Africa significa anche uranio. Oltre ai diamanti, al petrolio, all'oro, al coltan ed ad una infinità di minerali e metalli di importanza strategica nel mondo (il nostro mondo, sia chiaro) in Africa si estrae anche uranio. Benchè questo metallo si trovi ovunque nella crosta terrestre a basse concentrazioni, solo in alcune aree la sua concentrazione risulta tale da rendere economicamente vantaggioso la sua estrazione: in Africa questo accade. Energia civile (centrali nucleari) e uso militare (bombe atomiche, propulsione navale) sono gli utilizzi più comuni dell'uranio.
L'uranio si estrae sotto forma di due principali minerali (uraninite e carnatite), ma molte altre sono le forme (si contano oltre 150 metalli uraniferi). Per potere essere utilizzato ai fini nucleari, l'uranio deve essere arricchito (deve essere aumentata la percentuale di un suo isotopo, il 235) tale processo oltre ad essere complesso è indistinguibile tra gli usi civili e quelli militari.
L'uranio si estrae sotto forma di due principali minerali (uraninite e carnatite), ma molte altre sono le forme (si contano oltre 150 metalli uraniferi). Per potere essere utilizzato ai fini nucleari, l'uranio deve essere arricchito (deve essere aumentata la percentuale di un suo isotopo, il 235) tale processo oltre ad essere complesso è indistinguibile tra gli usi civili e quelli militari.
L'uranio fu ufficialmente scoperto nel 1789 (gli fu dato il nome del pianeta Urano), isolato nel 1841 e infine usato per la prima volta, nell'industria del vetro, nel 1850. La radioattività fu scoperta solo successivamente, nel 1896.
Nonostante oltre il 66% (delle 56 mila tonnellate estratte nel 2014) dell'uranio sia estratto in tre paesi del mondo (Kazakistan, Canada e Australia) il 15% dell'uranio che viene estratto in Africa (Niger, Namibia, Sudafrica, Malawi) risulta essere particolarmente ambito per due ragioni: il basso costo della manodopera, la facilità di acquistare concessioni per la ricerca mineraria e il consumo quasi assente nel continente (solo il Sudafrica ha due reattori nucleari in funzione).
Oltre ai paesi indicati vi sono altri paesi in cui si estrae, si è estratto o si estrarrà l'uranio in Africa. Tra di essi l'Algeria, il Botswana, la Repubblica Democratica del Congo (dove peraltro avviene l'estrazione della maggior parte dell'uranio illecito), il Gabon (dove le estrazioni sono termine nel 1999 dopo oltre 40 anni), la Guinea Equatoriale, il Mali, la Mauritania, il Marocco, la Nigeria, la Tanzania, lo Zambia e lo Zimbabwe.
A dispetto di una produzione attuale del 15%, in Africa vi il 21% delle riserve di uranio riconosciute del pianeta e ovunque si scava.
Naturalmente a beneficiare delle ricchezze del sottosuolo africano sono per ora le grandi multinazionali minerarie, che per quanto riguardano l'uranio vedono primeggiare la francese Somair e la Cominak (in Niger, per oltre il 60% di proprietà della francese Areva), l'australiana Paladin (in Namibia, Malawi e Niger) e l'anglo-australiana Rio Tinto (Namibia), che rappresenta il terzo gruppo minerario al mondo. Del resto a spartirsi il colossale business dell'uranio del mondo sono una decina di compagnie minerarie.
Il problema è chiaramente l'impatto delle miniere di uranio sull'ambiente e sulle popolazioni locali che vengono impegnate nell'estrazione. E' una manodopera a basso costo che raramente ha consapevolezza della realtà. Le miniere di uranio richiedono grandi movimentazioni di terreno e l'impatto sull'ambiente (anche quelle dismesse) e sulle acque sotterranee (dove l'acqua supera di molto i livelli massimi ammessi) è assolutamente devastante.
