Sono passati 20 anni dal terribile genocidio del Ruanda e proprio in questi giorni, nel 1994, la mattanza era in pieno corso.
Nel 2004, in occasione del decimo anniversario del genocidio, il regista americano Greg Barker produsse un documentario chiamato Spiriti del Ruanda (Ghosts of Rwanda), che racconta, attraverso le voci di molti protagonisti, quei terribili mesi.
E' un racconto cronologico che inizia nell'agosto 1993, quando le truppe dell'ONU, affidate al generale canadese Romeo Dellaire vengono posizionate nel paese.
Dallaire nei mesi precedenti all'inizio della carneficina tentò di mettere in guardia le Nazioni Unite, perchè era chiaro che qualcosa stava accadendo. La politica non interventista degli Stati Uniti ("non vogliamo un'altra Somalia") e la sottovalutazione degli uffici dell'ONU guidati allora da Kofi Annan (che poi diventerà Segretario generale), lasciarono che gli eventi percorressero strade inaudite. Quando il 6 aprile 1994, con l'assassinio del Presidente Juvenal Habyarimana e poche ore dopo del Primo Ministro Agatha Uwilinglyimane, venne dato il via a quanto da tempo progettato, la Comunità Internazionale fu trovata completamente impreparata.
Già il 10 aprile - dopo che 10 soldati belgi erano stati uccisi nelle prime ore- era chiaro che i militari stranieri sarebbero intervenuti (cosa che fecero) solo per evacuare i bianchi. Degli oltre 250 americani presenti in Ruanda, solo Carl Wilkens, un volontario della Chiesa avventista, restò nel paese, e ancor oggi nutre un forte senso di rabbia nei confronti degli Stati Uniti, il suo paese, che non vollero intervenire.
Il documentario racconta gli eventi attraverso interviste a Laura Lane (allora ambasciatrice in Ruanda), a Madeleine Albright (allora ambasciatrice americana all'ONU, nel 1997 diventata Segreteria di Stato), a Philippe Gaillard, responsabile della Croce Rossa in Ruanda, a Valentina, una delle poche superstiti del massacro nella chiesa di Nyarabuye, a Paul Kagame (allora capo dei ribelli del Fronte Patriottico, ora Presidente del Ruanda), a Kofi Annan e allo stesso Romeo Dallaire.
Il documentario percorre e intreccia storie diverse, tra chi viveva le atrocità nel paese e tentava con ogni mezzo (pochi, a dire il vero) di salvare vite umane e affermava "era come se il resto del mondo fosse sparito", tra chi nelle stanze dei bottoni non capiva o, molto peggio, faceva finta di con capire e a chi pur avendo capito viveva nella totale impotenza e perfino tra i carnefici ( "era come se ci avesse preso Satana. Non puoi dire che sei normale se macelli le persone").
Per settimane e settimane il mondo intero girò intorno alla parola genocidio, che nessuno voleva pronunciare perchè l'Umanità intera si era impegnata con un "MAI PIU'" dopo l'Olocausto. Riconoscere il genocidio (cosa che fu fatta postuma) equivaleva a dover tempestivamente intervenire.
Molte cose non sono ancora del tutto chiare, e forse è ancora necessario indagare per scoprire responsabilità e complicità nell'ultimo genocidio dell'Umanità. Certo spaventano le parole di Romeo Dallaire, quando racconta di aver tentato di negoziare direttamente con i carnefici ancora sporchi di sangue e di avere la sensazione di "non parlare con gli umani, ma con il male".
800 mila, forse un milione di morti massacrati a colpi di macete, ecco cosa accadde in quei 100 giorni.
Romeo Dellaire - che dopo il Ruanda è caduto in una forte depressione, affogata nell'alcol e con due tentativi di suicidio ("vivere con quei ricordi non è possibile"), che era stato mandato con una missione di pace, non smetteva di ripetere "la mia missione è fallita".
Certo è sicuramente fallita, ma è stata la missione dell'intera Umanità a fallire miseramente in Ruanda.
Ecco da youtube l'intero documentario:
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