foto da La Stampa |
In questi giorni si è molto (?) parlato del nuovo rapporto sulla povertà pubblicato dalla Banca Mondiale. Come avviene oramai da almeno quattro decenni, si raccontano di progressi significativi e si annuncia per il futuro, sempre più lontano, lo stop alla povertà estrema. Questa volta si parla del 2030.
Nel Rapporto "The State of Poor", pubblicato in questi giorni, si afferma che dal 1981 al 2010 la percentuale di popolazione mondiale che vive con meno di 1,25 dollari al giorno (cifra aggiornata dal precedente di un dollaro al giorno) è scesa dal 52% al 21%, con numeri assoluti da 1,9 miliardi a 1,2 miliardi.
Questa prima affermazione dovrebbe rendere tutti parzialmente contenti.
Se si scende poi nel dettaglio, si scopre che la performance migliore in questi anni arriva dalla Cina (dall'84% del 1981 al 12% del 2010, che in numeri assoluti significano da 835 milioni di cinesi che vivevano con meno di 1,25 dollari al giorno a 156 milioni). Bene anche il resto dell'Asia, dove si è passati dal 60% al 33% in India, o dal 61% al 13% in Asia Orientale (senza Cina).
La nota negativa arriva dall'Africa. Nel 1981 la popolazione dell'Africa Sub-Sahariana che viveva con meno di 1,25 dollari al giorno era del 51%, nel 2010 (dopo decenni di costose politiche per lo sviluppo) è scesa al 48%!!!
Ma non è finita, l'Africa Sub-Sahariana è l'unico luogo del pianeta dove i poveri estremi sono aumentati da 205 milioni nel 1981 a 414 milioni nel 2010.
La Banca Mondiale allora "lancia l'ennesimo allarme", si legge sui giornali, come se questo fosse una novità. Il Presidente Jim Young Kim, concede poi in una dichiarazione, che è una sfida. "... Questa fotografia deve essere di insegnamento alla comunità internazionale (come se loro fossero extra-terrestri) affinchè si mobiliti per combattere ancora di più la povertà, la nostra analisi e i nostri suggerimenti (apprendiamo dal Presidente che la Banca Mondiale suggerisce invece di investire o prestare denaro) possono essere utili per concludere questa battaglia entro il 2030".
Nel 2000 fu lanciato il programma denominato "Obiettivi di Sviluppo del Millennio", il punto di arrivo fissato era il 2015, ora all'approssimarsi di tale data, si sposta tutto in avanti, come se nulla fosse.
Questo blog, dopo aver raccontato dei 10 obiettivi, ha più volte sottolineato come la fame in Africa rappresenti una sfida con cui le politiche attuali sono totalmente inadeguate. La povertà e la fame, che come le definiva Thomas Sankara, "sono un'arma formidabile" continuano a sterminare intere generazioni in Africa.
Si stima che oltre un trilione di dollari siano stati investiti per lo sviluppo in Africa a partire dagli anni '50 (di questi un terzo abbondante da parte della Banca Mondiale) senza che vi fosse una ricaduta reale tra la popolazione più povera. Come scriveva qualche anno fa Alex Zanotelli "e' ora che la Banca Mondiale diventi più saggia, imparando dai disastri del passato, altrimenti è meglio che chiuda".
La sensazione è che il passato non abbia insegnato nulla.
La Banca Mondiale è un organismo internazionale, nato alla fine del 1945 come Banca Internazionale per la Ricostruzione e lo Sviluppo, allo scopo di aiutare la ricostruzione dell'Europa e del Giappone dopo la seconda guerra mondiale. Dagli anni sessanta ha iniziato ad "occuparsi", a seguito del processo di decolonizzazione, dei paesi dell'Africa, dell'Asia e del Latino America. Secondo molti le sue politiche economiche (che hanno fatto indebitato fortemente i paesi) hanno contribuito a peggiorare la situazione generale dei paesi in via di Sviluppo. Pur essendo considerata un'agenzia specializzata della Nazioni Unite, il presidente della Banca Mondiale è nominato dal maggiore azionista, ovvero gli Stati Uniti d'America. Non inganni che l'attuale presidente, nominato il 1 luglio 2012, sia un coreano. Jim Young Kim, medico nato nel 1959, si è trasferito con la famiglia (padre docente universitario) negli Stati Uniti quando aveva 5 anni.
Ecco un estratto del Rapporto "The State of Poor"
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