Vi sono ormai storie, che a dispetto della loro atrocità, sono entrate nell'immaginario collettivo come "classiche e normali". Un modo quasi per, accettandole come storie risapute, svuotarle della maggiore componente emotiva e renderle così meno dure e drammatiche. E' il caso dei percorsi di migrazione, inganno e sfruttamento delle molte donne nigeriane che affollano i nostri marciapiedi vendendo per pochi euro i loro corpi; è il caso delle storie di povertà, miseria, fame e morte che scorrono in alcuni spot televisivi; è il caso più recente della morte di donne e bambini durante le traversate in mare; è il caso della vita di molti bambini soldati chiamati a compiere atti di inaudita violenza in conflitti di cui non hanno mai potuto capire le ragioni.
Il film presentato alla mostra del Cinema di Venezia lo scorso settembre, Beasts of no Nation diretto dall'americano (sebbene di origini nippo-svedesi) Cary Joji Fukunaga, racconta proprio una di queste storie. Sembra appunto "la classica storia" di un bambino soldato. Appunto un orrore che diventa quasi normale: una paradosso della nostra sensibilità.
Basato sul romanzo di esordio autobiografico, scritto nel 2005, dello scrittore nigeriano diventato statunitense Uzodinma Ideala, la storia si svolge in un paese non chiaro dell'Africa Occidentale (il film è girato in Ghana) ed appunto quella di un bambino, Agu, che passa dalla vita relativamente tranquilla nel suo villaggio natale ad una spirale crescente di violenza e ingiustizie. Scappa dopo aver visto la fuga della madre, la morte del padre, un insegnante della locale scuola oramai distrutta, e infine dei fratelli.
Solo nella foresta viene intercettato da una compagnia di bambini ribelli, armati fino ai denti e stravolti da ogni tipo di sostanza, e guidati da un comandante, brutale e manipolatore, che è anche l'unico adulto del gruppo. L'iniziazione di Agu avviene appunto secondo la più classica delle spirali dell'odio: la privazione, l'addestramento, l'uccisione di un innocente, le imboscate, gli stupri, la violenza sessuale e l'uso di sostanze stupefacenti.
Infine, l'arresto da parte delle forze delle Nazioni Unite e la permanenza in un centro di riabilitazione, dove Agu decide di non raccontare quello che ha visto e fatto.
Un film che, pur risparmiando allo spettatore le immagini più violente, resta crudo. Neppure il finale sembra lasciare un spiraglio ad un'infanzia oramai non più recuperabile. E' proprio questo essere lineare nel suo racconto e allo stesso tempo reale, senza scioccare e senza commuovere eccessivamente lo spettatore, che non l'ha fatto apprezzare da una certa critica, che lo ha visto più come un documentario. Un film, purtroppo, che non ha girato e non girerà per i circuiti maggiori del cinema (in Italia è distribuito da Netflix).
Quello dei bambini soldati è un tema ancora attuale. Nonostante alcuni dei maggiori criminali africani che hanno fatto largo uso di bambini (da Charles Taylor a Joseph Kony passando per Foday Sankoh) sono morti, assicurati alla giustizia o resi sempre più inoffensivi, nel mondo in troppi luoghi ancora viene fatto largo utilizzo di bambini ai fini bellici. Ma l'attualità è data anche dal fatto che molti di quei bambini sono oggi ragazzi o giovani traumatizzati che difficilmente troveranno sistemazione nelle loro società.
Solo nella foresta viene intercettato da una compagnia di bambini ribelli, armati fino ai denti e stravolti da ogni tipo di sostanza, e guidati da un comandante, brutale e manipolatore, che è anche l'unico adulto del gruppo. L'iniziazione di Agu avviene appunto secondo la più classica delle spirali dell'odio: la privazione, l'addestramento, l'uccisione di un innocente, le imboscate, gli stupri, la violenza sessuale e l'uso di sostanze stupefacenti.
Infine, l'arresto da parte delle forze delle Nazioni Unite e la permanenza in un centro di riabilitazione, dove Agu decide di non raccontare quello che ha visto e fatto.
Un film che, pur risparmiando allo spettatore le immagini più violente, resta crudo. Neppure il finale sembra lasciare un spiraglio ad un'infanzia oramai non più recuperabile. E' proprio questo essere lineare nel suo racconto e allo stesso tempo reale, senza scioccare e senza commuovere eccessivamente lo spettatore, che non l'ha fatto apprezzare da una certa critica, che lo ha visto più come un documentario. Un film, purtroppo, che non ha girato e non girerà per i circuiti maggiori del cinema (in Italia è distribuito da Netflix).
Quello dei bambini soldati è un tema ancora attuale. Nonostante alcuni dei maggiori criminali africani che hanno fatto largo uso di bambini (da Charles Taylor a Joseph Kony passando per Foday Sankoh) sono morti, assicurati alla giustizia o resi sempre più inoffensivi, nel mondo in troppi luoghi ancora viene fatto largo utilizzo di bambini ai fini bellici. Ma l'attualità è data anche dal fatto che molti di quei bambini sono oggi ragazzi o giovani traumatizzati che difficilmente troveranno sistemazione nelle loro società.
Per approfondire il tema dei bambini soldati vi segnalo alcune cose:
- Il sito di Child Soldiers International
- Il libro di Giuseppe Carrisi - "Kalami va alla guerra"
- Il libro di Ishmael Beah "Memorie di un soldato bambino"
- Il sito di Child Soldiers International
- Il libro di Giuseppe Carrisi - "Kalami va alla guerra"
- Il libro di Ishmael Beah "Memorie di un soldato bambino"
Vai alla pagina di Sancara su Film sull'Africa
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