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mercoledì 8 aprile 2015

Quelli che non contano

Solo pochi mesi fa, in occasione dei fatti di Parigi ed in relazione a quello che nelle stesso ore accadeva in Nigeria, avevo scritto un post intitolato Il valore della vita, in cui oltre a prendere atto che il valore stesso della vita non è uguale ovunque, mi chiedevo finchè l'assenza di valore dell'esistenza umana in molti angoli del pianeta poteva rendere la nostra vita ancora sicura e felice.

I fatti atroci dei giorni scorsi nell'Università di Garissa hanno, per l'ennesima volta confermato quanto alcune vite sono in grado di smuovere i potenti del pianeta, che con ipocrisia sfilano mano nella mano nella capitale francese, mentre altre riescono a malapena ad occupare la terza pagina di un giornale.


Naturalmente a nessuno importa niente di 150 studenti kenioti trucidati a Garissa, così come a nessuno importa dei 3500 bambini palestinesi intrappolati nei campi profughi di Yarmouk in Siria, così come delle 500 mila donne vittime di stupro nella Repubblica Democratica del Congo, degli oltre 10 mila morti affogati nel Canale di Sicilia e nemmeno dei 10 milioni di somali (da cui provengono i terroristi di Al-Shebab) che dal 1991 vivono in un paese fantasma, privo di uno Stato e senza leggi.

Ma è una insensibilità diffusa, che interessa trasversalmente tutti, oramai quasi rassegnati. Interessa anche molti dei quali non avevano esitato, per loro storia o  perchè convinti, a dire e scrivere Je Suis Charlie.
Questo è il mondo che noi tutti abbiamo costruito e che continuiamo a volere. Un mondo capace di guardare molto poco in avanti e interessato solo a soddisfare i bisogni attuali. La storia recente è piena di "anomalie" evidenti che si sono create perchè ci si è interessati solo ad affrontare problemi del momento ignorando le ripercussioni che nel tempo quelle scelte avrebbero avuto. Si sono innescati veri e propri corti circuiti che hanno contribuito a far crescere - quasi ovunque nel mondo - la tensione. Una tensione che è aumentata allo stesso ritmo con cui le notizie si propagavano. E' accaduto ad esempio in Afghanistan, quando si sono armati guerriglieri in chiave anti-sovietica. E' accaduto in Iraq quando si è armato Saddam contro la rivoluzione khomeinista. E' accaduto anche recentemente quando si sono armati estremisti islamici contro il regime siriano. Tutti poi diventati acerrimi nemici.
Ma, la lista potrebbe continuare all'infinito. Con luoghi depredati (e con essi le popolazioni e l'ambiente circostanti) per i nostri consumi o situazioni abbandonate per decenni, come la Palestina o la Somalia, e da cui non abbiamo ottenuto altro che rabbia e violenza. Una rabbia che cresce dentro - e oggi sempre più - da chi vive in luoghi dove nulla è un diritto, nemmeno la stessa vita. Come pensiamo possa sentirsi un ragazzino che nasce, vive e cresce (quando è fortunato) nella miseria e nella paura,  che vede i suoi simili in altri luoghi convivere con ogni stranezza, con ogni trasgressione, con ogni possibilità e con ogni fantasia che la mente possa immaginare. Perchè quello che è veramente cambiato è che 20 o 30 anni fa, l'Europa o l'America si immaginavano, oggi si vede in tempo reale.

Il sistema di guardare solo quello che succede a casa nostra, riservandoci di fare, quando serve, un pò di elemosina, non funziona più. Oggi o si assumono importanti impegni e si cambiano radicalmente le cose (compresi gli interventi del cosidetto sviluppo) o siamo destinati ad una crescita delle tensioni e ad una serie messa in discussione della nostra sicurezza.

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