Africa Addio, è un film documentario del 1966, girato da Franco Prosperi e Gualtiero Jacopetti. Un film - poco adatto agli stomaci deboli - che ha suscitato, al tempo della sua uscita, aspre polemiche. Definito scomodo, disonesto, cinico, parziale, irritante e politicamente scorretto, tanto per citare alcune delle critiche più diffuse, voleva rappresentare (e raccontare) l'Africa durante la fine del colonialismo e il passaggio del testimone del governo agli africani.
Il film ebbe un buon successo di pubblico (vinse anche un David di Donatello ex-equo come miglior produzione) e fu molto criticato. Accusato di razzismo e di apologia del colonialismo, mentre gli autori furono accusati di aver manipolato le immagini (cosa poi parzialmente ammessa) e di essere filo-fascisti. Il film, così come le critiche, debbono essere contestualizzate. Negli anni sessanta il processo di decolonizzazione fu ostacolato da una parte politica e favorito da un'altra, su questo non vi è ombra di dubbio.
Girato in tre anni di lavoro, il film cinematograficamente è un buon prodotto.
Per chi ama l'Africa, per chi vuole conoscere l'Africa e per chi vuole serenamente giudicare quest'opera è un film senz'altro da vedere (se le immagini forti non vi disturbano).
Guardandolo ci si immerge in una sagra di orrori, che sotto certi versi anticipano quello che in diverse occasioni - e spesso in modo numericamente più tragico - è avvenuto in Africa nei 50 anni successivi. Esecuzioni sommarie, genocidi, amputazioni, strerminio di animali e violenze.
Naturalmente oltre che dalle immagini, anche dal commento degli autori è possibile comprendere l'irritazione che il film destò alla sua uscita (l'uso ossessivo del termine negro, alcune affermazioni storicamente errate, alcune semplicistiche valutazioni dei fatti avvenuti e la totale decontestualizzazione dei fatti).
Il punto centrale del film è il passaggio dall'amministrazione coloniale a quella africana. Si sottolinea da una parte l'ordine e la bellezza (i giardini delle case coloniche, le norme a protezione degli animali, i prodotti provenienti da ogni parte del mondo, le tranquille missioni, la vita dei bianchi e perfino la caccia alla volpe fatta da un pezzo di volpe trascinato con una corda da un ragazzino africano) e dall'altra il caos e la violenza (i Mau-Mau e le loro violenze, gli stermini degli animali, i saccheggi, la distruzione delle merci, i genocidi e gli assalti alle missioni).
Foto di una scena del film |
E' bene sottolineare che gli autori non risparmiano critiche anche all'amministrazione coloniale e ai bianchi. Certo ai coloni non vengono addossate responsabilità di quanto avverrà poi in Africa, cosa forse non del tutto corretta.
Del resto durante il film parlando dei "ribelli" dell'Angola si afferma che "hanno voluto ignorare il motto bianchi e neri, tutti portoghesi", dimenticando che il Portogallo si trova ad oltre 1000 chilometri di distanza. Oppure quando si afferma che "l'Africa non è più quella antica degli esploratori" dimenticando che la storia dell'Africa inizia molto prima e indipendentemente dagli esploratori.
Così come stride la definizione del Sudafrica come "un miracolo" nel bel mezzo dell'apartheid e dopo aver mostrato l'oro e le borse del Sudafrica (con tutti bianchi) e i lavoratori delle miniere (con tutti neri). Oppure dopo aver documentato giovani ragazze zulu durante le riprese di un film ed aver commentato come la ragazza zulu, ora emancipata e vestita, "nuda era una preda come una femmina negra".
Infine come non irritarsi a fronte di una immagine dei mercenari bianchi (quelli di Ciombè in Congo) e ai parà belgi descritti come salvatori dei bianchi in Congo e a protezione delle violenze dei neri (ma come? i militari belgi non erano gli stessi che avevano sciolto nell'acido l'ex primo ministro Lumumba?).
Certo il genocidio degli arabi a Zanzibar durante la rivoluzione del 1964 (fatto ancora poco studiato), sebbene con qualche imprecisione storica sulla figura dell'ugandese John Okello, è sconvolgente, così come lo sono il mucchio di mani amputate in Sudan, i cadaveri ammucchiati nel Congo e gli ippopotami e gli elefanti streminati in Kenya. L'Africa, lo sappiamo, ha prodotto (e purtroppo contunua a farlo) anche queste orribili nefandezze, frutto del più barbaro animo umano, paragonabile agli orrori che gli stessi bianchi hanno compiuto in Africa e altrove.
Il film si chiude con i pinguini del Sudafrica - giunti dal Polo - ed ora stranieri in questa terra.
Insomma un film intriso di contraddizioni e per questo assolutamente da vedere.
Posto anche questo articolo su Africa Addio di Francesco Lamendola, per chi vuole approfondireanche le critiche che furono fatte al film.
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