E' stato presentato alla Mostra del Cinema di Venezia il film di Carlo Mazzacurati "Medici con l'Africa" (vi rinvio a questo post su Bussole di Repubblica di Ilvo Diamanti) che racconta la straordinaria esperienza dell'Organizzazione non Governativa CUAMM- Medici con l'Africa di Padova e dei molti volontari che hanno prestato e continuano a prestare la loro opera nei luoghi più sperduti del continente africano. Non ho visto il film - che mi dicono sia molto ben fatto e toccante per i suoi contenuti- ma leggendone le recensioni mi è venuto in mente qualcosa avvenuto una ventina di anni fa.
Bansang Hospital, foto dalla rete |
All'epoca, era il 1992-1994, ero in Gambia, precisamente presso l'Ospedale Regionale di Bansang, ad oltre 350 chilometri dalla capitale del piccolo paese dell'Africa Occidentale, Banjul.
L'ospedale, costruito dalla cooperazione italiana negli anni '60, era ancora efficiente e ben organizzato. Un reparto di medicina generale, un maternità e un reparto di pediatria. Una sala operatoria attrezzata, un buon dipartimento per gli ambulatori (comprensivi di clinica dentistica e clinica oculistica), il dispensario per la tubercolosi e la lebbra, una sala radiografica, un piccolo laboratorio, una farmacia, una grande cucina e un generatore di corrente, piccolo, ma capace di sopperire alle frequenti mancanza di fornitura elettrica. Vicino una ben organizzata scuola infermieri e un grande compound per il personale. Insomma tutto (e molto di più) di quello che serve ad un ospedale africano post in un villaggio di poco più di 2000 persone e capace di servire un'area da circa 300 mila persone.
Mi occupavo di statistica sanitaria e di Primary Health Care per conto di una ONG italiana, che aveva inviato sul posto anche un medico e un'infermiera presso il reparto di Pediatria.
Quando arrivai, a dirigere l'Ospedale vi era un medico della cooperazione olandese con grande esperienza manageriale, alla fine del suo contratto.
Lo staff medico era composto da un medico nigeriano con un contratto di cooperazione con il suo governo e un gruppo di medici cinesi che provenivano letteralmente da un'altro pianeta (scrivevano rigidamente le cartelle in cinese, usavano solo i loro farmaci e praticavano l'agopuntura e i massaggi ai pazienti).
Solo due mesi dopo, il medico olandese, finì il suo contratto e giunsero a Bansang altri due medici della cooperazione olandese, con una buona esperienza di chirurgia. Uno dei due assunse anche la direzione dell'Ospedale.
Ora lo staff medico era composto dal nostro medico di pediatria (ironia della sorte con specializzazione in geriatria!), dai due medici olandesi, dal medico nigeriano (per un periodo furono in due) e dai cinesi. I cinesi, in tutto una dozzina di persone, oltre a vivere in un compound isolato e protetto, erano pagati dal governo del Gambia attraverso l'ospedale. La prima cosa che scoprimmo fu che erano tutti pagati come medici, mentre in realtà vi erano due autisti, un interprete, un cuoco, una agopunturista, una massaggiatrice, una farmacista e due tecnici di radiologia e laboratorio. I medici erano solo quattro.
La paga di un medico - iniziai ad occuparmi delle questioni informatiche legate all'amministrazione dell'Ospedale - era la tempo tra i 1000 e i 1200 dalasi (circa 200-240 mila lire, oggi 100-120 euro).
Mentre gli infermieri e le ostetriche dell'ospedale venivano inviati dalla capitale, per un periodo di due anni, obbligati a lavorare "in periferia". Altri frequentavano direttamente la scuola SEN a Bansang, mentre nessun medico del paese aveva mai solcato i corridoi dell'Ospedale di Bansang.
In Gambia nel 1993 vi erano 34 medici (quasi tutti laureati in Gran Bretagna). Alcuni (pochi, se la memoria non mi inganna, sette o otto) lavoravano nell'Ospedale della capitale, tre o quattro erano al Ministero della Salute e tutti gli altri (compresi gli ospedalieri) avevano studi privati dove curavano i ricchi e gli stranieri (turisti compresi) del paese.
A lungo discutemmo di quella strana situazione. A Bansang si praticavano oltre dieci interventi chirurgici al giorno (escludendo le urgenze, che non erano poche). Molti cesarei e un consistente numero di interventi di chirurgia minore (ernie e chirurgia ortopedica). Gli ambulatori scoppiavano letteralmente (vi era gente che trascorrava giorni prima di essere visitata), si assisteva ad una decina di parti al giorno e durante la stagione malarica la pediatria ospitava mediamente 3-4 bimbi per letto.
Senza i medici stranieri sarebbe stato un disastro. Ma, al tempo stesso, vie ra la consapevolezza che finchè vi erano i medici della cooperazione, nessun medico gambiano sarebbe mai giunto da queste parti.
Pochi mesi prima della nostra partenza, a dirigere l'Ospedale di Bansang, arrivò per la prima volta un medico gambiano. Aveva uno stipendio di quattro volte quello dei medici cinesi e forse, nella capitale, aveva pestato i piedi a qualcuno. Sembrava un uomo punito.
Spero che la situazione a Bansang (come altrove) sia cambiata. Resta sempre il grande quesito se sostitursi ad altri sia la soluzione giusta. Certo, anche il suo contrario.
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