Il Parco Nazionale del Kilimangiaro è una della maggiori mete turistiche dell'Africa. La montagna più alta dell'Africa (in realtà è uno stratovulcano con tre coni, il più alto, Kibo, posto a 5895 metri sul livello del mare), localizzata nel nord -est della Tanzania, ha sempre affascinato l'uomo.
Il suo picco, ricoperto da neve e ghiaccio perenne, ha simboleggiato l'Africa ed ha ispirato racconti come quelli di Ernest Hemingway nel 1936 (Le nevi del Kilimangiaro). Non vi è dubbio, dalla cittadina di Moshi così come dai parchi limitrofi, lo spettacolo della cima innevata è straordinario. Incute bellezza, grandiosità e rispetto.
E' uno spettacolo che secondo gli esperti è destinato a scomparire. Dal 1912 a oggi il Kilimangiaro ha perso l'82% del ghiaccio perenne e dal 1962 ad oggi il 55%. Un'accelerazione inesorabile.
Diventato parco nazionale nel 1973, il Kilimangiaro è stato inserito all'interno dei Patrimoni dell'Umanità dall'UNESCO nel 1987 (e ampliato nel 2005). Attualmente compre un'area di oltre 75 mila ettari, composta dalla montagna vera e propria e dalle foreste alla sua base. Nel parco vivono 140 specie di mammiferi (tra cui elefanti, bufali, leopardi, babbuini, cercopitechi, colobi e antilopi) e circa 180 specie di uccelli.
La vegetazione, oltre una certa altitudine, è composta unicamente dalle Seneci giganti che rendono il paesaggio estremamente caratteristico e unico.
Assieme alle cause naturali (la diminuzione dei ghiacci), il Kilimangiaro è minacciato da oltre 15 mila turisti che ogni anno percorrono la strada verso la cima. Seppur vi siano 3-4 differenti vie di accesso alla vetta (alcune per esperti), la strade del trekking rimane una sola.
Dal Morangu Gate (1870 metri) verso la Mandara Hut (2700 metri), poi l'Horombo Hut (3720 metri) e infine il Kibo Hut (4750 metri), ultimo rifugio dove iniziare l'ascesa verso la vetta (Gillman Point 5685 metri e Uhuru Peak 5895 metri).
La strada, che diventa veramente faticosa solo nell'ultima ascesa, è una vera e propria "autostrada del trekking". Le soste sono programmate (in 5 giorni si percorre l'intero tragitto) e i "rifugi", in camerate, sono spartani. Tutto il cibo, l'acqua e la legna per il fuoco, vengono portate dalla base. Il ruolo dei "porters", che, spesso in ciabatte infradito, trasportano sulle spalle e sulla testa, zaini, patate, carote, taniche di acqua e legna, è di fondamentale importanza (per molte famiglie è l'unico reddito garantito).
Quella dei porters è una storia particolare. Essi sono la vera anima delle ascensioni al Kilimangiaro. Consumano da anni le strade, spesso con equipaggiamenti inadeguati, trasportando pesi impensabili, pagati cifre irrisorie (le guide, che sono coloro i quali assumono i porters, spesso taglieggiano i loro miseri guadagni). Eppure si incontrano sempre sorridenti, il loro saluto "jambo" accompagna, come una musica di sottofondo, le lunghe ore di cammino.
Il trekking non è faticoso (fatta eccezione per l'ultima ascesa), sebbene si percorrono circa 1000 metri di dislivello al giorno, la salita è lunga e graduale. Ecco la ragione per cui il sentiero è diventato un'autostrada affollata. Naturalmente, il fatto che sia accessibile a tutti, non riduce i pericoli (o i fastidi) derivati all'altitudine a partire dal 3700 metri di Horombo Hut.
Il sito di un progetto per l'Assistenza ai Porters
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