Continua, indisturbata, la mattanza nel Kivu
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E' di soli pochi giorni fa l'ultimo rapporto del United Nations Joint Human Rights Office (UNJHRO) che descrive, nei dettagli, l'ennesima violazione dei diritti umani (si parla nel periodo aprile-settembre 2012 di 264 civili, molti dei quali donne e bambini, barbaramente uccisi) da parte dei vari gruppi, e gruppuscoli, di miliziani nel territorio Masisi nel Nord Kivu. Le situazioni investigate dalle Nazioni Unite chiamano in causa gli uomini delle milizie Raia Mutomboki (un gruppo auto-organizzato il cui nome in swahili significa "uomini arrabbiati", sorto nel 2005, composto da uomini di etnia Tembo, Hunde e Rega), di quelle Mayi Mayi Kifuafua (in swahili "persone orgogliose che si battono il petto") e del Democratic Forces for the LIberation of Rwanda (FDLR), che sono di fatto gli autori, di etnia hutu, del genocidio del 1994 in Ruanda fuggiti nella Repubblica Democratica Congo. I gruppi miliziani Mayi Mayi sono nati originariamente in modo spontaneo per contrastare appunto i massacratori del Ruanda, che scappati nel Kivu, riorganizzavano le milizie dai campi profughi. Molti dei leaders dei gruppi Mayi Mayi sono militari che si sono rifiutati (o a volte hanno ammutinato) di entrare nell'esercito "regolare" del Congo (il FARDC, le Forze Armate della Repubblica Democratica del Congo), convinti dell'incapacità di questi di difendere le popolazioni (oggi infatti essi attaccano i villaggi al grido "ritornate in Ruanda"). E' chiaro che il genocidio del Ruanda e l'arrivo prima dei profughi ruandesi e poi degli stessi autori dei massacri, è stato la causa della totale instabilità del area del Kivu e al tempo stesso l'origine della cacciata del dittatore Mobutu (1997) dal paese. Kabila che scalzò Mubutu fu appoggiato fortemente dal Ruanda (oltre che dall'Uganda) proprio allo scopo di contrastare la riorganizzazione degli hutu nella regione del Kivu. Bisogna anche sottolineare come l'esercito regolare della Repubblica Democratica del Congo, sia realmente debole e incapace di controllare il territorio.
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In realtà nel corso del tempo gli intenti originali sono stati stravolti e la questione centrale è diventata la protezione degli ingenti denari che si ricavano dalle innumerevoli risorse che quel territorio offre.
Come si evince dell'agghiacciante rapporto (è da ricordare che dal 2000 nell'area sono presenti oltre 16 mila uomini della missione di pace MONUSCO delle Nazioni Unite), le scorribande e i massacri nei villaggi sono all'ordine del giorno e le modalità di attacco sono simili tra tutti i gruppi. Modalità analoghe, del resto, a quelle attuate durante il genocidio del Ruanda: l'uso del machete, attacchi ai luoghi di culto, stupri e brutali omicidi assieme agli altri elementi classici dei conflitti africani: arruolamento forzato di bambini, mutilazioni e svuotamento dei territori.
Dietro a questa apparente questione "etnica", si cela appunto uno degli affari globali più ampi del pianeta (si vede questo rapporto delle Nazioni Unite del 2011 che prova a quantificare gli importi in gioco). Il sottosuolo del Kivu, ricco di coltan, rame, diamanti, zinco, cobalto, stagno e oro, oltre che della preziosa foresta, alimenta milizie di ogni genere (se ne contano oltre una trentina e ognuna delle quali a volte controlla una singola miniera) e permette a paesi privi di tali risorse, come il Ruanda, di controllare il mercato (in cambio di armamenti ai vari gruppi di autodifesa, che hanno anche lo scopo di contrastare le milizie hutu). A loro volta le milizie del FDLR sono armate oltre che dalla risorse, anche da ruandesi che oggi vivono in Africa, in Europa e negli Stati Uniti.
Bisogna essere chiari mentre in quell'area a pagare le conseguenze maggiori sono le popolazioni civili, che contano meno dell'erba che si calpesta, che quando non vengono massacrate sono costrette a fuggire, a beneficiare delle ricchezze e dei traffici illegali (il caos, la guerra e l'anarchia favoriscono il molto più lucroso traffico illegale) siamo noi. La nostra vita quotidiana, che dipende dai materiali che vengono usati nei nostri telefonini, nei nostri computer e in molte delle cose che gelosamente e orgogliosamente possediamo, è intrisa del sangue e delle lacrime dei congolesi.
Sui Raia Mutomboki vi segnalo questo post dal Blog Congo Siasa
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