Le vecchie navi, quelle che comunemente sono chiamate le "carrette del mare", improvvisamente scompaiono, e per molti sembra esser finito il ciclo vitale di quei manufatti. Inizia invece una seconda vita, forse perfino più rischiosa e avventurosa. Queste navi (tolte quelle che vengono smantellate nei circuiti ufficiali, costosi) finisco in alcuni luoghi del pianeta, dove vengono letteralmente smantellate, pezzo per pezzo. L'operazione è fatta con standard di sicurezza molto bassi, da disperati che, spesso senza strumenti idonei, rischiano la propria vita per racimolare il denaro sufficiente per sopravvivere.
Sei paesi al mondo, smaltiscono oltre il 90% della flotta dismessa mondiale. India, Bangladesh, Pakistan, Cina, Turchia e Mauritania detengono questo poco invidiabile primato. Le navi, spesso con i loro residui tossici, rappresentano materiali altamente pericolosi, che è meglio far veder poco.
In Mauritania, il grande cimitero delle navi, si trova nella baia di Nouadhibou. Uno dei luoghi più pescosi dell'Africa (da lì si esportano ottime aragoste), che rischia di trasformarsi in una bomba ecologica.
La città di Nouadhibou, la seconda della Mauritania, posta quasi al confine con il Sahara Occidentale, è un importante porto, dove arriva la ferrovia sahariana (quella ferrovia dove viaggia il convoglio più lungo del mondo con i suoi 2,5 chilometri) che trasporta il ferro estratto dalle miniere dell'interno (Zouerat).
Per questa ragione, contrariamente ad altri luoghi del pianeta, dove le navi vengono smantellate per ricavarne ferro, in Mauritania il ferro (proveniente abbondante dalle miniere) non interessa molto e le navi vengono lasciate in balia del mare.
Per anni funzionari corrotti e politici arrivisti e cleptomani, hanno permesso (in cambio di mazzette e altro) di far arrivare nella baia, per il loro ultimo viaggio, centinaia di carrette del mare. Vascelli che qualcuno "dimenticava" poi nella baia. Oggi lo scenario della baia di Nouadhibar in Mauritania è inquietante (tra i primi a documentarlo fu il fotografo Jan Smith nel 2008).
In realtà i primi a lasciare le navi nella baia furono proprio i mauritani nel 1980, da lì il passo è stato breve.
Oggi si stimano che siano oltre 300 i relitti (secondo altri 500, di ogni nazionalità) abbandonati nella Baia (tra le miglia di barche di pescatori). Esse costituiscono non solo un problema ambientale, ma anche un problema alla navigazione portuale. Nel 2010 la comunità europea lanciò un progetto per la bonifica e la rimozione di 57 relitti (stanziando 26 milioni di euro).
L'Africa è diventata da tempo un luogo ideale dove scaricare i nostri rifiuti. In Mauritania le navi, in Ghana i materiali elettronici, in Somalia le scorie e i rifiuti. Spesso, perfino parlarne, è pericoloso.
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