Da tempo pensavo di fare una breve riflessione sugli uomini e le donne che frequentano, per "lavoro umanitario", l'Africa. Insomma quel variegato mondo di volontari, cooperanti, operatori umanitari, funzionari delle agenzie internazionali e dipendenti di aziende che operano nel campo della cooperazione inter-governativa, che si incontra in ogni angolo dell'Africa. Un mondo che in alcuni casi affolla letteralmente l'Africa, e si muove non sempre con intenti e obiettivi comuni. Alla base di tutto vi è la motivazione - diversa da individuo ad individuo - che spinge le persone recarsi - per periodi più o meno lunghi - in luoghi lontani e non sempre in situazioni tranquille e piacevoli.
Le discussioni di questi giorni durante il Forum della Cooperazione Internazionale a Milano, mi hanno indotto a finire questo post.
La cooperazione è qualcosa di complesso, i cui sviluppi (e la cui utilità) sono sempre stati oggetto di discussione. La cooperazione, al di là dei buoni propositi, è poi fatta, sul campo, da uomini e donne in carne ed ossa.
Le mie riflessioni sono frutto di molte osservazioni, sul campo e non, cronologicamente datate (anni '90), e che vogliono inquadrare alcune categorie di persone, spesso indipendentemente dal ruolo che svolgono, da quanto guadagnano e dall'efficacia del progetto di cooperazione a cui collaborano. L'aspetto economico è comunque un variabile di non poca importanza, perchè nel mondo generico della cooperazione la forbice degli "stipendi" è sempre stata molto, molto ampia. Al tempo si passava da 500 mila lire (250 euro) a 16 milioni (8000 euro), senza contare casa, auto, viaggi e spese pagate. Inutile essere falsi, per qualcuno, quella economica è la principale motivazione che spinge a frequentare quel mondo. Naturalmente parliamo di cooperazione allo sviluppo (quindi di progetti che avvengono in paesi che mantengono una struttura statale e amministrativa, degna di questo nome) e non di emergenze. Come è facile intuire intervenire in zone di guerra, durante carestie, grandi epidemie o eventi catastrofici naturali è tutta un'altra storia.
La categoria di chi va in Africa per denaro è tutt'altro che minoritaria. Al suo interno è l'atteggiamento verso gli altri che cambia notevolmente. Si passa dal totale distacco, quando non un marcato fastidio, per tutto ciò che avviene, mentre si conduce una vita di eccessi (e spesso di vero e proprio lusso) completamente distaccati dagli abitanti del posto. Non manca - di contro - anche chi, nonostante la principale motivazione sia il denaro, non esita ad intereagire con il mondo circostante, in modo efficace ed efficiente. A questa categoria appartengono molti dipendenti di aziende che svolgono cooperazione inter-governativa (forse più comprensibile, dato il loro ruolo), ma anche funzionari di agenzie internazionali e di grandi ONG (e questo è forse più discutibile).
Vi è poi la categoria di coloro i quali nel loro paese sarebbero dei perfetti sfigati. Si tratta di una variegata fetta del genere umano, che in Africa trova potere e possibilità di svolgere mansioni lavorative che altrove gli sarebbero precluse. Mi riferisco ad esempio a medici che in Italia sarebbero dei perfetti incapaci e che in Africa si ritrovano ad operare e a gestire situazioni difficili. Non entro nel merito della qualità, ma nel mio piccolo ho assistito a cose drammatiche. Oppure al meccanico che si ritrova a gestire un gruppo di 500 lavoranti, e che esercita il potere in modo dispotico e arrogante. Nel suo paese avrebbe senz'altro avuto qualcuno, gerarchicamente sopra di lui, che si comportava allo stesso modo.
La categoria degli uomini e delle donne in fuga è molto diffusa nel mondo della cooperazione. Sono persone che per svariati motivi "fuggono" dalla propria esistenza. Inultile dirlo che spesso alla base vi sono motivi sentimentali, esistenziali o luttuosi. E' una categoria complessa, la cui perfomarce, sul campo può essere molto diversa. Vi è il tentativo di ricostruire la propria integrità interiore, attraverso il servizio. Un "darsi agli altri" che può avere nobili risvolti, ma anche complicanze complesse.
La maggior parte degli "addetti alla cooperazione" hanno una forte motivazione religiosa. Tale motivazione e la fede, fanno compiere sacrifici enormi, che non sempre permettono di raggiungere l'obiettivo. A questa categoria appartengono coloro i quali dedicano la loro esistenza al servizio degli altri, spesso degli ultimi. Premettendo di avere grande rispetto per questa tipologia di motivazioni (pur partendo da una posizione laica), spesso genuina e solare, ho sempre sottolineato come essa sia spesso acritica. Accetta, forse con troppa rassegnazione e con spirito fatalista, delle condizioni che invece richiederebbero maggiori azioni e fermezza. Al tempo (spero che le cose siano cambiate) alcuni dogmi religiosi, come l'avversione alla contraccezione, rendevano spesso inaccettabili queste posizioni.
