Da tempo gli esperti e gli appassionati dell'atletica osservano la crescita delle vittoria degli atleti africani nella varie competizioni internazionali, dalle Olimpiadi ai Mondiali. Kenya, Etiopia, Somalia e Uganda, ma anche Algeria e Marocco sono entrati negli annali delle competizioni che contano. Lo hanno fatto nella corsa e in particolare in quelle lunghe dove resistenza e fisico si sommano a una condotta di gara "a strappi" quasi impossibile da tenere per chi non ha la pelle scura. Nel 2011, commentando la prima giornata dei Mondiali di Atletica di Deangu avevo scritto questo post sulle donne keniote, che nelle prime due gare del programma (maratona e 10.000 metri) avevano occupato tutte le posizioni del podio.
Del resto guardando il medagliere dei mondiali di atletica leggera dopo Stati Uniti e Russia vi è il Kenya con 112 medaglie (di cui 43 d'oro), davanti a Germania e Giamaica (ma già oggi quest'ultima potrebbe scavalcare la Germania). L'Etiopia si colloca invece come 7° potenza mondiale dell'atletica ai mondiali (la cui storia inizia nel 1983).
Ma, i mondiali in corso a Pechino hanno già messo in luce due aspetti importanti dell'Africa in questo sport. Non solo nella corsa l'Africa eccelle. Con la vittoria del keniano Julius Yego nel lancio del giovellotto, il paese dell'Africa Orientale si rende protagonista per la prima volta (a dire il vero, un altro africano aveva vinto il titolo del giovellotto, ma si trattava del sudafricano bianco Marius Corbett che vinse ad Atene nel 1997) in una disciplina dei lanci. La vittoria di Yego nel giovellotto rappresenta un fatto assolutamente nuovo per una disciplina tecnica come il lancio del giovellotto. Disciplina che da sempre è saldamente in mano a nord-europei e che ha visto nei finnici, nei cechi e negli estoni i suoi massimi interpreti.
Ma non basta. Nicholas Bett, giovane keniano, ha vinto anche il 400 metri ostacoli, disciplina altrettato tecnica oltre che molto veloce. Non è la prima volta di un africano (nel 1991 a Tokyo vinse lo zambiano Samuel Matete, un'icona di questa corsa). Anche "il giro della morte ad ostacoli", secondo alcuni forse la gara più massacrante dell'atletica, la gara che fu dominio di mostri sacri come gli americani Edwin Moses o Kevin Young (ancora detentore del record del mondo) in cui oltre a velocità e resistenza, vi è bisogno di una tecnica straordinaria, non è più un tabù per l'Africa.
Con le vittorie arrivano anche - purtroppo - i problemi. I primi due test positivi al doping ai mondiali di Pdechino sono due donne keniane. La neo- primatista nazionale dei 400 metri, Joyce Zakary e la meno nota atleta dei 400 ostacoli, Francisca Koki Manunga. Speriamo che siano casi isolati e non il segno di una diffusa pratica.
Voglio pensare che lo sport rappresenti per l'Africa un nuovo volano di sviluppo e di crescita dei suoi popoli.
Del resto guardando il medagliere dei mondiali di atletica leggera dopo Stati Uniti e Russia vi è il Kenya con 112 medaglie (di cui 43 d'oro), davanti a Germania e Giamaica (ma già oggi quest'ultima potrebbe scavalcare la Germania). L'Etiopia si colloca invece come 7° potenza mondiale dell'atletica ai mondiali (la cui storia inizia nel 1983).
Ma, i mondiali in corso a Pechino hanno già messo in luce due aspetti importanti dell'Africa in questo sport. Non solo nella corsa l'Africa eccelle. Con la vittoria del keniano Julius Yego nel lancio del giovellotto, il paese dell'Africa Orientale si rende protagonista per la prima volta (a dire il vero, un altro africano aveva vinto il titolo del giovellotto, ma si trattava del sudafricano bianco Marius Corbett che vinse ad Atene nel 1997) in una disciplina dei lanci. La vittoria di Yego nel giovellotto rappresenta un fatto assolutamente nuovo per una disciplina tecnica come il lancio del giovellotto. Disciplina che da sempre è saldamente in mano a nord-europei e che ha visto nei finnici, nei cechi e negli estoni i suoi massimi interpreti.
Ma non basta. Nicholas Bett, giovane keniano, ha vinto anche il 400 metri ostacoli, disciplina altrettato tecnica oltre che molto veloce. Non è la prima volta di un africano (nel 1991 a Tokyo vinse lo zambiano Samuel Matete, un'icona di questa corsa). Anche "il giro della morte ad ostacoli", secondo alcuni forse la gara più massacrante dell'atletica, la gara che fu dominio di mostri sacri come gli americani Edwin Moses o Kevin Young (ancora detentore del record del mondo) in cui oltre a velocità e resistenza, vi è bisogno di una tecnica straordinaria, non è più un tabù per l'Africa.
Con le vittorie arrivano anche - purtroppo - i problemi. I primi due test positivi al doping ai mondiali di Pdechino sono due donne keniane. La neo- primatista nazionale dei 400 metri, Joyce Zakary e la meno nota atleta dei 400 ostacoli, Francisca Koki Manunga. Speriamo che siano casi isolati e non il segno di una diffusa pratica.
Voglio pensare che lo sport rappresenti per l'Africa un nuovo volano di sviluppo e di crescita dei suoi popoli.
Sancara ha pubblicato, in occasione delle Olimpiadi di Londra, un serie di post sullo sport olimpico africano. Ecco i link, per chi avesse voglia di approfondire.
- L'Africa ai Giochi olimpici - prima parte
- L'Africa ai Giochi olimpici - seconda parte
- L'Africa ai Giochi olimpici - terza parte
-L'Africa ai Giochi olimpici - quarta parte
- L'Africa ai Giochi olimpici - prima parte
- L'Africa ai Giochi olimpici - seconda parte
- L'Africa ai Giochi olimpici - terza parte
-L'Africa ai Giochi olimpici - quarta parte