Le elezioni presidenziali in Nigeria segnano un punto di svolta nella complessa storia del più popoloso (oltre 170 milioni di abitanti) paese dell'Africa. Per la prima volta l'opposizione al governo in carica vince le elezioni, senza dover ricorrere ad un colpo di stato (il primo avvenne il 16 gennaio 1966, sei anni dopo l'indipendenza). Per la prima volta, al netto di alcuni gravi episodi, le elezioni si sono svolte (dopo averle rinviate) in un clima di apparente tranquillità. Per la prima volta, il capo di stato in carica, il cristiano Goodluck Jonathan, riconosce la vittoria dell'avversario, il mussulmano Mohammadu Buhari. Per Buhari si tratta del suo quarto tentativo (era stato sconfitto nel 2003, nel 2007 e nel 2011).
Buhari, di etnia fulana, che da militare (è stato addestrato negli USA, in Gran Bretagna e in India) ha già sperimentato il potere (ha guidato il paese a seguito di un colpo di stato dal 31 dicembre 1983 al 27 agosto 1985, e a sua volta è stato destituito), è stato ritenuto da molti come l'arma vincente contro il dilagare di Boko Haram. Il perchè è semplice da intuire: solo un mussulmano può usare il pugno di ferro (cosa che Buhari ha fatto senza esitazione nel suo mandato di Capo di Stato) contro un gruppo terroristico che dichiara di ispirarsi a principi religiosi islamici. Inoltre nel suo breve periodo alla guida della Nigeria, Buhari si era distinto per il suo rigore contro ogni opposizione e per la fermezza della sua azione.
Ma, le sfide che Buhari dovrà affrontare sono anche altre, e molto complesse. Il Paese, nonostante gli straordinari ricavi dalle concessioni petrolifere, vive una situazione di profonda disuguaglianza tra una minoranza ricca (sempre più ricca) e una maggioranza povera (sempre più povera). Il nord del paese (prevalentemente mussulmano) è decisamente più depresso, ed arretrato, del sud (a maggioranza cristiana). Indipendentemente dall'avvento del gruppo estremista di Boko Haram (avvenuto attorno al 2009) le tensioni nel paese, religiose ed etniche, sono da sempre elevate e la convivenza difficile. Gli stati del Sud (e con essi i gruppi guerriglieri del Delta del Niger) temono ora l'uomo del nord, mussulmano, mentre la Comunità Internazionale teme il riparirsi di un fronte meridionale.
Illegalità, criminalità e corruzione hanno raggiunto livelli assolutamente preoccupanti e destabilizzanti. La mafia nigeriana è potente sia nel paese che in Europa (in Italia in particolare) e gestisce una fitta rete di traffici di stupefacenti (cocaina) e di esseri umani (donne per lo sfruttamento sessuale).
Infine vi è la questione ambientale. Il petrolio, se da un lato ha arricchito una parte del Paese, dall'altro ha lasciato aree intere completamente devastate ed ora che, anche per ragioni differenti, le priorità delle multinazionali potrebbero essere diverse, la realtà si complica.
La strada per l'ex-generale non è certo in discesa. Nelle prossime settimane si potrà capire se la Nigeria è pronta a fare quel salto di qualità che la potrebbe collocare tra i paesi ad alto sviluppo, non solo economico.
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