Di contro, vi è un'altro folto gruppo, la cui motivazione è di tipo politica e laica. E' una posizione che è all'origine della cooperazione laica, che voleva scardinare anche dei modelli di sviluppo e delle imposizioni imposte dagli altri. Questa categoria che a volte permetteva il giusto inquadramento dei problemi e la giusta soluzione, in altre circostanze, proprio perchè intrisa di una certa utopia, rischiava di complicare situazioni che forse necessitavano di un'azione più semplice e lineare. Sicuramente oggi motivazioni strettamente politiche hanno lasciato il posto a posizioni più legate allo sviluppo sostenibile, all'ambiente e ai diritti universali. L'approcio politico ha anche determinato eccessi come qualche cooperante passato al servizio della guerriglia in Nicaragua o altrove.
Vi è poi una categoria quasi ermetica dei competenti, ovvero di coloro i quali sono talmente specializzati o preparati che è difficile trovare qualcuno che faccia il lavoro per loro. Penso ad esempio ad un cardiochirurgo o a uno specialista di settori di nicchia. E' vero che spesso sono soggetti che permangono poco sul posto, macinando una grande quantità di lavoro. A questa categoria (o comunque similare) appartengono anche gli alti funzionari delle agenzie internazionali, che oltre ad essere ben pagati, spesso si arrogano il diritto di avere sul campo la soluzione ad ogni problema, salvo poi essere - spesso - puntualmente smentiti dalla realtà. Quello delle competenze è un tema ricorrente nel mondo della cooperazione, poichè per lungo tempo si è ritenuto che era più importante avere una forte motivazione.
Una categoria a parte è quella dei curiosi e viaggiatori che sono una fetta non insignificante del mondo della cooperazione. Quell'universo di persone in cui il conoscere e l'entrare il relazione con altri (siano essi individui o culture o lingue o tradizioni) è l'elemento essenziale che li spinge a intraprendere un'esperienza di questo genere. Sono persone che spesso hanno anche delle ottime professionalità o capacità, che mettono al servizio con generosità e altruismo. Intereagiscono fortemente con l'ambiente circostante e vivono la loro esperienza come una tappa importante della loro vita. Di contro, come è facile immaginare, rischiano di essere inaffidabili.
Naturalmente gli esseri umani sono complicati, e queste sono semplici categorie.
Le discussioni di questi giorni durante il Forum della Cooperazione Internazionale a Milano, mi hanno indotto a finire questo post.
La cooperazione è qualcosa di complesso, i cui sviluppi (e la cui utilità) sono sempre stati oggetto di discussione. La cooperazione, al di là dei buoni propositi, è poi fatta, sul campo, da uomini e donne in carne ed ossa.
Le mie riflessioni sono frutto di molte osservazioni, sul campo e non, cronologicamente datate (anni '90), e che vogliono inquadrare alcune categorie di persone, spesso indipendentemente dal ruolo che svolgono, da quanto guadagnano e dall'efficacia del progetto di cooperazione a cui collaborano. L'aspetto economico è comunque un variabile di non poca importanza, perchè nel mondo generico della cooperazione la forbice degli "stipendi" è sempre stata molto, molto ampia. Al tempo si passava da 500 mila lire (250 euro) a 16 milioni (8000 euro), senza contare casa, auto, viaggi e spese pagate. Inutile essere falsi, per qualcuno, quella economica è la principale motivazione che spinge a frequentare quel mondo. Naturalmente parliamo di cooperazione allo sviluppo (quindi di progetti che avvengono in paesi che mantengono una struttura statale e amministrativa, degna di questo nome) e non di emergenze. Come è facile intuire intervenire in zone di guerra, durante carestie, grandi epidemie o eventi catastrofici naturali è tutta un'altra storia.
La categoria di chi va in Africa per denaro è tutt'altro che minoritaria. Al suo interno è l'atteggiamento verso gli altri che cambia notevolmente. Si passa dal totale distacco, quando non un marcato fastidio, per tutto ciò che avviene, mentre si conduce una vita di eccessi (e spesso di vero e proprio lusso) completamente distaccati dagli abitanti del posto. Non manca - di contro - anche chi, nonostante la principale motivazione sia il denaro, non esita ad intereagire con il mondo circostante, in modo efficace ed efficiente. A questa categoria appartengono molti dipendenti di aziende che svolgono cooperazione inter-governativa (forse più comprensibile, dato il loro ruolo), ma anche funzionari di agenzie internazionali e di grandi ONG (e questo è forse più discutibile).
