Si è appena conclusa l'orgia dei ragali natalizi. Per chi come me ha ancora dei figli piccoli, non è facile sottrarsi a mode e tendenze, e si finisce nelle ultime ore della vigilia di Natale, per deambulare tra immensi depositi di ogni genere di giocattoli, in preda al panico e alla ricerca dell'ultima cosa che manca. Ma ogni volta, inevitabilmente, affiora qualche piccolo ricordo "africano" sui giochi.
foto dal sito AfriGadget |
Un giorno, molti anni dopo, mentre uscivo dall'ospedale di Bansang, vidi alcuni bambini che con una fionda colpivano una vecchia lattina arrugginita, ad una ragguardevole distanza. Incuriosito, mi avvicinai e chiesi loro di provare la fionda. Tirava benissimo ed era fatta con assoluta precisione. Guardai allora l'elastico e, sorpresa, era fatto con un catetere urinario! I bambini, rovistando tra i rifiuti ospedalieri avevano trovato un'ottimo materiale, elestico e resistente, per i loro giochi. Grazie alla complicità di un'infermiera del reparto maschile di medicina, riuscimmo a far passare nel disinfettante i cateteri usati e a metterli in un contenitore separato. Credo di aver contribuito, assieme a Maimuna, alla produzione di fionde per alcuni mesi.
foto dalla rete |
I giochi prodotti dai bambini africani sono stupendi (sicuramente come lo erano quelli dei nostri antenati). Vi è una capacità di ricavare dagli oggetti a disposizione stupende creazioni adatte al divertimento quotidiano. Si ricicla qualsiasi cosa, trasformandola in fantasiose creazioni. Lattine, tappi di bottiglie, plastiche, legno e scatole di ogni tipo sono la base da cui far partire l'invenzione. I palloni, ad esempio, vengono ricavati intrecciando qualsiasi cosa, dalle stoffe alle foglie di banano, creando così il giusto peso e una forma quasi perfetta.
foto dalla rete |
Da Bansang a Banjul, vi erano circa 350 chilometri di strada, alcuni tratti erano in buone condizioni, altri con enormi buche che rallentavano l'andatura in modo considerevole. Nonostante le strade fossero semi-deserte, percorrere il tragitto in meno di cinque ore era quantomai difficile. Circa a metà strada, vi era un piccolo villaggio, di cui non ricordo il nome, con un piccolo chiosco che vendeva bibite fresche, conservate in un frigo alimentato a gas. Era il mio posto fisso dove fare una breve sosta, fumare una sigaretta e fare quattro chiacchiere. Un giorno, mi allontanai un pò dalla strada e vidi una ventina di bambini intenti a fare una partita di calcio. Qualche viaggio dopo, mi fermai, e giocai un pò con loro. Il loro pallone era fatto di pezzi di stoffa, legati e messi insieme con molta maestria, al punto tale che, al netto di una diversa densità (mancava il vuoto interno), non si giocava poi così male.
Qualche tempo dopo regalai ai bambini un pallone vero, con ago e pompa per gonfiarlo. In realtà, poichè giocando con loro avevo capito che vi erano, come sempre accade, i bambini più grandi che tentavano di monopolizzare la palla, decisi di affidare il compito di custodia alla signora del chiosco di bevande. Passai moltre altre volte e giocai con loro fino alla mia partenza, quando il pallone era oramai consumato.
Naturalmente in Africa esistono anche molti giochi che derivano dalla tradizione e che sono stati tramandati, così come avviene per il nostro nascondino o mosca cieca, di generazione in generazione. A tal proposito vi linko questo post sui giochi dal blog Elisa in Tanzania.
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