Le crisi umanitarie si susseguono nel nostro pianeta con un ritmo impressionante. Non passa anno che in una o più zone del mondo non si scateni una situazione tale da indurre popolazioni intere ad abbandonare le loro case, le loro terre e i loro affetti e fuggire, lontano.
Oggi Siria, Centrafrica, Repubblica Democratica del Congo, Mali, Libia e Tunisia ieri Afghanistan, Azeibaijan, Etiopia, Costa d'Avorio, Bosnia, Georgia, Somalia, Iraq, Libano, Burundi, Ruanda, Liberia e Sierra Leone e prima ancora Cambogia, Angola, Vietnam, Sahara Occidentale, Colombia, Kosovo, Palestina e Yemen. Insomma le crisi sembrano non finire mai e, una volta iniziate, raramente si concludono.
foto dal sito Aliceforchildren |
L'ultimo rapporto dell'UNHCR (l'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati) parla chiaro. Sono oltre 38,5 milioni i rifugiati del pianeta e negli ultimi 10 anni sono aumentati.
Un esercito di disperati che vivono lontano dalla propria casa, in campi allestiti dalle Nazioni Unite o dalle ONG, completamente assistiti (e spesso questo crea una situazione migliore che per molti villaggi non troppo distanti) senza talora nessuna speranza di poter rientrare nelle loro case. Sono quasi 18 milioni di rifugiati interni (cioè che vivono lontano da casa, ma all'interno del proprio paese) e 10,5 milioni quelli che invece vivono in un altro paese.
Numeri impressionanti, che debbono far inorridire tutti noi. Scorrendo l'elenco dei paesi con maggior numero di rifugiati scopriamo come veramente le crisi non si chiudono mai. Al primo posto l'Afghanistan con 2,5 milioni di rifugiati che, oramai da decenni, vivono lontano (1,6 milioni in Pakistan), poi la Somalia con 1,1 milioni (un paese che da venti anni non ha un governo e vive dimenticato da tutti), oltre 750 mila dall' Iraq, altri 570 mila nel Sudan e 500 mila dalla Repubblica Democratica del Congo.
foto dalla rete |
Molti di loro non hanno avuto nemmeno il tempo di raccogliere le proprie cose, altri hanno lasciato alle spalle famiglie decimante, altri ancora hanno subito violenze inaudite e altri ancora hanno fatto cose atroci. E' un'umanità che pochi conoscono, perchè è meglio non parlarne. Ne sanno qualcosa i volontari che quotidianamente operano nei campi profughi.
A Dadaab in Kenya, a Yarmouk in Siria, a Tindourf in Algeria, a Kobe in Etiopia a Gihente nella Repubblica Democratica del Congo, a Zaatari in Giordania la vita è completamente assistita. Le violenze e i suprusi non si contano.
Bambini che nascono, crescono e spesso muoiono in questi luoghi che, nonostante tutto, sono sempre provvisori. La speranza un giorno di rientrare nella propria casa, passa solo con la morte.
La questione vera è che spesso, anche una volta risolta la crisi, raramente si creano le condizioni per un rientro in patria. Vi è sempre qualcosa o qualcuno che lo impedisce. Ancora più drammatico è pensare che nella maggior parte dei casi le crisi si sarebbero potute evitare e che spesso i paesi che gestisco il "dopo" sono anche quelli che hanno avuto grandi responsabilità nel "prima".
Ecco perchè la polemica (su cui anche Sancara era intervenuto) relativa alla realizzazione di un reality show, "The Mission", che la Rai, in collaborazione con l'ONG Intersos e la UNHCR, sta preparando per l'autunno, è divampata in modo forte in questi ultimi giorni (si possono seguire tutti gli interventi sulla pagina Facebook di African Voices).
Un conto è la gestione quotidiana della difficile vita nei campi (di cui UNCHR e ONG, sono esperti assolutamente insostituibili) un'altra è la possibilità di intevenire sulle cause delle crisi, sulla loro prevenzione e sulla tempistica della chiusura delle crisi medesime. Senza una precisa e corretta informazione (talora fortemente critica verso la comunità internazionale) vi è il pericolo di far passare il concetto che le crisi umanitarie sono inevitabili e che l'unico modo per intervenire (mettendo in pace anche la propria coscienza) sia quella della raccolta fondi (non fraintendete, cosa sicuramente utile per queste emergenze).
Questo tipo di televisione, con la presenza di qualche personaggio famoso e un gruppo di una ventina tra tecnici, operatori e cameraman, condita anche da qualche modo poco corretto di ottenere i permessi alle riprese,rischia di far peggio.
La questione vera è che spesso, anche una volta risolta la crisi, raramente si creano le condizioni per un rientro in patria. Vi è sempre qualcosa o qualcuno che lo impedisce. Ancora più drammatico è pensare che nella maggior parte dei casi le crisi si sarebbero potute evitare e che spesso i paesi che gestisco il "dopo" sono anche quelli che hanno avuto grandi responsabilità nel "prima".
Ecco perchè la polemica (su cui anche Sancara era intervenuto) relativa alla realizzazione di un reality show, "The Mission", che la Rai, in collaborazione con l'ONG Intersos e la UNHCR, sta preparando per l'autunno, è divampata in modo forte in questi ultimi giorni (si possono seguire tutti gli interventi sulla pagina Facebook di African Voices).
Un conto è la gestione quotidiana della difficile vita nei campi (di cui UNCHR e ONG, sono esperti assolutamente insostituibili) un'altra è la possibilità di intevenire sulle cause delle crisi, sulla loro prevenzione e sulla tempistica della chiusura delle crisi medesime. Senza una precisa e corretta informazione (talora fortemente critica verso la comunità internazionale) vi è il pericolo di far passare il concetto che le crisi umanitarie sono inevitabili e che l'unico modo per intervenire (mettendo in pace anche la propria coscienza) sia quella della raccolta fondi (non fraintendete, cosa sicuramente utile per queste emergenze).
Questo tipo di televisione, con la presenza di qualche personaggio famoso e un gruppo di una ventina tra tecnici, operatori e cameraman, condita anche da qualche modo poco corretto di ottenere i permessi alle riprese,rischia di far peggio.
Bisogna rompere il silenzio, raccontare le cose come stanno, mettere alle strette chi poteva intervenire (e ancora può farlo) preferendo invece restare a guardare, avere il coraggio di denunciare i colpevoli (perchè sempre le crisi hanno nomi, cognomi e cause ben precise e non sono una cosa da accettare con rassegnazione) anche quando hanno la giacca e cravatta, affermando il principio che campi profughi sono emergenze e non soluzioni per la vita.
Ecco l'ultimo report dell'UNHCR - Global Trends 2012
2 commenti:
Salve Sancara,
Innanzi tutto buon ferragosto per quel "poco" che vale.
Mi era parso ad un certo punto che sostenessi il "reality" che personalmente ritengo "inopportuno spettacolo" anche quando si ispiri a finalità più alte.
La conclusione mi ha rassicurato in tal senso e nel medesimo senso spero io possa riprendere talvolta qualche articolo di questo Blog che silenziosamente apprezzo, per eventualmente riproporlo...
Un saluto ed un augurio di sempre miglior fortuna,
Elmoamf
Un saluto a te....ti confermo la mio assoluto disgusto per un'operazione di televisione e di marketing, di cui non abbiamo bisogno.
ciao
Gianfranco, Sancara
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