nella zona definita di "allerta" (punteggio maggiore a 90). Erano 37 nel 2010 e 35 nel 2011. Di questi 33 stati 21 sono paesi africani (che diventano 22 se aggiungiamo il Sud Sudan, inserito in classifica ma, con dati incompleti). Sia nel 2010 che nel 2011 gli stati africani nella fascia di allerta erano 22.
Ecco la lista dei primi 10 posti, ovvero gli stati più prossimi al fallimento (i primi due sono, di fatto, già tecnicamente falliti).
- Somalia
- RD Congo
- Sudan
- Ciad
- Zimbabwe
- Afghanistan
- Haiti
- Yemen
- Iraq
- Repubblica Centro Africana
Sono poi 92 gli stati nella fascia di "attenzione" (92 nel 2010 e 89 nel 2011), 39 quelli inseriti nella fascia di "moderata sostenibilità" (34 nel 2010 e 40 nel 2011), infine 13 quelli definiti "sostenibili" (13 nel 2010 e 12 nel 2011).
A capeggiare la classifica in senso positivo si riconferma la Finlandia (era la Norvegia nel 2010), seguita da Svezia, Danimarca, Svizzera, Norvegia, Lussemburgo, Nuova Zelanda, Irlanda, Canada, Austria, Olanda, Islanda e Australia.
RD Congo, Profughi nel Kivu (www.ingeta.com) |
Se è vero che le classifiche degli ultimi 3 anni si differenziano di poco, è bene sottolineare alcune specificità. La prima, e forse la più evidente, è quella della Libia, che per le note vicende (e per quelle purtroppo ancora in corso) balza dalla 111° posizione alla 50° (tra l'Angola e la Georgia).
Stessa sorte, con variabili differenti, per le altre nazioni della "cosidetta primavera araba": l'Egitto e la Tunisia perdono 14 posizioni. Mentre la Siria (i cui fatti si sono molto aggravati dopo la compilazione della lista ) perde per ora 25 posizioni.
Vale la pena sottolineare anche il calo della Grecia (al 138° posto), sebbene meno evidente di quello che si potrebbe pensare (del resto chi ha visitato la Grecia questa estate racconta di una situazione migliore, per ora, di quella che viene descritta dai nostri media).
In senso positivo è bene ricordare le 15 posizioni guadagnate da Cuba, le 11 della Repubblica Domenicana e le 10 del Kirgyzstan e della Bosnia.
Vedi i post di Sancara sullo stesso tema: