Il provvedimento adottato in Nigeria nello scorso maggio è probabilmente destinato a far scuola. Il più popoloso e complesso stato africano, inserisce all'interno di una legge (Violence Against the Person 2015) il reato di mutilazione genitale femminile, con pene pecunarie e detentive. La scrittura della norma e' stato un processo lungo, fortemente voluto dalle associazioni delle donne nigeriane, che ha richiesto oltre 14 anni di lavoro a cause delle difficoltà incontrate con le comunità religiose e etniche più conservatrici. Il testo infatti comprende, e condanna, tutte le violenze di genere (ma non solo) e vuole essere una sorta di protezione della persona (in particolare della donna) nel suo insieme. Infatti oltre ai reati e alle pene detentive, essa introduce anche elementi di assistenza e protezione delle vittime.
La Nigeria è uno dei 29 paesi (solo due fuori dall'Africa) in cui ancora si praticano ancora le mutilazioni genitali femminili, mentre sono altri 20 i paesi in cui essa è, in qualche modo, "tollerata" (Sancara aveva pubblicato un post, Mutilazioni genitali femminile: uno stupro silenzioso - a cui vi rimando per una trattazione più completa). Si calcola che il 27% delle donne nigeriane (circa 20 milioni) siano state costrette a subire questa orrenda pratica.
Una pratica inutile, dannosa e discriminatoria, che deve essere spazzata via senza mezzi termini.
Le Nazioni Unite da tempo hanno messo al bando queste pratiche (dal 2003 è stata istituita anche una Giornata Mondiale contro le MGF, stabilita il 6 febbraio), ma è chiaro che leggi e proibizioni faticano a scardinare credenze e riti che sono spesso radicati nelle identità delle tribù. E' un lavoro faticoso che coinvolge le donne (ricordiamoci che in molte comunità le mutilazioni sono sostenute soprattutto dalle donne) e che deve tener conto delle realtà di comunità che sotto altri versi vanno tutelate e salvaguardate quali patrimoni umani. La ricerca ad esempio di riti alternativi di passaggio, condivisi e che trovano la piena adesione della società, è un settore in cui, in molte aree si lavora con buoni successi.
Le Nazioni Unite da tempo hanno messo al bando queste pratiche (dal 2003 è stata istituita anche una Giornata Mondiale contro le MGF, stabilita il 6 febbraio), ma è chiaro che leggi e proibizioni faticano a scardinare credenze e riti che sono spesso radicati nelle identità delle tribù. E' un lavoro faticoso che coinvolge le donne (ricordiamoci che in molte comunità le mutilazioni sono sostenute soprattutto dalle donne) e che deve tener conto delle realtà di comunità che sotto altri versi vanno tutelate e salvaguardate quali patrimoni umani. La ricerca ad esempio di riti alternativi di passaggio, condivisi e che trovano la piena adesione della società, è un settore in cui, in molte aree si lavora con buoni successi.
Certo anche per la Nigeria non tutto è semplice. La legge, valida immediatamente solo nello Stato federale della capitale Abuja, deve essere approvata anche dagli altri 36 stati federali (alcuni dei quali già proibivano queste pratiche) e naturalmente deve essere messa alla prova per quanto concerne la sua efficacia.
In Italia è stato istituito presso il Dipartimento delle pari Opportunità un numero verde (800.300.558) sulle mutilazioni genitali femminili per aiutare le donne migrate nel nostro Paese. Infatti non sono rari i casi di MGF in donne africane fuori dai loro paesi. Un recente studio in Inghilterra ha evidenziato come sono oltre 1000 le donne che in un trimestre si sono rivolte a servizi sanitari per problemi relativi a mutilazioni "domestiche".
Tra le Associazioni Italiane attive in questo campo segnalo l'AIDOS (Associazione Italiana Donne per lo Sviluppo), dal cui sito è possibile seguire iniziative, campagne e luoghi di formazione nei singoli Paesi, in Italia ed in Europa tramite la piattaforma STOPFGM/C.
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