Tra le tante Venezie che si trovano in giro per il mondo (si stima siano almeno un centinaio), tra quelle "naturali" e quelle diciamo "artificiali", ve ne è una che certamente compare con meno frequenza nelle liste delle "copie" della città lagunare. Questa è Makoko, in Nigeria. La Venezia Nera o la Venezia d'Africa.
Makoko è di fatto un'enorme baraccopoli (uno slum, secondo altri criteri), situata alla periferia di Lagos, dove vivono oltre 100 mila persone, secondo le stime delle Nazioni Unite o oltre 400 mila secondo il governo nigeriano. La caratteristica che la rende "simile" a Venezia è che essa è costruita su palafitte e quindi si presenta come un insieme di canali in cui la popolazione si sposta su canoe o imbarcazioni simili.
Nata nel XVIII secolo come villaggio di pescatori e diventata poi, a partire dalla fine degli anni '80, il luogo di residenza dei profughi provenienti dal vicino Benin. Profughi di etnia Egun che dopo aver occupato la parte di terra hanno iniziato ad occupare anche gli spazi d'acqua. Oggi lo slum - che è abitato anche da nigeriani poveri - vive per metà in terraferma e per l'altra metà sull'acqua.
E' di fatto una zona franca dove la polizia non entra e dove il governo interviene solo per riempire la grande cisterna d'acqua potabile. Perché sia chiaro, la vita a Makoko è dura.
Certo forse migliore di altri slums nel mondo come Chalco a Città del Messico (oltre 4,5 milioni di persone) o Kibera a Nairobi ( 2-3 milioni di persone) o Orangi Town a Karachi (2 milioni) o Manshiet a Mumbai (1,5 milioni). Inutile sottolineare che il problema maggiore è determinato dagli aspetti sanitari. Non vi sono bagni, la popolazione usa l'acqua per le sue funzioni corporee. La stessa acqua dove ci si fa il bagno, dove si pesca e dove si muore. Non vi è elettricità. Non esistono presidi sanitari e la mortalità infantile resta altissima. Per il governo ufficialmente l'area deve essere sgombrata (è un luogo ambito per la nuova urbanizzazione essendo un waterfront di un'immensa metropoli).
L'intera popolazioni sopravvive di economia di sussistenza, basata sulla vendita di sale e del pesce. Lo slum è guidato da un leader chiamato Baalè.
Il governo nel giugno 2012 aveva tentato uno sgombro forzato (senza alternative per la popolazione) ma, le proteste della comunità, aveva bloccato le operazioni.
Gran parte della popolazione è analfabeta (anche perché spostarsi verso la terraferma non sempre è agevole e la comunità parla principalmente francese). Nel 2012 un architetto nigeriano Kenlè Adeyemi (direttore dell'agenzia NLE') ha ideato una scuola galleggiante (Floating School) con lo scopo di fornire istruzione direttamente nello slum. Il progetto, la cui struttura reggeva su dei bidoni di plastica (in modo da muoversi con le maree) è stata l'occasione per far conoscere al mondo Makoko, infatti il 28 maggio 2016 la scuola (che era operativa dal 2013) è stata premiata, con il Leone d'Argento, alla Mostra
Internazionale di Architettura della Biennale di Venezia. Purtroppo solo pochi giorni dopo, il 7 giugno 2016, la scuola è collassata sotto le forti piogge! (siamo onesti questa notizia ha fatto meno il giro del mondo che quella del Premio!). L'impegno della comunità è quello di ricostruirla quanto prima perché era innegabile il grande servizio reso alla comunità.
Vi è un ultimo dato, che probabilmente caratterizza e diversifica Makoko da altri slums, è il basso livello di criminalità. La comunità sostiene che nonostante tutto da un punto di vista della sicurezza Makoko risulta essere vivibile (cosa che non è possibile, in genere, estendere alle altre baraccopoli del nostro pianeta).
E' chiaro che la vita negli slums non è degna di questo nome. Le Nazioni Unite hanno stimato che a breve (2030) saranno quasi 2 miliardi gli abitanti del nostro Pianeta che vivono in baraccopoli. Un quanto dell'umanità che non ha acqua potabile, bagni ed istruzione. Un mondo che spinge per acquisire diritti, per ora, senza far troppo rumore.
Leggi il post di Sancara "Vivere negli slums"
E' di fatto una zona franca dove la polizia non entra e dove il governo interviene solo per riempire la grande cisterna d'acqua potabile. Perché sia chiaro, la vita a Makoko è dura.
Certo forse migliore di altri slums nel mondo come Chalco a Città del Messico (oltre 4,5 milioni di persone) o Kibera a Nairobi ( 2-3 milioni di persone) o Orangi Town a Karachi (2 milioni) o Manshiet a Mumbai (1,5 milioni). Inutile sottolineare che il problema maggiore è determinato dagli aspetti sanitari. Non vi sono bagni, la popolazione usa l'acqua per le sue funzioni corporee. La stessa acqua dove ci si fa il bagno, dove si pesca e dove si muore. Non vi è elettricità. Non esistono presidi sanitari e la mortalità infantile resta altissima. Per il governo ufficialmente l'area deve essere sgombrata (è un luogo ambito per la nuova urbanizzazione essendo un waterfront di un'immensa metropoli).
L'intera popolazioni sopravvive di economia di sussistenza, basata sulla vendita di sale e del pesce. Lo slum è guidato da un leader chiamato Baalè.
Il governo nel giugno 2012 aveva tentato uno sgombro forzato (senza alternative per la popolazione) ma, le proteste della comunità, aveva bloccato le operazioni.
Gran parte della popolazione è analfabeta (anche perché spostarsi verso la terraferma non sempre è agevole e la comunità parla principalmente francese). Nel 2012 un architetto nigeriano Kenlè Adeyemi (direttore dell'agenzia NLE') ha ideato una scuola galleggiante (Floating School) con lo scopo di fornire istruzione direttamente nello slum. Il progetto, la cui struttura reggeva su dei bidoni di plastica (in modo da muoversi con le maree) è stata l'occasione per far conoscere al mondo Makoko, infatti il 28 maggio 2016 la scuola (che era operativa dal 2013) è stata premiata, con il Leone d'Argento, alla Mostra
Internazionale di Architettura della Biennale di Venezia. Purtroppo solo pochi giorni dopo, il 7 giugno 2016, la scuola è collassata sotto le forti piogge! (siamo onesti questa notizia ha fatto meno il giro del mondo che quella del Premio!). L'impegno della comunità è quello di ricostruirla quanto prima perché era innegabile il grande servizio reso alla comunità.
Vi è un ultimo dato, che probabilmente caratterizza e diversifica Makoko da altri slums, è il basso livello di criminalità. La comunità sostiene che nonostante tutto da un punto di vista della sicurezza Makoko risulta essere vivibile (cosa che non è possibile, in genere, estendere alle altre baraccopoli del nostro pianeta).
E' chiaro che la vita negli slums non è degna di questo nome. Le Nazioni Unite hanno stimato che a breve (2030) saranno quasi 2 miliardi gli abitanti del nostro Pianeta che vivono in baraccopoli. Un quanto dell'umanità che non ha acqua potabile, bagni ed istruzione. Un mondo che spinge per acquisire diritti, per ora, senza far troppo rumore.
Leggi il post di Sancara "Vivere negli slums"