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E' di questi giorni la notizia (ringrazio il blog Elmoamf per la segnalazione) che la Banca Mondiale, riunita nel meeting annuale a Tokyo (12-14 ottobre), ha liquidato, senza grande risalto e senza eccessivi approfondimenti la richiesta di Oxfam International di una moratoria sull'acquisto (e la vendita) di terre agricole, ritenendola inapplicabile.
La questione della moratoria non è nuova. Se è vero che Oxfam e altre ONG l'hanno chiesta insistentemente, è altrettanto vero che da anni le organizzazioni, a più livelli, la chiedono, senza ottenere risposte. Gia' due anni fa, in questo post, ricordavo come decisioni internazionali in merito a questo preoccupante fenomeno non vengono prese, mentre continua la caccia, quasi senza regole, alle terre.
Il 4 ottobre Oxfam aveva pubblicato un rapporto (qui la versione in italiano) sulla situazione,con lo slogan "chi ci prende la terra, ci prende la vita" denunciando come nell'ultima decade un territorio vasto come 10 volte la Gran Bretagna sia stato venduto (o 7 volte l'Italia).
L'acquisto di terre (naturalmente sempre da paesi poveri e spesso attraverso governi corrotti, di cui il 70% in Africa) non affronta il tema della povertà, anzi ne aggrava la situazione, costituisce una vera e propria rapina (le terre vengono vendute molto al di sotto del loro reale valore) e vengono fatte senza nessuna consultazione con le comunità locali che subisco decisioni dall'alto che rischiano di compromettere la loro stessa esistenza.
La Banca Mondiale, nonostante continui a far finta di vivere in un'altro pianeta, ha delle responsabilità enormi. Sia perchè finanzia direttamente gli investimenti fondiari (dal 2008 gli investimenti sono aumentati del 200%) sia perchè agisce da consulente (quando non determina) sulle politiche agricole ed economiche di paesi in via di sviluppo.
Certo - come afferma la stessa Banca Mondiale - nel 2050 il pianeta avrà bisogno di un aumento del 70% della produzione agricola mondiale - ma molti delle nuove acquisizioni di terre serve a fornire terra alla produzione di biocarburanti (per far fronte al caro petrolio), tagliando fuori intere aree dalla produzione agricola alimentare.
Di Land Grabbing bisogna continuare a parlarne. Il fatto che questo post sia pubblicato nel giorno del 25° anniversario dell'assassinio di Thomas Sankara, un uomo che aveva fatto del rapporto con le comunità locali e dell'autosufficienza alimentare la bandiera della sua rivoluzione, deve far riflettere su di un'altra Africa possibile.
Un buon punto di partenza per studiare il fenomeno è il libro-inchiesta di Stefano Liberti, Land Grabbing (MinimumFax, 2011)
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