La carità che uccide è un libro della giovane economista dello Zambia Dambisa Moyo, pubblicato da Rizzoli nel 2010 (il libro è del 2009). E' un testo che ha fatto molto discutere, perchè è un duro attacco, competente e lucido, al mondo della cooperazione e soprattutto degli aiuti allo sviluppo. E' vero che l'autrice fa una netta distinzione tra quelli che chiama "gli aiuti di emergenza" donati soprattutto dalle organizzazioni non governative e quelli degli accordi bilaterali o multilaterali tra i governi. Ma, la sua distinzione è liquidata con un semplice: i primi sono bricciole.
La sua tesi è di assoluta linearità e difficilmente contrastabile. A partire degli anni '50 in Africa sono stati investiti oltre un trilione di dollari e la povertà e l'ingiustizia sono aumentati, mentre lo sviluppo economico ha un saldo negativo. Di conseguenza si può affermare che tali aiuti siano stati un fatto negativo per l'intera Africa. Il libro della Moyo si configura come una severa critica a quella politica, fallimentare, di sviluppo post-bellica.
La sua è un'attenta ricostruzione storica delle decisioni e degli eventi che hanno accompagnato le politiche di "aiuto allo sviluppo" che hanno consentito di far crescere vertiginosamente il debito estero ed hanno finanziato generazioni di dittatori, cleptomani e regimi clientelari. Insomma incentivando una corruzione diffusa che è oggi un muro quasi invalicabile nell'economia africana.
Nell'affermare che gli aiuti non sono serviti e non servono all'Africa, la Moyo descrive tutta una serie di paradossi e incongruenze che hanno caratterizzato decenni di aiuti (la stessa Banca Mondiale ha affermato che l'85% degli aiuti sono stati utilizzati a scopi diversi da quelli per cui erano stati stanziati). Inoltre la sua tesi è quella - difficimente non condivisibile - che gli aiuti hanno viziato l'intero sistema economico e sociale africano. Tale è stata la pressione e l'innesto di capitali che i governi sono stati "più interessati a promuovere i propri interessi finanziari che non a favorire l'impreditoria e lo sviluppo del loro ceto medio", con evidenti problemi di crescita e di democrazia. La stessa Moyo definisce gli aiuti "un killer silenzioso della crescita" e poichè non è la prima volta che gli economisti criticano gli aiuti allo sviluppo, la Dambisa propone anche una serie di azioni necessarie ad una nuova era per lo sviluppo, decondizionata dai massicci aiuti economici.
Sicuramente un capitolo del libro della Moyo che ha fatto discutere è quello della difesa della presenza cinese in Africa chiamato "i cinesi sono nostri amici".
La sua tesi parte da questo assioma: "negli ultimi sessant'anni nessun paese ha mai prodotto un impatto maggiore sul tessuto politico, economico e sociale dell'Africa quanto la Cina dall'inizio del millennio". Un paese come la Cina in cui "negli ultimi dieci anni la sua economia si è espansa addirittura del 10% l'anno ha un disperato bisogno delle materie prime che l'Africa può fornire", "invece di conquistare l'Africa con le canna del fucile, sta usando la leva del denaro".
Ella continua affermando "nessuno può negare che la presenza della Cina in Africa sia motivata dal petrolio, dall'oro...., ma dire che l'africano medio non ne trae alcun vantaggio è una falsità, e i critici lo sanno".
Sui critici la Moyo scrive "L'offensiva cinese in Africa non è passata inosservata: le critiche fioccano, in particolare da parte di quanti si arrogano il diritto di decidere il destino del continente come se fosse una loro precisa responsabilità, ossia la totalità dei liberal occidentali..... nutrono il recondito timore politico che, se non controllata, la Cina userà l'Africa come trampolino per la propria marcia inarrestabile verso l'espansione mondiale?"
