L'UNDP ha pubblicato di recente il Rapporto sullo Sviluppo Umano 2014, l'annuale appuntamento che fotografa lo stato delle nazioni del pianeta confrontandole tra di loro con un Indicatore di Sviluppo Umano. Un indicatore macroeconomico, alternativo e "meno freddo" del semplice PIL, inventato nel 1990 dall'economista pakistano Mahbub ul-Haq.
Tale indicatore si basa su parametri relativi all'aspettativa di vita alla nascita, alla scolarizzazione e sul reddito pro capite.
Il rapporto fotografa dal 1990 (anno in cui fu pubblicato il primo rapporto) la situazione del sistema mondo, indicandone tendenze e possibili scenari futuri.
Tale indicatore si basa su parametri relativi all'aspettativa di vita alla nascita, alla scolarizzazione e sul reddito pro capite.
Il rapporto fotografa dal 1990 (anno in cui fu pubblicato il primo rapporto) la situazione del sistema mondo, indicandone tendenze e possibili scenari futuri.
Il rapporto 2014 pone l'attenzione sul concetto di vulnerabilità, ovvero quello stato di precarietà sociale ed economica in cui, oramai sempre più, ampie fasce di individui nel mondo si trovano ad essere. Le conquiste degli ultimi decenni non hanno portato ad una situazione stabile, per cui sempre più intere popolazioni si trovano sull'orlo del baratro della povertà. Se è vero, come sostiene il rapporto, che sono 1 miliardo e 200 mila i poveri del mondo (15% della popolazione) che vivono sotto la soglia di povertà (1,25 dollari al giorno), vi sono altri 800 mila individui che sono molto vicini a questa soglia.
Del resto dopo i progressi evidenziati nel passato, negli ultimi anni i rapporti sottolineano come lo sviluppo generale continua, ma a ritmi molto più lenti.
Naturalmente il rapporto analizza nel dettaglio cause e risvolti di ogni situazione e le possibili azioni per ridurre le cause della vulnerabilità e più in generale della povertà.
Il rapporto evidenzia come la sistematica violazione dei diritti umani, che frenano e bloccano lo sviluppo, sono determinate da politiche che tendono ad ampliare la forbice tra ricchezza e povertà ed a creare grande disuguaglianze tra i popoli.
Il rapporto identifica 49 nazioni a livello di sviluppo molto alto (erano 47 lo scorso anno), 52 ad alto livello di sviluppo, 41 a medio livello di sviluppo e infine 43 paesi a basso livello di sviluppo.
La classifica mondiale vede la Norvegia al primo posto (ovvero la posizione del Paese più sviluppato), seguita da Australia, Svizzera, Olanda, Stati Uniti, Germania, Nuova Zelanda, Canada, Singapore e Danimarca.
Da segnalare che dal gruppo dei primi 10, rispetto al 2012, sono usciti Svezia, Irlanda e Giappone a favore di Canada, Singapore e Danimarca.
L'Italia si colloca al 26° posto (lo scorso anno era 25°).
E' da segnalare che solo in 16 paesi del mondo gli indicatori sono uguali per uomini e donne. Tra questi paesi c'è molto est europeo (Bielorussia, Estonia, Lettonia, Lituania, Russia, Slovenia). La disuguaglianza tra i generi è un altro aspetto delle ingiustizie del nostro mondo, in cui le differenze geografiche si incrociano con quelle di genere, creando situazioni al limite della sostenibilità.
Per i paesi africani la questione appare sempre molto difficile. Gli ultimi 18 paesi in classifica del mondo sono stati africani (la classifica si chiude con il Niger, poi la Repubblica Democratica del Congo e la Repubblica Centroafricana). Dei 43 paesi a basso livello di sviluppo 35 sono africani (che diventano 37 aggiungendo Somalia e Sud Sudan, che non vengono calcolati).
Il primo paese africano in classifica è la Libia (55°), ma è una classifica viziata (alcuni dati precedenti al conflitto) e comunque il paese ha perso 5 posizioni nell'ultimo anno). Il primo paese dell'Africa Sub-Sahariana è il Botswana che è collocato al 109° posto, tra i paesi a medio sviluppo.
Analizzando lo storico della classifica emerge con chiarezza che sono i paesi asiatici a crescere maggiormente nell'ultimo decennio, mentre altrettanto chiare risultano le difficoltà della vecchia Europa.