Vi invito, se avete voglia a guardare questo documentario di Marta Conde Namibia's Uranium Rush, che affronta proprio il tema degli effetti sulle popolazioni della miniera Rossing in Namibia di proprietà della Rio Tinto.
Nonostante le denunce di alcune organizzazioni internazionali l'estrazione e la ricerca mineraria continua a marciare con grande velocità, senza che le enormi ricchezze di alcuni sottosuoli africani si traducano in un reale beneficio delle popolazioni locali. E' inutile sottolineare che, come peraltro avviene per molte altre materie prime, a beneficiare dei vantaggi economici siano i paesi ad alto reddito, mentre a pagare le conseguenze (ambientali, sanitarie e sociali) siano i paesi a basso reddito.
E' un altro caro prezzo che l'Africa paga per le nostre necessità.
Per approfondimenti, World Nuclear Association
Nonostante oltre il 66% (delle 56 mila tonnellate estratte nel 2014) dell'uranio sia estratto in tre paesi del mondo (Kazakistan, Canada e Australia) il 15% dell'uranio che viene estratto in Africa (Niger, Namibia, Sudafrica, Malawi) risulta essere particolarmente ambito per due ragioni: il basso costo della manodopera, la facilità di acquistare concessioni per la ricerca mineraria e il consumo quasi assente nel continente (solo il Sudafrica ha due reattori nucleari in funzione).
Oltre ai paesi indicati vi sono altri paesi in cui si estrae, si è estratto o si estrarrà l'uranio in Africa. Tra di essi l'Algeria, il Botswana, la Repubblica Democratica del Congo (dove peraltro avviene l'estrazione della maggior parte dell'uranio illecito), il Gabon (dove le estrazioni sono termine nel 1999 dopo oltre 40 anni), la Guinea Equatoriale, il Mali, la Mauritania, il Marocco, la Nigeria, la Tanzania, lo Zambia e lo Zimbabwe.
A dispetto di una produzione attuale del 15%, in Africa vi il 21% delle riserve di uranio riconosciute del pianeta e ovunque si scava.
Naturalmente a beneficiare delle ricchezze del sottosuolo africano sono per ora le grandi multinazionali minerarie, che per quanto riguardano l'uranio vedono primeggiare la francese Somair e la Cominak (in Niger, per oltre il 60% di proprietà della francese Areva), l'australiana Paladin (in Namibia, Malawi e Niger) e l'anglo-australiana Rio Tinto (Namibia), che rappresenta il terzo gruppo minerario al mondo. Del resto a spartirsi il colossale business dell'uranio del mondo sono una decina di compagnie minerarie.
Il problema è chiaramente l'impatto delle miniere di uranio sull'ambiente e sulle popolazioni locali che vengono impegnate nell'estrazione. E' una manodopera a basso costo che raramente ha consapevolezza della realtà. Le miniere di uranio richiedono grandi movimentazioni di terreno e l'impatto sull'ambiente (anche quelle dismesse) e sulle acque sotterranee (dove l'acqua supera di molto i livelli massimi ammessi) è assolutamente devastante.
Vi invito, se avete voglia a guardare questo documentario di Marta Conde Namibia's Uranium Rush, che affronta proprio il tema degli effetti sulle popolazioni della miniera Rossing in Namibia di proprietà della Rio Tinto.
Nonostante le denunce di alcune organizzazioni internazionali l'estrazione e la ricerca mineraria continua a marciare con grande velocità, senza che le enormi ricchezze di alcuni sottosuoli africani si traducano in un reale beneficio delle popolazioni locali. E' inutile sottolineare che, come peraltro avviene per molte altre materie prime, a beneficiare dei vantaggi economici siano i paesi ad alto reddito, mentre a pagare le conseguenze (ambientali, sanitarie e sociali) siano i paesi a basso reddito.
E' un altro caro prezzo che l'Africa paga per le nostre necessità.
Per approfondimenti, World Nuclear Association
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