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lunedì 21 luglio 2014

La sete di sapere

"Con l'istruzione si sconfigge l'ignoranza che è alla radice della fame e della povertà"

Le parole del Premio Nobel Rita Levi-Montalcini, sono ampiamente e unanimamente condivisibili. La scuola (più in generale, la formazione) è la base da cui partire per qualsiasi ipotesi di sviluppo e di miglioramento della propria esistenza. Lo sapevano bene molti degli uomini che hanno tentato di cambiare l'Africa. Amilcar Cabral dedicò la sua breve esistenza ad istruire i contadini guineani, convinto com'era che l'educazione, la formazione e la conoscenza fossero alla base di qualsivoglia ipotesi, allora rivoluzionaria, di indipendenza dal colonialismo. Thomas Sankara, prima di essere ucciso, fece della lotta all'analfabetismo e dell'educazione uno dei pilastri della sua breve rivoluzione burkinabè. Nelson Mandela sosteneva che "l'istruzione è l'arma più potente che si possa utilizzare per cambiare il mondo". Uomini a cui è stato lasciato troppo poco spazio affinché le loro idee diventassero comuni e prassi del loro e altrui operare.

Da decenni le politiche dello sviluppo verso l'Africa mettono al loro centro la questione educativa. Purtroppo gli effetti sono stati minori di quanto sperato. Se è vero che nella aree urbane di gran parte dell'Africa la situazione è spesso simile a quella, ad esempio, europea, la stessa cosa non si può dire delle aree rurali e dei sobborghi delle grande città. L'accesso alle scuole e in generale alla formazione appare per moltissimi un miraggio. Gli standard sono bassi, manca tutto. I bambini a volte percorrono kilometri per andare a  scuola, per poi trovarsi in situazioni ove mancano perfino i banchi. La strada è ancora molto, molto lunga. I tassi di alfabetizzazione continuano a restare bassi, soprattutto tra le donne.

Le opportunità di istruzione e formazione per le donne africane restano ancora più difficili che per i maschi. Il tasso di alfabetizzazione (che in alcuni paesi sub-sahariani non raggiunge il 40% generale) maschile in Africa Sub-Sahariana è del 71,6% e del 53,6% per le donne. Un gap che non trova uguali in nessun altro luogo del pianeta. Sebbene qualcosa sembra muoversi (il tasso, nella stessa regione, nei giovani è del 77% per i maschi e del 67% nelle femmine), le possibilità sembrano ancora ben diverse.

Intervenire sull'istruzione è una scommessa. Da un lato vi sono i grandi progetti sostenuti dai governi e dalle organizzazioni internazionali che mirano ad incidere sui tassi di alfabetizzazione di intere nazioni. Spesso con il grande limite di non ottenere i risultati. Dall'altro lato vi sono invece molte organizzazioni che puntano su progetti mirati e di impatto più localizzato, ma di sicura ricaduta sulle persone e sulle comunità.

Proprio partendo da queste valutazioni che la Fondazione Rita Levi-Montalcini (nata nel 1992 per volere dello stesso Premio Nobel in onore del padre e che dal 2001 ha modificato il nome nell'attuale) ha assunto come obiettivo il finanziamento di progetti attinenti alla formazione e l'istruzione di bambine, giovani e donne del continente africano. Una mission che nel tempo ha finanziato, selezionandoli accuratamente, 152 progetti (curati spesso da piccole ONG o da associazioni) in 34 nazioni. Sono borse di studio ad Università per ragazze, sono progetti di formazioni di medici, infermiere ed ostetriche, sono però anche interventi più specifici su donne vittime di sfruttamento o di violenza, che attraverso questa opportunità provano ad avere una seconda occasione.
Certo sono gocce in un mare in tempesta, ma per molte donne rappresentano una rara opportunità e costituiscono la base su cui costruire un futuro e di recidere quelle radici che sono alla base della povertà.

La Fondazione Rita Levi-Montalcini ha appena rinnovato il suo sito, da cui è possibile ricavare ogni informazione sul loro operato, su come donare e su come candidare un proprio progetto.



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