"Molti africani si fanno beffe dell'irritazione degli occidentali....Dopotutto, i più famigerati sfruttatori e despoti africani sono saliti al potere e hanno prosperato sotto gli auspici degli aiuti, della buona volontà e della trasparenza degli occidentali."
Un libro che consiglio vivamente di leggere, che aiuta a comprendere molto sulla realtà africana di oggi e sulle possibile vie alternative allo sviluppo.
La sua è un'attenta ricostruzione storica delle decisioni e degli eventi che hanno accompagnato le politiche di "aiuto allo sviluppo" che hanno consentito di far crescere vertiginosamente il debito estero ed hanno finanziato generazioni di dittatori, cleptomani e regimi clientelari. Insomma incentivando una corruzione diffusa che è oggi un muro quasi invalicabile nell'economia africana.
Nell'affermare che gli aiuti non sono serviti e non servono all'Africa, la Moyo descrive tutta una serie di paradossi e incongruenze che hanno caratterizzato decenni di aiuti (la stessa Banca Mondiale ha affermato che l'85% degli aiuti sono stati utilizzati a scopi diversi da quelli per cui erano stati stanziati). Inoltre la sua tesi è quella - difficimente non condivisibile - che gli aiuti hanno viziato l'intero sistema economico e sociale africano. Tale è stata la pressione e l'innesto di capitali che i governi sono stati "più interessati a promuovere i propri interessi finanziari che non a favorire l'impreditoria e lo sviluppo del loro ceto medio", con evidenti problemi di crescita e di democrazia. La stessa Moyo definisce gli aiuti "un killer silenzioso della crescita" e poichè non è la prima volta che gli economisti criticano gli aiuti allo sviluppo, la Dambisa propone anche una serie di azioni necessarie ad una nuova era per lo sviluppo, decondizionata dai massicci aiuti economici.
Sicuramente un capitolo del libro della Moyo che ha fatto discutere è quello della difesa della presenza cinese in Africa chiamato "i cinesi sono nostri amici".
La sua tesi parte da questo assioma: "negli ultimi sessant'anni nessun paese ha mai prodotto un impatto maggiore sul tessuto politico, economico e sociale dell'Africa quanto la Cina dall'inizio del millennio". Un paese come la Cina in cui "negli ultimi dieci anni la sua economia si è espansa addirittura del 10% l'anno ha un disperato bisogno delle materie prime che l'Africa può fornire", "invece di conquistare l'Africa con le canna del fucile, sta usando la leva del denaro".
Ella continua affermando "nessuno può negare che la presenza della Cina in Africa sia motivata dal petrolio, dall'oro...., ma dire che l'africano medio non ne trae alcun vantaggio è una falsità, e i critici lo sanno".
Sui critici la Moyo scrive "L'offensiva cinese in Africa non è passata inosservata: le critiche fioccano, in particolare da parte di quanti si arrogano il diritto di decidere il destino del continente come se fosse una loro precisa responsabilità, ossia la totalità dei liberal occidentali..... nutrono il recondito timore politico che, se non controllata, la Cina userà l'Africa come trampolino per la propria marcia inarrestabile verso l'espansione mondiale?"
"Molti africani si fanno beffe dell'irritazione degli occidentali....Dopotutto, i più famigerati sfruttatori e despoti africani sono saliti al potere e hanno prosperato sotto gli auspici degli aiuti, della buona volontà e della trasparenza degli occidentali."
La Moyo durante la presentazione del libro a Bologna |
Dambisa Moyo, nata nel 1969 e cresciuta in Zambia, ha studiato economia a Oxford e Harvard ed ha anche una laurea in Chimica. Ha lavorato alla Banca Mondiale e alla Goldman Sachs. E' sicuramente, in ambito economico, una delle donne più influenti del pianeta. In Italia ha presentato più volte i suoi lavori. La foto a lato è tratta dalla presentazione di questo libro a Bologna, dal blog della rivista Africa e Mediterraneo.
Ecco il suo sito ufficiale
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