Vi è poi la categoria di coloro i quali nel loro paese sarebbero dei perfetti sfigati. Si tratta di una variegata fetta del genere umano, che in Africa trova potere e possibilità di svolgere mansioni lavorative che altrove gli sarebbero precluse. Mi riferisco ad esempio a medici che in Italia sarebbero dei perfetti incapaci e che in Africa si ritrovano ad operare e a gestire situazioni difficili. Non entro nel merito della qualità, ma nel mio piccolo ho assistito a cose drammatiche. Oppure al meccanico che si ritrova a gestire un gruppo di 500 lavoranti, e che esercita il potere in modo dispotico e arrogante. Nel suo paese avrebbe senz'altro avuto qualcuno, gerarchicamente sopra di lui, che si comportava allo stesso modo.
La categoria degli uomini e delle donne in fuga è molto diffusa nel mondo della cooperazione. Sono persone che per svariati motivi "fuggono" dalla propria esistenza. Inultile dirlo che spesso alla base vi sono motivi sentimentali, esistenziali o luttuosi. E' una categoria complessa, la cui perfomarce, sul campo può essere molto diversa. Vi è il tentativo di ricostruire la propria integrità interiore, attraverso il servizio. Un "darsi agli altri" che può avere nobili risvolti, ma anche complicanze complesse.
La maggior parte degli "addetti alla cooperazione" hanno una forte motivazione religiosa. Tale motivazione e la fede, fanno compiere sacrifici enormi, che non sempre permettono di raggiungere l'obiettivo. A questa categoria appartengono coloro i quali dedicano la loro esistenza al servizio degli altri, spesso degli ultimi. Premettendo di avere grande rispetto per questa tipologia di motivazioni (pur partendo da una posizione laica), spesso genuina e solare, ho sempre sottolineato come essa sia spesso acritica. Accetta, forse con troppa rassegnazione e con spirito fatalista, delle condizioni che invece richiederebbero maggiori azioni e fermezza. Al tempo (spero che le cose siano cambiate) alcuni dogmi religiosi, come l'avversione alla contraccezione, rendevano spesso inaccettabili queste posizioni.
Di contro, vi è un'altro folto gruppo, la cui motivazione è di tipo politica e laica. E' una posizione che è all'origine della cooperazione laica, che voleva scardinare anche dei modelli di sviluppo e delle imposizioni imposte dagli altri. Questa categoria che a volte permetteva il giusto inquadramento dei problemi e la giusta soluzione, in altre circostanze, proprio perchè intrisa di una certa utopia, rischiava di complicare situazioni che forse necessitavano di un'azione più semplice e lineare. Sicuramente oggi motivazioni strettamente politiche hanno lasciato il posto a posizioni più legate allo sviluppo sostenibile, all'ambiente e ai diritti universali. L'approcio politico ha anche determinato eccessi come qualche cooperante passato al servizio della guerriglia in Nicaragua o altrove.
Vi è poi una categoria quasi ermetica dei competenti, ovvero di coloro i quali sono talmente specializzati o preparati che è difficile trovare qualcuno che faccia il lavoro per loro. Penso ad esempio ad un cardiochirurgo o a uno specialista di settori di nicchia. E' vero che spesso sono soggetti che permangono poco sul posto, macinando una grande quantità di lavoro. A questa categoria (o comunque similare) appartengono anche gli alti funzionari delle agenzie internazionali, che oltre ad essere ben pagati, spesso si arrogano il diritto di avere sul campo la soluzione ad ogni problema, salvo poi essere - spesso - puntualmente smentiti dalla realtà. Quello delle competenze è un tema ricorrente nel mondo della cooperazione, poichè per lungo tempo si è ritenuto che era più importante avere una forte motivazione.
Una categoria a parte è quella dei curiosi e viaggiatori che sono una fetta non insignificante del mondo della cooperazione. Quell'universo di persone in cui il conoscere e l'entrare il relazione con altri (siano essi individui o culture o lingue o tradizioni) è l'elemento essenziale che li spinge a intraprendere un'esperienza di questo genere. Sono persone che spesso hanno anche delle ottime professionalità o capacità, che mettono al servizio con generosità e altruismo. Intereagiscono fortemente con l'ambiente circostante e vivono la loro esperienza come una tappa importante della loro vita. Di contro, come è facile immaginare, rischiano di essere inaffidabili.
Naturalmente gli esseri umani sono complicati, e queste sono semplici categorie.
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