Rapporto sullo Sviluppo Umano 2013
Il rapporto identifica 49 nazioni a livello di sviluppo molto alto (erano 47 lo scorso anno), 52 ad alto livello di sviluppo, 41 a medio livello di sviluppo e infine 43 paesi a basso livello di sviluppo.
La classifica mondiale vede la Norvegia al primo posto (ovvero la posizione del Paese più sviluppato), seguita da Australia, Svizzera, Olanda, Stati Uniti, Germania, Nuova Zelanda, Canada, Singapore e Danimarca.
Da segnalare che dal gruppo dei primi 10, rispetto al 2012, sono usciti Svezia, Irlanda e Giappone a favore di Canada, Singapore e Danimarca.
L'Italia si colloca al 26° posto (lo scorso anno era 25°).
E' da segnalare che solo in 16 paesi del mondo gli indicatori sono uguali per uomini e donne. Tra questi paesi c'è molto est europeo (Bielorussia, Estonia, Lettonia, Lituania, Russia, Slovenia). La disuguaglianza tra i generi è un altro aspetto delle ingiustizie del nostro mondo, in cui le differenze geografiche si incrociano con quelle di genere, creando situazioni al limite della sostenibilità.
Per i paesi africani la questione appare sempre molto difficile. Gli ultimi 18 paesi in classifica del mondo sono stati africani (la classifica si chiude con il Niger, poi la Repubblica Democratica del Congo e la Repubblica Centroafricana). Dei 43 paesi a basso livello di sviluppo 35 sono africani (che diventano 37 aggiungendo Somalia e Sud Sudan, che non vengono calcolati).
Il primo paese africano in classifica è la Libia (55°), ma è una classifica viziata (alcuni dati precedenti al conflitto) e comunque il paese ha perso 5 posizioni nell'ultimo anno). Il primo paese dell'Africa Sub-Sahariana è il Botswana che è collocato al 109° posto, tra i paesi a medio sviluppo.
Analizzando lo storico della classifica emerge con chiarezza che sono i paesi asiatici a crescere maggiormente nell'ultimo decennio, mentre altrettanto chiare risultano le difficoltà della vecchia Europa.
2 commenti:
L’Africa in generale e alcuni paesi in particolare, sono annoverati tra i più benedetti dalla natura, in termini di risorse naturali.
In effetti, il petrolio, il gas, il diamante, l’oro, il cobalto, il rame, l’uranio, il coltano, le immense foreste, le acque ecc... sono alcuni esempi dei fiori di questi paradisi terrestri.
Alcune di queste ricchezze non sono ancora sfruttate ed altre non ancora esplorate né scoperte. Questi sono i motivi per cui si parla di paesi potenzialmente ricchi e non di paesi ricchi, nonostante questo catalogo di ricchezze.
Per trasformare questo potenziale in ricchezze, serve l'azione umana : l’utilizzo, la trasformazione, la gestione. Questa azione umana sarà suggerita attraverso numerosi concetti elencati più volte all'interno di questo libro : la governance, la leadership, la responsabilità.
Perché i paesi cosi ricchi possono essere annoverati tra i più poveri, con le popolazioni più povere del pianeta? Perché i loro popoli non gioiscono di queste immense ricchezze ? Perché questi paesi non si sviluppano?
Perché, al contrario, questi paesi con eccezionali potenziali sono regolarmente confrontati a conflitti armati ed a guerre permanenti ?
Questo incredibile paradosso solleva interrogativi: perché? Come è possibile essere così ricchi e poveri e anche miserabili allo stesso tempo? Come è possibile?
Penso che è proprio questa domanda ad essere alla base di questo libro:
le risorse dell'Africa sono una maledizione o una benedizione?
http://www.amazon.com/Spirale-Diabolica-della-Cooperazione-Sviluppo/dp/1500343684/ref=sr_1_1?ie=UTF8&qid=1407148671&sr=8-1&keywords=jean+pierre+honla
Grazie del tuo intervento. Leggerò il libro, ma credo di avere una risposta. Per l'Africa la Cooperazione è stata (ed è) entrambe le cose. Innegabilmente singoli e comunità intere hanno tratto vantaggio da cure sanitarie, pozzi, scuole e altro... non vi è dubbio. Governi africani hanno potuto non vedere i problemi e lasciar fare ad altri, generando un sistema di assistenzialismo da cui liberarsi è sempre difficile. Ai paesi donatori la Cooperazione ha lavato la coscienza. Sarà comunque un tema su cui ritornare.... ciao
Gianfranco, Sancara
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