Per noi l'acqua appartiene al quotidiano. Spesso ci lamentiamo perché è abbondante e crea problemi, la sprechiamo senza chiederci da dove venga e se è sufficiente per tutti. Apriamo i nostri rubinetti, la nostra doccia e, quello che per la vita è l'elemento più importante, sgorga senza soluzioni di continuità. Più volte Sancara ha affrontato questo tema, in occasione della Giornata Mondiale dell'acqua e non solo (a fondo pagina tutti i link), perché invece, in altri luoghi del pianeta l'acqua è un miraggio.
foto dalla rete |
Trovare l'acqua, semplicemente per bere quel minimo necessario a sopravvivere, in alcune aree dell'Africa (ma non solo) è un faticoso impegno quotidiano. Si percorrono chilometri ogni giorno, si scava faticosamente, spesso per decine di metri, sotto il sole cocente e a mani nude e a volte si è costretti a lasciare tutto alla ricerca di luoghi più adatti alla vita.
Ma l'uomo, che nonostante queste difficoltà, vive in un pianeta composto prevalentemente da acqua, si è sempre posto il problema di recuperare quell'acqua non potabile (salata, inquinata, sporca o ghiacciata) che è la maggioranza di quella esistente nel nostro pianeta (circa il 99,5%) e renderla adatta all'uomo.
Le tecniche per trasformare l'acqua sono molto costose (desalinizzazione o potabilizzazione) e naturalmente richiedono l'accesso a grandi quantità di acqua (la resa è bassissima) siano essi il mare o un fiume con grandi portate.
Ma, queste condizioni (economiche e geografiche), non si realizzano ovunque.
In Africa la ricerca dell'acqua attraverso lo scavo di pozzi ha impegnato e impegna molto la cooperazione internazionale. Nonostante gli sforzi, in alcune aree (tutto il Sahel, alcune area del Corno d'Africa) trovare l'acqua richiede sempre maggiori tecnologie che ne aumentano, di molto, i costi. Dove un tempo bastava scavare pochi metri oggi bisogna scendere, molto.
Il mondo dell'innovazione tecnologica da anni lavora nell'ambito della possibilità di ricavare acqua potabile (certo quantità adatte poco più che ad una famiglia) sfruttando l'evaporazione forzata di acqua non potabile (è il caso del progetto Solwa, di cui Sancara aveva già parlato) oppure le escursioni termiche (notte-giorno) di alcune aree aride e ricavare acqua dalla rugiada. Quest'ultimo progetto prende il nome di Warka Water.
Il principio in se è molto semplice e attinge da antiche tradizioni. I Boscimani del deserto del Kalahari hanno sempre sfruttato questa tecnica per ricavare piccole quantità di acqua nel corso dei lunghi e faticosi spostamenti nel deserto (tecniche raccontate nei particolari anche da Wilbur Smith nel ciclo dei Courtney).
Attraverso una struttura, realizzata in bambù e materiali fibrosi naturali, si raccoglie la rugiada generata dalle escursioni termiche notturne, ricavando mediamente 90 litri di acqua al giorno. La struttura che ha appunto la "forma" di un albero, ideata da due italiani (Arturo Vittori e Andrea Vogler), prende il nome da un albero di fico (Warka) che nella cultura etiope simboleggia la vita e la generosità.
E' un progetto che oltre a raggiungere lo scopo prefisso, ha anche tenuto conto delle realtà locali, delle disponibilità dei materiali, delle capacità costruttive e perfino del suo inserimento all'interno del contesto.
Il progetto è ancora in una fase sperimentale (che come sempre in questi casi richiede fondi per essere prodotto e testato) e come è anche per le altre possibilità di "produrre acqua" ha delle potenzialità limitate al contesto rurale (per questo, purtroppo, poco appetibile dal mondo economico).
I post di Sancara dedicati all'acqua:
- Giornata Mondiale dell'acqua: la storia del lago Ciad - 22 marzo 2011
- Il giorno dell'Acqua - 22 marzo 2012
- Una cannuccia per la vita - 25 settembre 2012
- Solwa: l'acqua potabile dal sole - 20 novembre 2012
Nessun commento:
Posta un commento