Quella che oggi conosciamo come Repubblica Democratica del Congo, balzata improvvisamente alle cronache per l'omicidio del nostro Ambasciatore (assieme al carabiniere di scorta e all'autista) si chiamava un tempo Zaire e prima ancora Congo Belga. In realtà prima di essere una colonia belga lo Stato Libero del Congo fu una proprietà, diretta e privata, di re Leopoldo II di Belgio. Leopoldo fu definito da uno storico britannico come "un Attila in vesti moderne". Governò il paese, tra il 1885 e il 1908, (quanto un anno prima di morire dovette cedere il Congo alla corona) nel terrore, reprimendo la popolazione locale nel peggiore dei modi. Il Paese fu depredato di quei beni che allora facevano la ricchezza : l'avorio e il caucciù. La mancanza totale del rispetto delle tradizioni, le violenza e lo sprezzo per la vita "nera" furono il centro della politica di Leopoldo.
Negli anni '50 emerse un giovane leader, Patrick Lumumba, visionario e panafricanista. Un leader che poteva cambiare, se gli fosse stato concesso, le sorti dell'intero continente. Portò il Paese all'indipendenza il 30 giugno 1960.
Dall'inizio degli anni '90 ad oggi la Repubblica Democratica del Congo è teatro di una guerra senza soluzioni. Si parla di oltre 160 diversi gruppi armati, disposti a tutto, che mettono a ferro e fuoco l'intero Paese. Uomini che si arricchiscono sfruttando fino alla morte bambini, uomini e donne (i bambini vengono legati a testa in giù nei piccoli pozzi estrattivi e costretti a scavare a mano, spesso vengono tirati su già morti) e che usano lo stupro come arma di guerra (si parla di 500 mila stupri all'anno) ed è contemporaneamente un modo per imporre il terrore e per sottolineare il fatto che la vita, qui, non conta nulla. Armati fino ai denti (spesso gli scambi di minerali avvengono in cambio di armi di ogni genere). Mentre in questo inferno tutto è possibile, le estrazioni dei suoi minerali dal sottosuolo continua con grande continuità, assicurando il fabbisogno dei Paesi ricchi, che in cambio chiudono entrambi gli occhi.