Moolaadè è un film del 2004 (uscito però in Italia l'8 marzo 2006) ed è l'ultimo film diretto e prodotto dal senegalese Ousmane Sembene, ultraottantenne durante le riprese, prima della sua morte avvenuta nel 2007.
E' un film coraggioso e di denuncia. Coraggioso perchè rompe uno schema classico che vuole il rispetto delle tradizioni sopra ogni cosa, anche a rischio di sfidare e allontanare le cose, buone, che la modernità porta con se. Di denuncia, anch'essa coraggiosa, perchè prende una posizione chiara ed inequivocabile a favore delle donne africane e contro le orrende pratiche della mutilazione genitale femminile.
Sembene lo fa nel suo modo. Un film girato in un villaggio del Burkina Faso (Djerisso) a ritmi lenti, parlato in bambara (con sottotitoli in francese nella versione originale) e scandito dalle musiche del maestro Boncana Maiga.
La storia è forte e drammatica. Ruota attorno alla figura di una donna, Collè Gallo Ardo (interpretata dall'attrice Fatoumata Couliboly), che ingaggia una lotta a difesa di quattro bambine che si erano rifiutate di farsi "tagliare" (escissione del clitoride). Collè, che già si era rifiutata di far tagliare la figlia (dopo che due altre delle sue figlie erano morte a seguito della stessa pratica), decide di concedere asilo (moolaadè, protezione) nel suo compound alle bambine (cosa ritenuta, per cultura, inviolabile), contro la volontà delle stesse mamme e degli uomini del villaggio. La storia scorre apparentemente senza soluzioni, fino al punto in cui due omicidi sconvolgono tutti. Il primo è quello di una delle quattro bambine, che rapita dalla madre, muore dopo essersi opposta, vanamente, con tutte le sue forze all'escissione, il secondo è quello di un personaggio, chiamato il Mercenario, uomo rientrato al villaggio dopo aver vissuto in Europa, che viene assassinato la notte stessa in cui ha fermato la mano del marito di Collè mentre la frustava per punirla della sua indisciplina.
E' un film coraggioso e di denuncia. Coraggioso perchè rompe uno schema classico che vuole il rispetto delle tradizioni sopra ogni cosa, anche a rischio di sfidare e allontanare le cose, buone, che la modernità porta con se. Di denuncia, anch'essa coraggiosa, perchè prende una posizione chiara ed inequivocabile a favore delle donne africane e contro le orrende pratiche della mutilazione genitale femminile.
Sembene lo fa nel suo modo. Un film girato in un villaggio del Burkina Faso (Djerisso) a ritmi lenti, parlato in bambara (con sottotitoli in francese nella versione originale) e scandito dalle musiche del maestro Boncana Maiga.
La storia è forte e drammatica. Ruota attorno alla figura di una donna, Collè Gallo Ardo (interpretata dall'attrice Fatoumata Couliboly), che ingaggia una lotta a difesa di quattro bambine che si erano rifiutate di farsi "tagliare" (escissione del clitoride). Collè, che già si era rifiutata di far tagliare la figlia (dopo che due altre delle sue figlie erano morte a seguito della stessa pratica), decide di concedere asilo (moolaadè, protezione) nel suo compound alle bambine (cosa ritenuta, per cultura, inviolabile), contro la volontà delle stesse mamme e degli uomini del villaggio. La storia scorre apparentemente senza soluzioni, fino al punto in cui due omicidi sconvolgono tutti. Il primo è quello di una delle quattro bambine, che rapita dalla madre, muore dopo essersi opposta, vanamente, con tutte le sue forze all'escissione, il secondo è quello di un personaggio, chiamato il Mercenario, uomo rientrato al villaggio dopo aver vissuto in Europa, che viene assassinato la notte stessa in cui ha fermato la mano del marito di Collè mentre la frustava per punirla della sua indisciplina.
Solo quando Collè, apparentemente sconfitta, rinuncia al moolaadè, le donne del villaggio assumono una posizione chiara e comune, costringendo le salindane (donne che praticano l'escissione) a restituire i loro affilati coltelli. Di fronte poi degli uomini del villaggio si compie l'ultimo gesto di coraggio, quando il figlio del capo villaggio rifiuta il potere del padre e decide di sposare Amsatou, la figlia di Collè, anche se bilakoro (non tagliata, non purificata) e pronuncia la frase forse più incisiva del film, ovvero "per fare un uomo non basta avere i pantaloni".
Il film rappresenta senz'altro la vittoria delle donne contro questa terribile pratica (vi rimando per tutte le informazioni a questo vecchio post di Sancara, Mutilazioni genitali femminili, uno stupro silenzioso) che lede la dignità delle donne. Il film è divenuto subito uno strumento utilizzato nei programmi di prevenzione alle mutilazioni genitali,anche in Italia. Ma le chiavi di lettura possono essere molteplici. Sembene, da maestro del cinema qual'era, gioca sul piano del conflitto, sempre esistente, tra tradizione e modernità (il film si chiude con le immagini di un'antenna televisiva sulla moschea). Il rogo delle radio (gli uomini decidono di bruciare tutte le radio del villaggio perchè, a loro avviso, sono le parole che da esse provengono ad aver istigato la ribellione di Collè), che rimanda alla mente altri roghi frutto dell'oscurantismo, simboleggia l'ennesimo e vano tentativo di bloccare il tempo.
Nel film è possibile anche vedere uno straordinario documentario sulla vita quotidiana africana, dove le donne svolgono un ruolo fondamentale. Un film da vedere, capace di indignare e di far sorridere, dove la sofferenza e il dolore sono non vengono mostrati con ostinazione, ma lasciati sul piano dell'immaginazione dello spettatore. Un film girato con grande arte, come solo uno straordinario maestro del cinema come Sembene poteva regalarci.
La moschea del film , dalla rete |
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