Il Parco Nazionale del banco di Arguin (in francese Banc d'Arguin) è collocato sulla costa atlantica della Mauritania, a sud di Nouakchott, e dal 1989 è diventato Patrimonio dell'Umanità UNESCO (era diventato parco negli anni '70). Prende il nome dell'isola e dalla baia omonima. Esso comprende dune sabbiose del deserto del Sahara affacciate nel mare, zone costiere paludose (oltre 754 chilometri di costa), piccole isole sabbiose e una vasta area d'acqua, ricca di pesce, per una superficie compressiva di 1,2 milioni di ettari. Per le sue caratteristiche è ritenuto uno dei siti più importanti per la nidificazione degli uccelli migratori.
Un censimento ha stabilito in oltre 3 milioni le presenze di uccelli, di 108 specie diverse (dalle sterne ai fenicotteri rosa, dai pellicani agli aironi, dalle pettegole alle pittime).
Uccelli provenienti dall'Europa e dalla Siberia.
E' un paesaggio che offre uno spettacolo straordinario della natura e della sua capacità di adattamento ad ogni clima e temperatura. Il contrasto tra la sabbia desertica e il blu del mare rende l'ambiente quasi unico nel pianeta. Nonostante il turismo sia poco diffuso (vi sono limitazioni sui mezzi a motore in acqua e negli accessi), la creazione del parco ha portato notevoli benefici economici al paese.
La zona è ricca di pesce (oltre alle specie pensabili è ricca di tartarughe e delfini) e sin dai tempi remoti è stata contesa dalle potenze coloniali, che lottarono per impossessarsi dell'isola di Arguin. Prima dai portoghesi, giunti a Cape Bojador nel 1455, poi dagli spagnoli, poi dagli olandesi (giunti introno al 1630), poi dagli inglesi, dai tedeschi e infine dai francesi che nel 1724 occuparono l'area e a cui nel 1815, il Congresso di Vienna, riconobbe la sovranità. Nel mezzo, i mori, che vivevano nell'area e con cui le potenze coloniali trattavano, i quali tennero un atteggiamento che approfittava della rivalità tra i coloni, per ottenere vantaggi e benefici. Oggi lungo le coste del parco vi sono 7-8 villaggi, composti complessivamente da circa 5000 persone, di etnia imraguen (discendenti neri dei Balfour) che usano ancora tecniche tradizionali di pesca.
A largo invece, nonostante la nascita del Parco aveva lo scopo di salvaguardare proprio l'ecosistema, la pesca è intensa e affidata a flotte straniere (nel 2006 la Mauritania ha concesso all'Unione Europea diritti di pesca in cambio di una riduzione del debito pubblico). Si stima che la riduzione della fauna ittica (uno studio sui polipi dice che si sono ridotti del 75% negli ultimi 15 anni) dovuta all'overfishing stia lentamente allontanando gli uccelli dal parco.
Le barche tradizionali presenti lungo la costa, pescano in un anno, l'equivalente che un singolo grande peschereccio europeo pesca in un giorno.
Il golfo di Arguin ha anche una storia, e un posto, nella marineria e nell'arte pittorica. Il 2 luglio 1816, infatti, la fregata francese La Meduse, in rotta verso il Senegal, si incagliò proprio nelle acque del golfo, naufragando. Il pittore francese romantico, Theodore Gericault (morto a soli 33 anni) dipinse un quadro, intitolato La zattera della Medusa, che è ancora oggi visibile al Louvre di Parigi.
La storia, drammatica, portò al naufragio per incuria del comandante (Hughes Duroy de Chaumareyes), che, pur non navigando da decenni, si avventurò in aree sabbiose non conosciute. Dopo vari tentativi di disincagliare la nave, il 5 luglio, 250 persone si misero in salvo con le scialuppe, mentre altre 147 (i mozzi, per capirci) dovettero costruirsi una zattera di fortuna (che fu prima trainata dalle scialuppe e poi lasciata al suo destino). Di loro solo 13 si salvarono, dopo 12 giorni di agonia in mare.
Oggi il 60% del pescato consumato in Europa arriva da fuori UE, una parte consistente dalle coste africane (dove, ben inteso, pascano anche Cina, Corea, e Russia). Se la via dello sviluppo in Africa continuerà ad essere quella della sistematica rapina delle risorse, il futuro è tutt'altro che roseo per loro e probabilmente, a breve, anche per noi.
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