venerdì 22 luglio 2016

Gli ultimi elefanti

Vi è la concreta possibilità, che già la generazione dei miei figli (oggi adolesenti) possa non vedere un elefante con le zanne. Uno scenario che - se solo ci soffermiamo a pensarlo - appare catastrofico. E' vero che il nostro mondo attraversa una delle più gravi crisi di valori dell'epoca contemporanea, da far pensare perfino che sia la stessa razza umana ad essere in pericolo ma, gli studiosi non hanno dubbi: senza un cambio di rotta, entro 25 anni, i 470 mila elefanti ancora esistenti in Africa (come è noto l'unico elefante con le zanne è quello africano) saranno un ricordo.
Negli ultimi 33 anni la popolazione degli elefanti africani si è ridotta del 61%, mentre solo nel triennio 2011-2013 sono stati uccisi illegalmente oltre 100 mila elefanti. Un elefante ogni 115 minuti viene ucciso.

A dare questo allarme sono stati 29 paesi africani, riuniti nell'African Elephant Coalition, un corsorzio di paesi che vuole assicurare la sopravvivenza della specie, bloccando il commercio legale e illegale di avorio. Infatti le preziose zanne degli elefanti sono il principale motivo del rischio estinzione della specie e al tempo stesso sono la principale causa di morte di rangers e guardiparchi impegnati in una lotta impari con bracconieri e criminali di ogni specie e razza.

L'appello avviene in questi giorni perchè a breve, dal 24 settembre al 4 ottobre, si apriranno a Johannesburg i lavori annuali di CITES, la convenzione internazionale che si occupa del commercio di specie animali e vegetali in pericolo di estinzione.
La richiesta dei paesi africani è quella di inserire (finalmente, si direbbe) l'elefante africano nell'appendice uno, ovvero nella lista delle specie il cui commercio è strettamente proibito e che può essere autorizzato solo in circostanze eccezionali. Questa inclusione (per ora ostacolata dai paesi europei), permetterebbe non certo di risolvere ogni problema ma, di tutelare maggiormente l'elefante (la convenzione è firmata da 182 paesi del mondo).

La lotta tra chi vuole bloccare il commercio di avorio e chi ha una posizione più timida, è oramai un fatto da cui dipenderà la sopravvivenza stessa degli elefanti. Pochi mesi fa il Kenya aveva fatto una prova muscolare con alcuni paesi limitrofi, bruciando pubblicamente oltre 100 tonnellate di avorio sequestrato.

Chi ha avuto la fortuna di vedere questi enormi mammiferi (l'elefante è il più grande mammifero terrestre) muoversi nel loro habitat naturale, concorderà con me, che si tratta di un immagine che non si dimentica facilmente. Questo enorme animale (in diretta discendenza con esemplari comparsi sul nostro pianeta oltre 2 milioni di anni fa) scatena una serie di emozioni. La sua grandezza e la sua potenza incutono paura, la sua apparente tranquillità sembra attenuare quel senso di pericolo, mentre le enormi zanne bianche lo rendono perfino aggraziato. Cosa dire poi di quelle enormi orecchie, somiglianti a delle grandi vele, che fanno sorridere, se non altro per il ricordo di Dumbo che in ognuno di noi immediatamente esse richiamano.

Pensare ad un mondo non più abitato da simili animali, appare impossibile. Ma ancor più deve esserlo grazie all'azione di tutti noi. Ognuno nel suo piccolo può dare un piccolo contributo sostenendo la causa degli elefanti.  Disegnalo solo queste iniziative ma, cercando nella rete potete trovare tutto quello che desiderate. Parliamo comunque, non lasciamoli estinguere nel nostro silenzio.

mercoledì 20 luglio 2016

Due nuovi siti Patrimonio dell'Umanità UNESCO in Africa


Si sono appena conclusi (in realtà la Commissione si è sciolta anticipatamente per i fatti avvenuti il 15 luglio) i lavori della 40° Commissione per i Siti Patrimonio dell'Umanità dell'UNESCO, in programma a Istanbul dal 10 al 20 luglio.
Il meeting aveva lo scopo di verificare la conservazione di molti siti patrimonio dell'Umnaità e di decidere su eventuali nuove iscrizioni.
Alla fine dei lavori sono stati 21 i nuovi siti patrimonio dell'Umanità (portando così complessivamente a 1052 la lista dei patrimoni mondiali, sparsi in 165 paesi). Tra questi 21, vi sono anche due siti africani.
Il primo, in Sudan, è di fatto un doppio sito, composto da suo parchi naturali, il  Sanganeb Marine National Park e Dungonab Bay e dal Mukkawar Island National Park, un'insieme di atolli, barriere coralline e habitat costieri a nord di Porto Sudan e il paesaggio naturale e culturale dell'altopiano di Ennedi in Ciad, dove si consevano ambienti e fauna probabilmente tipici di periodi storici in cui il clima era più umido, oltre che siti di arte rupestre.
Per entrambi i paesi si tratta del secondo sito inscritto nella lista.

La sezione annuale del Comitato, seppur interrotta dal fallito golpe (o presunto tale) in Turchia, ha anche avuto modo di interire tutti i siti della Libia (Cirene, Leptis Magna, Sabratha, Tadrat Acacus e Ghadames) tra i siti a rischio a causa della guerra. Inoltre, il sito del Mali, dell'antica città di Djennè è stato anch'esso inserito tra i siti a rischio.
L'inserimento tra i siti a rischio, previsto dalla convenzione, denota l'attenzione che l'UNESCO chiede agli stati membri (di fatto al mondo intero) ad impegnarsi, economicamente e con ogni mezzo, a favorire il mantenimento di un Patrimonio che per cause esterne (conflitti, eventi naturali, cattiva gestione, incapacità dello stato sovrano a tutelare il bene) rischiia di essere perso dall'Umanità.

La Commissione (che dovrà finire alcuni lavori interrotti a Parigi) si è data appuntamento nel 2017 a Cracovia, in Polonia, per il 41° meeting.
Infine, vale la pena sottolineare che l'Italia resta, con 51 siti, il Paese al mondo che detiene maggiori luoghi da tutelare, seguito, con 50 siti, dalla Cina.


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